Zairo Ferrante: Pavese era dinanimista? from Gumwriters

Quel dinanimista di Pavese!

febbraio 14th, 2011

 

Zairo Ferrante ci invia un’interessante riflessione: Cesare Pavese era dinanimista?

Da tempo, con il dinanimismo, sostengo l’importanza di una Poesia e di un’Arte rivolta all’Uomo, ritenendole, innanzitutto, pure ed essenziali voci ed espressioni dell’anima. Sin dalla sua nascita, il movimento ha esortato il Poeta e l’Artista a rivolgere all’Uomo il proprio lavoro, che, servendosi di linguaggi semplici ed immediati, ha il compito di accompagnarlo e sostenerlo attraverso il suo viaggio nel “divenire”. Poesia ed Arte intese come spinta verso una vera rivoluzione delle anime e come arma contro la superficialità. Poeti ed Artisti che lavorino per l’Uomo e sopratutto con l’Uomo.
Parole, quelle del dinanimismo, forse dimenticate ma, sicuramente, non nuove e, a conferma di ciò, di seguito vi ripropongo uno scritto del grande Maestro Cesare Pavese, segnalatomi dal poeta argentino Carlos Sanchez, che qui sinceramente ringrazio.
Il saggio in questione s’intitola “Ritorno all’uomo” ed è stato pubblicato sull’Unità di Torino nel 1945. Non un semplice scritto, ma una vera e propria professione d’Amore nei confronti dell’Uomo e della sua Dignità. Non un semplice articolo di giornale ma un profetico invito rivolto soprattutto ai Poeti, affinché finalmente si decidano, con serenità e per completezza d’animo e di obiettivo, a tendere il proprio cuore all’anima dell’Uomo per salvare l’anima del Mondo e per raggiungere il proprio, e tanto desiderato, “nirvana” artistico.
Parole che, se contestualizzate con la dovuta umiltà, possono tranquillamente essere considerate il primo vero manifesto poetico del Dinanimismo.

Zairo Ferrante 13-2-2011


Da anni tendiamo l’orecchio alle nuove parole. Da anni percepiamo i sussulti e i balbettii delle creature nuove e cogliamo in noi stessi e nelle voci soffocate di questo nostro paese come un tiepido fiato di nascite. Ma pochi libri italiani ci riuscì di leggere nelle giornate chiassose dell’era fascista, in quella assurda vita disoccupata e contratta che ci toccò condurre allora, e più che libri conoscemmo uomini, conoscemmo la carne e il sangue da cui nascono i libri. Nei nostri sforzi per comprendere e per vivere ci sorressero voci straniere: ciascuno di noi frequentò e amò d’amore la letteratura di un popolo, di una società lontana, e ne parlò, ne tradusse, se ne fece una patria ideale. Tutto ciò in linguaggio fascista si chiamava esterofilia. I più miti ci accusavano di vanità esibizionistica e di fatuo esotismo, i più austeri dicevano che noi cercavamo nei gusti e nei modelli d’oltreoceano e d’oltralpe uno sfogo alla nostra indisciplina sessuale e sociale. Naturalmente non potevano ammettere che noi cercassimo in America, in Russia, in Cina, e chi sa dove, un calore umano che l’Italia ufficiale non ci dava. Meno ancora, che cercassimo semplicemente noi stessi.....
 
........... GUMWRITERS  http://www.gumwriters.it/2011/02/14/quel-dinanimista-di-pavese/
 
http://ebook-dinanimismo.myblog.it