BIOGRAFIA
Maria Silvia Avanzato. Nata a Bologna nel 1985. Nel 2009 ha vinto il premio Panchina, scrivendo un testo musicale per Daniele Dall’Omo, chitarrista di Paolo Conte. Autrice del giallo per ragazzi Ratafià per l’assassino (Forme Libere, 2010), il chick lit Granturco su Foglia di The (Arpanet, 2010), il romanzo di formazione L’età dei lupi (Voras, 2011) e il noir a quattro mani Cipriavaniglia (Damster, 2011). Ha pubblicato una ventina di racconti per editori quali Delos Book, il Foglio Letterario, Delmiglio editore e altri. Finalista al Mystfest Gran Giallo Città di Cattolica 2010 (Mondadori), vincitrice di Esperienze in Giallo 2010 e di numerosi altri concorsi. Co – redattrice dello zine di satira letteraria Gumwriters, è comparsa su Carmillaonline e scrive articoli per svariati siti web. Da piccola tediava tutti dicendo che voleva fare la scrittrice: si definisce considerevolmente ostinata.
D- In una intervista hai definito la scrittura “una tarantola che morde la mano”, tutto un programma!
Mi riferisco a quell’impellenza di mettere per iscritto ogni imprevista idea, la frenetica spinta che mi ha portata a dormire con un blocco sul comodino: sono solita alzarmi scalza, nel cuore della notte, e mettermi al lavoro all’improvviso. Il mio computer non dorme mai e io anche meno. Credo nel potere dei pensieri repentini, ci catturano e vogliono essere messi subito per iscritto. La tarantola mi ricorda Sognato per l’inverno, alcuni dei miei versi preferiti, figli della penna di Rimbaud: “a un tratto sulla guancia sentirai come un graffio, un bacio leggerissimo ti correrà sul collo, come ragno impazzito. Tu mi dirai - cercalo! - piegando un po’ la testa. Ci occorrerà tempo per trovar quella bestia che va di qua e di là.” Così, scrivere è come un bacio inaspettato: meglio viverlo appieno, dovesse anche essere l’ispirazione di un attimo, destinata a spegnersi un istante dopo o lasciarci a bocca asciutta per molto tempo.
D- Noir o Giallo o Horror...
Un pizzico di tutti e tre, all’occorrenza. Non amo legarmi ai generi letterari. Del noir apprezzo le sfumature psicologiche e gli equilibri nervosi, vibranti, sottili, in continuo mutamento: ho scritto tante storie “nere”. Il giallo è tecnica, sistematicità e sagacia: mi piace adattarlo ai più piccoli richiamando le squisite atmosfere mistery dei libri coi quali sono cresciuta, nel corso degli anni ’90. Ho scritto molto horror alcuni anni fa, è stata la mia palestra: giocavo a stupire, mi spaventavo assieme ai miei personaggi e potevo liberamente attingere al lato oscuro della fantasia. Di questi tre generi, oggi, mi sento più vicina al noir. Specie quando si fonde con ruralità, folklore, leggende e superstizioni. Credo infine che una pennellata gotica o grand guignol impreziosisca il tutto.
D- Alcuni psicologi (il vecchio Fromm ad e empio) spiegano il successo del genere in quanto sorta di mito moderno o raro linguaggio contemporaneo capace di esprimere le pulsioni umane archetipiche...
Ho una visione semplicistica. Credo che il genere di successo sia determinato dal momento storico. La gente è in cerca di ciò che ancora non conosce, ciò a cui la nostra società va incontro, ciò che si tende a tacere. L’esempio più calzante sono gli anni 50 - 60: Sylvia Plath e Anne Sexton portano a galla il tema della psicosi, un universo femminile sventrato e del tutto dissonante dalle belle pubblicità di madri di famiglia in grembiulino. Sono gli anni di Susanna Kaysen (La ragazza interrotta) e Ken Kesey (Qualcuno volò sul nido del cuculo). Da noi è Mario Tobino a parlare delle Libere donne di Magliano ed è il 1953. Un ovattato microcosmo di trasmissioni radio, musica leggera, donne coi capelli cotonati. Eppure i lettori deragliano verso la pazzia, lo scandalo e l’impronunciabile, manicomi ed elettroshock, realtà sottocutanea, celata e insidiosa. Il momento storico in cui viviamo oggi, invece, è avaro di stimoli. Dopo aver riciclato il mito del vampiro spinti da un bonario “tutto fa brodo”, l’editoria ha spalancato le porte ai giullari da rotocalco. Leggiamo poco, leggiamo per passaparola e per importazione, leggiamo autori che non sono scrittori, case editrici vanagloriose di fasti antichi e perduti, fagocitiamo verità inquinate. La realtà sottocutanea, celata e insidiosa non ci sorprende più, non può competere con la vacuità di una moda, i generi letterari sono tutti “già visti”. Mi schiero coi lettori: resto in attesa del prossimo, innovativo genere di successo. Quello che mi saprà solleticare, rendendomi curiosa verso il mondo nel quale vivo.
D- La letteratura criminologica tra le tue penne di lavoro, esatto?
Prima della narrativa, leggo molta saggistica: scrivo talvolta articoli di criminologia per il web e amo documentarmi in materia. Paradossalmente ho riscontrato un peggioramento qualitativo di questi testi, man mano che ci si addentra nella contemporaneità. Nell’ansia di parlare “del male”, ne abbiamo parlato male. Troppo. Dozzinalmente. I casi di cronaca del nostro paese vengono puntualmente gettati in pasto ai talk shows di ogni sorta, senza alcuna distinzione. Non esistono più trasmissioni atte a informare e analizzare, ma una sequela di programmini pomeridiani che suscitano anche nella più annoiata casalinga un guizzo di brio investigativo. Lo stesso avviene nei libri. Trent’anni fa sono stati pubblicati testi oramai introvabili che analizzavano i temi criminologici con bon ton, accuratezza e serietà. Oggi mi trovo spesso per le mani enormi tomi dal titolo sensazionalistico, la copertina miniata di foto cruente e i contenuti confusi, affrettati, tesi a procurare un po’ di insonnia a buon mercato, piuttosto che stimolarci a entrare nella psicologia del crimine.
D- La parola nel web...
Per me la parola è una sola ed è Gumwriters. Anni fa ideai il blog per creare una sorta di comune hippy per scrittori del web: l’obiettivo era darsi appuntamento sul blog e scrivere liberamente, utilizzando una password unica, da me sbandierata allegramente a tutti. Anni dopo ho incontrato Gaia Conventi, che non solo scrive bene, ma ha una carica dinamitarda e un noto sense of humor. Abbiamo riveduto l’idea iniziale: ci siamo poste a capo della redazione del blog, abbiamo raccolto gente che scrivesse come noi. Così abbiamo cominciato a fare satira, in maniera caustica, a prendercela con potenti e non, a sollevare questioni scomode. Il panorama letterario odierno trabocca di salottini letterari online imbevuti di buonismo, proselitismo e ruffianeria. Gumwriters è la pecora nera, le dice grosse, è diventata una vera rivista online con disparati articoli quotidiani. Abbiamo guadagnato molti lettori, molti anonimi segnalatori di ingiustizie letterarie, una diffida e nemici a piene mani. Ma raccontando il retrogusto al vetriolo della verità, ci stiamo divertendo molto.
D- Il tuo prossimo sublime crimine (letterario!)...
Il 2011 è stato inaugurato da L’età dei lupi (Voras), romanzo di formazione che ha ben poco a che vedere col crimine, ma molto da raccontare in materia di adolescenza, crescita e mode. Un lavoro al quale tengo particolarmente perché gli ho affidato tutta la speranza e la solarità dei miei lontani quattordici anni: ragazzina della Bologna bene costretta dai genitori a frequentare un istituto privato gestito da suore, si trova a fare i conti con l’amore, il sesso, la multiculturalità, i cambiamenti della crescita. Il grosso crimine dell’anno sarà invece Cipriavaniglia (Damster), scritto a quattro mani con Gaia Conventi. Noir a tinte fosche di ambientazione storica, vincitore di Eroxé 2010. La mia complice ferrarese e io, abbiamo deciso di rinchiudere alcuni personaggi ombrosi e un segreto inconfessabile in una spettrale dimora immersa nella campagna. Un erotismo vintage che sfuma nel noir psicologico. Ho in cantiere altri crimini, ovviamente. Datemi solo il tempo di annotarli sul blocco che tengo sul comodino.
ROBY GUERRA