Pierluigi Casalino
LA STRAGE DI PARIGI E QUELLO CHE L'ISLAM NON HA MAI DETTO
I fatti di Parigi, gli ultimi di una lunga serie, inducono una volta per
tutte a riflettere su cosa sia veramente l'Islam e su quanto esuli
assolutamente da un'immagine formatasi dentro e fuori di quella
religione, spesso travisata e strumentalizzata a fini politici da
opposte sponde. Tra le molte idiozie costruite nel tempo per
identificare l'Islam, grazie anche al contributo di sue correnti
estremistiche, si distingue il concetto di guerra santa, sul quale chi
scrive ha avuto non di rado modo di soffermarsi per spiegarne il
significato autentico: una ricerca della perfezione, secondo le
intenzioni originarie del Profeta Maometto, al quale sono state
attribuite affermazioni non corrispondenti al suo pensiero, sull'abbrivo
di influenze ancora oggi esterne al suo messaggio originario. Una somma
di soprusi e di falsificazioni di cui sono stati responsabili i
cosiddetti fautori della reislmamizzazione dell'Islam.Si può condividere
o meno gli insegnamenti dell'Islam e si può criticare l'interferenza di
movimenti di rilettura aberrante del suo lascito, ma una cosa è certa:
mai e poi mai questa situazione è stata giustificata dall'Islamismo
classico. Si è detto delle comuni, storiche frequentazioni tra i fedeli
delle diverse religioni in Oriente e non solo in Oriente e dello spirito
di convivenza conservatosi nei secoli da quelle parti, fino
all'irrompere di elementi legati alle logiche di potenza e come si suol
dire di bottega in seno allo stesso mondo arabo-islamico. Dietro la
superficiale e pericolosa immagine in cui ormai ci si specchia con grave
danno per la tolleranza e la pacifica vicinanza tra religioni, esistono
delle ragioni profonde che testimoniano il contrario. Tra queste si
colgono verità poco conosciute e che non legittimano la scia di violenza
e di sangue che fa comodo a molte forze oscure, come si è detto, dentro
e fuori dell'Islam. Tralasciando l'emergenza del terrorismo e la
fanatica assenza di quel dibattito sulla tolleranza che ha suscitato la
moderna democrazia in Occidente, è opportuno ritornare su un argomento
centrale della questione islamica, quello delle donne e del loro ruolo,
ancora prevalentemente subalterno, nonostante le spinte innegabili della
modernità anche in quel mondo. Secondo una tradizione trasmessa da
qualche discepolo bugiardo e tendenzioso, e comunque totalmente
inattendibile, Maometto avrebbe pronunciato una forte sentenza di
sfiducia sul genere femminile:"Un popolo che affida i propri destini ad
una donna, non potrà mai essere prospero". Nulla di più falso, perché il
Profeta dell'Islam non ha mai detto cose simili. E d'altronde di
governi a direzione femminile, se pur con incerta fortuna, dato il clima
creatosi in forza di tale frase. Sta di fatto, però, che la circostanza
consacra qualcosa di oltraggioso e di illogico. Dall'anno 622, anno
primo dell'Egira, in cui i seguaci di Maometto si insediarono a Medina,
provenienti dalla Mecca, l'equivoco, peraltro, esiste ed esercita la sua
infelice influenza sull'Islam. Si tratta di un problema che trafigge
tutta la cultura musulmana: la posizione della donna all'ombra del
Profeta. Maometto aveva prefigurato una società religiosa e democratica
in cui uomini e donne, insieme, avrebbero potuto discutere le
leggi.formulare le scelte di un nuovo ordine, di un nuovo modo di vivere
in comunità e in reciproco rispetto. L'obiettivo era uno stato forte e
stabile, capace di affermarsi in un'Arabia governata da tribù, dilaniata
da rivalità, guerre civili venate di oscurantismo religioso e
culturale. Eppure, nonostante l'assunto del Profeta, che predicava
un'uguaglianza più che formale, la "storia" guidata da misogini
forsennati (dello stesso tenere dei nuovi islamisti), ha imposto il velo
alla donna e, ad un tempo, l'ha emarginata dalla vita decisionale per
tanti secoli. Un tendenza che, per fortuna, sta esaurendosi anche tra le
fila delle stesse donne velate, laddove il velo, paradossalmente,
diventa arma di rivalsa e di contrattacco civile e sociale. Se non si
promuove un'indagine serrata che punti a commentare autenticamente le
parole, le azioni e le gesta di Maometto, non si potrà mai intraprendere
un viaggio nel mistero dei comportamenti islamici e scoprire così come
da un indirizzo remoto in cui uomini e donne, nella Medina del VII
secolo, discutevano di politica e insieme andavano alla guerra, si sia
potuto arrivare ad un così umiliante degrado della presenza e del ruolo
femminile. Un'atmosfera ritrovata che fa il paio con quella della polis
greca, con i debiti distinguo.
8.01.2015
8.01.2015