Verso la degerarchizzazione sociale
Insistiamo costantemente sulla degerarchizzazione della società. In tanti iniziano a darci ragione: le gerarchie non portano vantaggi consistenti in nessun campo sociale. In pochi però sono ottimisti come noi che sosteniamo che la degerarchizzazione è non solo auspicabile, ma anche concretamente possibile. I rapporti gerarchici sono per molti indispensabili per il mantenimento dell'ordine sociale. Non è così. Qualcuno si ostina a credere che le gerarchie servano a far funzionare al meglio istituzioni, organizzazioni, gruppi di ogni tipo. In realtà la gerarchizzazione non è il sistema più vantaggioso, è soltanto il sistema più rozzo e a cui siamo storicamente più abituati. Ad ogni modo, anche qualora l'organizzazione gerarchica potesse regalarci in linea teorica numerosi vantaggi, la necessità di abbattere le gerarchie attuali è innanzitutto motivata dal bisogno di abbattere la gerarchizzazione malata che abbiamo prodotto concretamente in secoli e secoli. Una cosa è accettare la naturalissima superiore abilità di alcuni individui in determinati campi ed affidare loro in quei campi ruoli di responsabilità, un'altra è strutturare ogni rapporto sociale su base gerarchica, indipendentemente dalla reale necessità di tali gerarchie. Il trionfo delle gerarchie ha prodotto un mondo di servi e padroni (in cui per altro anche i padroni sono sempre servi di qualcun altro). D'altra parte la gerarchia (ieròs, sacro) è etimologicamente malata. Inutile riporvi fiducia.
Ora, abbiamo più volte affermato che abbiamo segnali forti di un'inversione di rotta. Ed è questo che ci invita all'ottimismo. Due segnali in particolare: i cittadini iniziano a non stimare più i politici, gli studenti non sottostanno più ai professori. Questi due casi riguardano milioni di individui solo in Italia, centinaia di milioni in tutto il mondo. A tutto ciò si dovrebbero aggiungere anche i figli che non temono più (gli schiaffi de)i padri (ma questo discorso è più articolato e si va solo a sovrapporre parzialmente al nostro). C’è qualcosa che inizia a scricchiolare nel vecchio paradigma gerarchico e autoritario. Il desiderio di autentica libertà serpeggia inesorabilmente. Gli uomini d'avanguardia fiutano l'aria nuova, perchè adorano il profumo liberissimo degli orizzonti sconfinati. Elsa Morante nel suo prezioso Piccolo Manifesto dei Comunisti (senza classe nè partito) affermò: "In una società fondata sul Potere (come TUTTE le società finora esistite e oggi esistenti) un rivoluzionario non può fare altro che porsi (foss'anche solo) contro il Potere, affermando (coi mezzi e dentro i limiti personali, naturali e storici che gli sono concessi) la libertà dello spirito dovuta a tutti e a ciascuno".
Ora, abbiamo più volte affermato che abbiamo segnali forti di un'inversione di rotta. Ed è questo che ci invita all'ottimismo. Due segnali in particolare: i cittadini iniziano a non stimare più i politici, gli studenti non sottostanno più ai professori. Questi due casi riguardano milioni di individui solo in Italia, centinaia di milioni in tutto il mondo. A tutto ciò si dovrebbero aggiungere anche i figli che non temono più (gli schiaffi de)i padri (ma questo discorso è più articolato e si va solo a sovrapporre parzialmente al nostro). C’è qualcosa che inizia a scricchiolare nel vecchio paradigma gerarchico e autoritario. Il desiderio di autentica libertà serpeggia inesorabilmente. Gli uomini d'avanguardia fiutano l'aria nuova, perchè adorano il profumo liberissimo degli orizzonti sconfinati. Elsa Morante nel suo prezioso Piccolo Manifesto dei Comunisti (senza classe nè partito) affermò: "In una società fondata sul Potere (come TUTTE le società finora esistite e oggi esistenti) un rivoluzionario non può fare altro che porsi (foss'anche solo) contro il Potere, affermando (coi mezzi e dentro i limiti personali, naturali e storici che gli sono concessi) la libertà dello spirito dovuta a tutti e a ciascuno".
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