Miro Renzaglia- Il Fondo Magazine Italia post150 con Antonio Pennacchi Sandro Giovannini ed altri

88741566.gifIn occasione del 150° anniversario della Unità d’Italia, Il Fondo ha rivolto ad alcuni amici e collaboratori quattro domande sui suoi significati salienti. Al forum hanno partecipato: Arba (opinionista), Angela Azzaro (giornalista), Giorgio Ballario (scrittore), Mario Bortoluzzi (musicista), Andrea Colombo (scrittore), Michele De Feudis (giornalista), Sandro Giovannini (poeta), Mario Grossi (critico letterario), Roberto Guerra (poeta), Alberto B. Mariantoni (scrittore), Raffaele Morani (opinionista), Antonio Pennacchi (scrittore), Raffaele Perrotta (poeta), Luca Leonello Rimbotti (scrittore), Giovanni Tarantino (scrittore).

La redazione

 


 

Definisci il tuo concetto di patria-nazione…

Arba - E’ indubbiamente innato. Dapprima inconscio, poi felice consapevoleza di appartenenza ed identità se accettato e nutrito. Può venire trasformato in nazionalismo egoista. Oppure negato,  rendendolo una caricatura  di se stesso. E facendosi del male inutile, quando se ne predica la sparizione o l’assenza. Le proprie origini, le origini della propria comunità, la storia vissuta insieme, le tradizioni, i patti comuni rappresentano per me la Patria. E’un legame verso una specifica terra: uno spazio fisico che esprime un’eredità che si tramanda e si gestisce come pegno di un “amore”. Volendo, la parte fisica della Patria, la terra che si calpesta, rappresenta l’anello, la fede, simbolo di una promessa di fedeltà fra il divino e l’uomo. Credo fermamente infatti che i popoli, le nazioni, le patrie, le frontiere siano per prima cosa di ordine spirituale e pre-stabilito: una istituzione pensata dal divino per aiutarci a compiere il nostro destino e crescere verso la meta, che è quella di migliorare il mondo partendo da noi stessi. Ovvero: l’occasione giusta, la più adatta per divenire veri uomini e donne coscienti e liberi. Avere un senso di patria interiore è necesario per riconoscere lo stesso desiderio negli altri popoli. Sentirlo, genera ed aumenta il rispetto verso gli altri: la vera fratellanza fra le nazioni si attua favorendo e rispettando la diversità di ogni nazione e la libertà altrui. Alcune persone ne racchiudono più d’una. I soliti fortunati… Senza patria si erra. In tutti i sensi racchiusi nel verbo…
Angela Azzaro - Io preferisco parlare di Stato. La patria non mi piace perché l’etimo, terra dei padri, racconta di un’idea fondata sul potere degli uomini e del sangue. In nome della patria si sono combattute le guerre e cacciati i cosiddetti stranieri. La mia patria diceva Virginia Woolf è il mondo intero. Lo Stato quindi perché permette di organizzarsi in istituzioni democratiche che per quanto piene di limiti consentono un minimo di partecipazione e di diritti. La patria fa riferimento a un’idea di cittadinanza fondata sul sangue. Per me la cittadinanza deve valere per tutti là dove si trovano senza distinzione di alcun tipo.
Giorgio Ballario – Patria è per definizione etimologica “la terra dei padri” (se usiamo madrepatria estendiamo il concetto a entrambi i genitori); nazione richiama non solo alla nascita e all’origine territoriale, ma alla comunità di diritto alla quale si appartiene per vincolo di sangue, lingua, cultura e tradizione. Entrambi i termini (patria e nazione) hanno però un significato spirituale, culturale, ideale e letterario che va al di là dell’appartenenza geografica e di stirpe. Nel mondo globalizzato sono concetti che vanno sfumando; anche se l’uomo contemporaneo, in apparenza sempre più sradicato e privo di riferimenti identitari, dimostra di aver ancora bisogno di punti fermi. Ecco allora l’esigenza di aggrapparsi alle “piccole patrie” locali, a identità più politico-ideologiche che reali (la Padania), a un neo-patriottismo artificiale (l’adesione a-critica alle celebrazioni dei 150 dell’unità d’Italia). In realtà patria e nazione sono due concetti in continua evoluzione e ridefinizione.
Mario Bortoluzzi – Se storia, cultura, etnia, lingua, territorio sono alcuni dei dati caratterizzanti costitituenti  una Nazione, per l’Italia penso si possa partire dalla cultura. Quella che, dall’epoca dei Comuni, ha caratterizzato tutti gli Stati pre-unitari. Una comune cultura italiana ben conosciuta in tutta Europa .Veniamo  da storie diverse tutte però intrise dalla medisima cultura che caratterizza l’appartenenza alla Nazione italiana nata ben prima di 150 anni fa. La Patria, intesa come “terra dei Padri”, e considerata singolarmente,  attiene di più alla genesi  degli stati pre-unitari, soprattutto a quelli più longevi come, ad esempio, la Repubblica di Venezia. Nel 1668 Alvise Leonardo Mocenigo, comandante della piazza di Candia così rispose a chi gli chiedeva la resa: “Casa Mocenigo non riceve dalla patria in comando e governo le piazze per darle al Turco”, ben significando così il concetto di Patria che veniva ancora prima di quello dello Stato da mar veneziano. Quando però nei popoli di una Nazione   esiste un  comune sentimento  di identità culturale  condivisa, legato al concetto di solidarietà e di assistenza reciproca   e quando questi popoli, con il loro “portato” di patria, decidono di  esistere come Stato, allora si può parlare di Patria-nazione. Ma deve essere una decisione presa in libertà.
Andrea Colombo - Oscillo tra due citazioni musicali. La prima è “Wherever I Lay My Hat, That’s My Home”. Ma la seconda,  meno rosea, è “No Direction Home”.
Michele De Feudis - Amore per la propria terra e per la missione di civilizzazione universale fondante l’idea di Italia.
Sandro Giovannini – «…ma la gloria non vedo…», dice il Leopardi ed io con Lui… la Gloria è la presenza costante alla nostra dignità, alla nostra sobrietà, al nostro destino… in realtà la ricostruiamo ogni giorno se seguiamo l’esempio dei grandi che ci hanno preceduto… non è solo una visione poetica…, è una vocazione metafisica e realissima…Ma salendo al livello comunitario, in questa metafisica realissima non c’è alcuna identità liquida, ma tanta consapevolezza metagenetica, rabbia controllata, disponibilità reattiva, sprezzatura rispetto alle infinite ed illusorie ipotesi accomodatorie…
Mario Grossi – La definirei il corpo di sintesi spazio-temporale di un gruppo d’individui che hanno in comune un passato, che decidono di vivere insieme il presente e che hanno un’idea condivisa da realizzare. Una comunità aperta che può essere sposata, in quanto contano di più gli obiettivi futuri che non il passato (che si può condividere senza averlo vissuto).Un buon esempio, in campo letterario, è rappresentato dalle Tigri della Malesia. Un gruppo di persone, come Sandokan malese, Janez portoghese, Kammamuri indiano e Tremal Naik bengalese, diverse tra loro che si uniscono in Nazione in vista di un obiettivo accomunante e superiore: cacciare l’inglese James Brooke, il raja bianco di Sarawak e riconquistare a Sandokan il suo impero. Nella finzione letteraria tutti s’intendono e questo sottintende nella realtà che è la lingua, più di altre cose, ad accomunare i sodali della Nazione e quella va preservata come simulacro inviolabile seppur dinamico.
Roberto Guerra – La nazione-patria, oggi, è soprattutto un archetipo, una energia nucleare psichica, soggettiva e collettiva, per navigare nella propria anima e nel divenire storico e sociale, con una sorta di stile, simile e universale alla luce di certa evoluzione del concetto in Patria-Terra (pianeta), ma appunto impronta digitale unica nella danza delle differenze interculturali, fondamentale per non perdere la specifica memoria, naturale e elettronica, regredendo alla staticità dell’omologazione sempre incombente, che arresta la combinatoria im-prevedibile della storia stessa dei popoli e degli individui.
Alberto B. Mariantoni - La parola “Patria”, viene dal latino arcaico “pătriu (m)”, “(tĕrram) pătria (m)”; vale a dire, “terra dei Padri”: da “păter, pătris” (padre). E’ definita “terra dei Padri”, in quanto era (e continua ad essere) il luogo dove erano stati sepolti (e seppelliamo) i “Padri”, dunque, i genitori, i parenti, gli antenati. Da cui, ancora oggi, la classica e proverbiale espressione, la “Sacra Patria” o il “Sacro suolo patrio”: Sacra/Sacro, soprattutto, a causa di quelle sepolture. La parola “Nazione”, dal canto suo, viene dal latino “natio, nationis” (nascita, estrazione naturale). Vocabolo, a sua volta, scaturito dal participio passato del verbo “nascor, nasceris, natus (a, um) sum, nasci” (nascere, essere generato; derivare, discendere) che, a sua volta ancora, aveva preso origine dall’arcaico “gna-scor, gna-sceris, gna-tus (a, um) sum, gna-sci”, dalla cui radice, “gen” / “gna” (ger, na), si erano formati i vocaboli “genitalis, e” (genitale, riguardante la generazione, la nascita), “genitor, genitoris” (colui che procrea, genitore, padre, origine, causa), “genetrix, genetricis” (genitrice, madre), “gens, gentis” (famiglia, casato, razza, popolo), “genus, generis” (stirpe, schiatta, lignaggio), etc. Qualcosa, quindi, che è irrefutabilmente legato all’idea di nascita, di procreazione, di famiglia, di lignaggio. Ragione per cui, non credo possa esistere la “mia”, la “tua”, la “sua”, la “nostra”, la “vostra” o la “loro” definizione di Patria e/o di Nazione. Volenti o nolenti, d’accordo o non d’accordo, quelle appena citate, sono le loro irrefutabili ed imperiture definizioni! Va da sé, pertanto, che per essere un effettivo Italiano, non possa essere sufficiente parlare (più o meno bene) la lingua del nostro Paese, avervi stabilito la propria residenza (da più di cinque o dieci anni …) ed averci pagato le tasse.
Raffaele Morani – Sono nato in Brianza, da padre calabrese e madre romagnola. Il confronto, a volte anche aspro, tra nord e sud del mio Paese l’ho vissuto praticamente sin da quando sono nato, con diffidenza e pregiudizi degli uni verso gli altri. Dalla migrazione interna siamo passati a grandi ondate migratorie, conoscendo direttamente popoli e culture ancora più diverse e lontane. Per me la Patria è il luogo dove sono nato e dove vivo, ma soprattutto dove ho sviluppato la mia identità, grazie al contatto e all’incontro-confronto con le altre persone, e le altre culture al di fuori del mio ambiente familiare e sociale iniziale. Mi sento e sentirò sempre italiano, ma l’idea stessa di Patria a cui siamo stati educati ed abituati, deve secondo me tenere conto di questi cambiamenti epocali, e necessariamente essere inclusiva verso tutti coloro che nascono e vivono in Italia a prescindere dalle origini familiari di partenza. 150 anni fa c’erano grandissime differenze tra piemontesi e calabresi, adesso parliamo tutti la stessa lingua e abbiamo la stessa cultura pur con specificità particolari, perché non possiamo fare lo stesso con chi vive e lavora di fianco a noi?
Antonio Pennacchi – Per definizione, la Patria dovrebbe essere la terra in cui sono nati i miei padri. Io in realtà vengo dall’Agro Pontino, che ancora non c’era quando nacquero i padri miei. E’ lui, che è stato messo al mondo da loro, sgravato dalle melme e dalle acque. E i miei padri venivano dal Veneto e dall’Umbria e i padri di mia moglie invece anche dal Lazio e dalle Calabrie, mentre quelli delle nostre nipoti – le figlie di nostra figlia – anche dagli Abruzzi, dalla Sicilia, dalla Libia e dalla Tunisia. La Patria è quindi la terra e l’habitat – la realtà geopolitica – costruita dai miei padri per me, e da me per i miei figli e da chiunque altro, da qualunque parte provenga, per i figli suoi. La Nazione è il sentimento determinato da quel sostrato di tradizioni, storie, lingua, memorie, dolori, sacrifici e lavoro, che accomuna quei popoli che dall’Alpi alla Sicilia hanno costruito e costruiscono la mia Patria, la quale infine non sarà la più bella e la più giusta del mondo, anzi tutt’altro, mancandole lo Stato, ma è l’unica che ho. E’ la mia  e me la tengo.
Raffaele Perrotta - il concetto presume e rende conseguenziale il discorso. qui, mi limito a formulari condensati al massimo ‘patria’ significa patrimonio – consegna di valore di cui aver cura e da valorizzare; patria è allora tra-dizione, un antecedente comunque epico, parole d’ordine, sia per i popoli del Libro sia per i popoli che Libro non hanno. ‘nazione’: medievisticamente il luogo di nascita, attualmente… diamone un significato che si basi a partire dai molti accomunati nel parlare la stessa lingua – non di Stato, trattandosi di una comunità che non si fregi dell’autorità di Stato (palestinesi, curdi ecc.), ma che parlante la comune lingua è tuttavia una unità di fatto -, e accomunati in una ‘forma mentis’ – per la quale la cultura generale è caratterizzante il complesso della suddetta unità di fatto -.

Luca Leonello Rimbotti – I termini si definiscono da soli, senza bisogno di aggiunte correttive: Patria è la terra dei nostri padri, di coloro che, generazione dopo generazione, ci hanno preceduti e dal cui sangue, piaccia o non piaccia, noi siamo venuti al mondo. La nazione è l’insieme delle famiglie che vivono lo spazio della Patria, è un’unità genetica basata sull’eredità. Noi non siamo che i discendenti dei nostri progenitori e i progenitori dei nostri discendenti. La “natio” è l’insieme dei “nativi”, di quanti, uniti dalla parentalità, costituiscono gruppi umani – le “gentes” – tra loro unite dal “gene” accomunante, cui si aggiungono i legami di cultura, di lingua, di religione, di storia, di destino. La Patria-Nazione è un’unità fondata sull’eredità: privata di questo nesso, perde il suo significato, e si entra nel cosmopolitismo: la patria è il mondo, e ogni discorso diventa generalizzazione, utopia a ruota libera, chiacchiera. I popoli, invece, non sono chiacchiere, ma solide realtà fatte di carne e di spirito.
Giovanni Tarantino - L’idea di Patria mi rimanda a quella di patrimonio condiviso. Un qualche cosa che è di tutti, che è nostro. Un patrimonio valoriale, esistenziale, artistico, etico. Nostro di chi? Della nazione, della comunità. Dell’aggregazione umana che si riconosce nella Patria e nella sua storia.
 
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