DONNE NELL'ISLAM. CONSIDERAZIONI MISTICO-STORICHE

Il Corano parla raramente delle donne. Solo nelle leggende popolari dei profeti Eva viene presentata come una seduttrice, anche se il Corano non accenna al ruolo da lei avuto nel peccato originale, né fa alcun riferimento ad un peccato originale trasmesso attraverso la sessualità. Ricorrono in effetti anonimi personaggi femminili: ma ad essere nominata espressamente è solo Maria, Maryam, la vergine che generò Gesù, l'ultimo profeta prima di Maometto, secondo l'Islam; e per i musulmani e soprattutto per quei mistici ella è una figura particolarmente amata (l'assidua frequenza del santuario mariano di Fatima in Portogallo ne è una prova, come pure ricordato in occasione delle recenti celebrazioni del centenario delle apparizioni della Madonna ai tre pastorelli portoghesi). Come nel Cristianesimo la vera serva del Signore è la vergine madre che nelle sofferenze delle doglie afferra la palma disseccata, ed essa fa immediatamente cadere su di lei i dolci datteri (sura 19.25). Ma ancora più importante per la successiva evoluzione letteraria è la sposa di Putifarre, Suleika, conosciuta nell'Antico Testamento per il suo tentativo di sedurre Giuseppe (Yusuf). I poeti l'hanno sempre utilizzata come simbolo della "nafs" (anima in arabo), naturalmente una "nafs" che, purificata da uno sconfinato amore e dalla relativa, sconfinata sofferenza, si riunisce infine a Yusuf; al termine del suo percorso la dolente innamorata che cerca senza mai stancarsi ritrova l'incomparabile bellezza manifestata in Yusuf. La storia di Yusuf e Suleika diventa storia dell'anima che si strugge verso l'origine di ogni bellezza, cioè Dio; e fra coloro che cerano la via non pochi sono identificati in Suleika. Nella poesia mistica classica ricorre più raramente la regina di Saba, citata nella sura 27 e tradizionalmente chiamata Bilqis, mentre Maria ha una sua specifica funzione, ossia quella di un soave bocciolo che si schiude nel profumato fiore di Gesù.
Casalino Pierluigi