L'INCONTRO DELL'ISLAM CON IL MONDO ESTERNO SUL PIANO DELLA STORIA -.4 e fine

La politica religiosa degli arabi fu dunque di tolleranza dei culti, considerandoli tutti uguali; ciò risulta dalle varie capitolazioni e da altri documenti. Si venne insomma a stabilire una pacifica convivenza in base a reciproche concessioni, per cui le popolazioni ripresero la loro vita normale. Di fronte a questo stato di cose risorsero, allora, le controversie fra i cristiani, profondamente scissi com'era ed è tuttora noto, con danni alla predicazione evangelica. Gli arabi, davanti a ciò, si mantennero in una stretta neutralità, non tanto per politica, quanto per il senso di disprezzo che essi nutrivano nei confronti delle controversie agitate dai loro sudditi e verso il cristianesimo stesso, che, a loro, purtroppo, non appariva sotto la miglior luce, oltre ad essere stato incontrato nelle forme forse non così corrette dell'ortodossia. Questa neutralità assoluta lasciò chiese e beni dello statu quo ante e la cosa tornò a vantaggio degli eterodossi. Intanto un segno della ripresa della vita religiosa si ebbe nella gerarchia: i patriarchi cattolici di Antiochia e di Alessandria ripresero la successione episcopale rispettivamente nel 740 e nel 742 con Stefano III e Cosma, mentre Gerusalemme passava direttamente alle dipendenze della Santa Sede con la nomina di Stefano di Dore, succeduto a Sofronio fin dal 649. Gerusalemme ritornò dunque sede patriarcale con Giovanni V. Occorre però notare come, sciolti i legami e le ingerenze del regime bizantino, i cattolici di Oriente parteciparono assai meglio e più della vita di tutta la Chiesa. Così si unirono i prelati di Antiochia, Gerusalemme e Alessandria, uniti con Roma, contro il monolitismo bizantino, con conseguente libertà d'azione di San Giovanni Damasceno contro gli iconoclasti. L'atteggiamento neutrale ed equidistante dei dominatori arabi - fatto nuovo nella storia della politica ecclesiastica del mondo antico - attirò odio e opposizione contro il regime musulmano proprio da parte di coloro che ne beneficiavano. Sembrerà strano, ma lo si comprenderà considerando l'abitudine a vivere in condizione di continua inframmettenza politica nel campo ecclesiastico con effetto di traslazione di beni e nomina di vescovi in una o nell'altra comunità. Il fenomeno è pari a quello dell'intervento di un terzo imparziale fra due contendenti eccitati: lo si accuserà dagli uni e dagli altri di partigianeria. Così gli arabi raccolsero le contumelie di tutti. Il catholicos armeno Giovanni maledisse Mohammed, perché non aveva fatto distinzione fra i suoi monofisiti e i melchiti avversari, e questi accusarono di di filo-monofisismo gli arabi perché continuavano a rimanere spettatori inattivi nella lotta. Tutto ciò dipendeva dalla concezione di allora che tendeva a realizzare in pieno l'unione integrante tra Stato e Chiesa e non ammetteva la scissione delle due potestà. Cosicché era principale studio delle diverse comunità di accaparrarsi influenza sul potere civile per dar origine a quel concetto che modernamente si chiama Chiesa nazionale, ignorando l'esigenza di stabilire invece una libera Chiesa in un libero Stato. Non fu possibile, pertanto, quindi una tale scelta. Dinanzi poi all'uso indifferente che gli arabi facevano degli ebrei, dei giacobiti o dei nestoriani si accrebbe l'animosità dei melchiti, che si accorgevano di non poter sfruttare a proprio vantaggio il potere politico. Questo era, per concludere, il momento storico e le circostanze nelle quali avvenne il contatto fra l'Oriente islamico e l'Occidente cristiano e tali le prime idee e i primi rapporti fra i due campi. -fine.
Casalino Pierluigi, 6.01.2015