La crisi del potere temporale del Papa e le contemporanee manovre diplomatiche.

Il momento decisivo perché avvenisse concretamente un mutamento della politica internazionale ed europea nei confronti dell'Italia doveva venire da un accordo diplomatico di pace. Non a caso i Preliminari di Villafranca, lungi dal chiuderla, apriva una serie di nuovi problemi, operando di fatto la prima annessione territoriale al Piemonte a discapito dell'Impero Austro-Ungarico e ponevano l'accento sull'urgente esigenza di riforme anche da parte papale. Una situazione in movimento che comportava l'alterarsi dei vecchi equilibri sanciti a Vienna dalla Restaurazione. Circostanze che cominciavano a suscitare l'interessamento inglese e, all'opposto, il malumore e le proteste della Santa Sede. L'intervento inglese non avveniva senza alcun risultato. Nei suoi programmi, d'altro canto, Napoleone III non voleva sfidare apertamente la contrarietà britannica, e si accingeva ad una politica possibilmente conciliante con Londra. In un suo documento personale l'Imperatore francese, infatti, delineava i punti di un programma per l'Italia, prospettando i riflessi  positivi per il suo sovrano di una piccola entità temporale dello stato vaticano. Gli inglesi approvarono tale intendimento, ma chiedevano che l'intenzione francese fosse subordinata alla dichiarazione di non intervento di Parigi. Ma se Napoleone III non avrebbe avuto nulla in contrario in tal senso, tuttavia temeva che il Papa potesse invocare una coalizione delle potenze cattoliche a difesa di Roma. Ciò nondimeno Parigi iniziava la sua manovra di sganciamento dagli impegni assunti con l'Austria a Villafranca, causando l'inevitabile irrigidimento del Papa, alla cui difesa personale la Francia offriva, peraltro, il mantenimento delle truppe transalpine. L'avvicinamento franco-britannico era però destinato ad incrinarsi al trapelare delle prime notizie del compenso territoriale promesso dal Piemonte alla Francia nel segreto accordo di Plombières, cosa che provocò riprovazione in Inghilterra. Gli inglesi vedevano in questo accordo la conferma tangibile delle mire espansionistiche del Secondo Impero. D'altra parte Napoleone III era fermamente deciso ad ottenere Nizza e Savoia e, a scanso d'equivoci, subordinava l'annessione di territorio piemontese al sostegno alla politica di Torino, nel nome del principio dell'autodeterminazione dei popoli. Principio che costituiva, invece, per la Santa Sede una minaccia assai grave. in quanto si contrapponeva a quel "diritto divino" a cui si appellava il Papa. Ma se la Francia cercava in ogni caso di salvare il salvabile, a favore della causa italiana venivano a giocare altri fattori non irrilevanti. Innanzitutto la crisi del Regno delle Due Sicilie causata dalle iniziative rivoluzionarie di Garibaldi, che per il loro carattere avrebbero autorizzato l'intervento di Cavour. In secondo luogo il fallimento del Congresso di Varsavia, con la conseguente mancata formulazione di un'intesa tra le potenze legittimiste. apriva scenari nuovi sul Vecchio Continente. E la stessa Gran Bretagna, dopo un iniziale periodo di perplessità e contrarietà, decise finalmente di sostenere le aspirazioni del Regno di Sardegna, per sottrarlo dalla soggezione del potente alleato francese. Napoleone III, come in una partita a scacchi, si rivolse allo zar di Russia Alessandro, sfruttandone il malumore nei confronti dell'Austria e contemporaneamente chiese a quest'ultima di essere più morbida a proposito della questione italiana. Nel contempo Napoleone III, per evitare le proteste dei cattolici francesi e francofoni in genere (vedi gli appelli dei cattolici canadesi a tutela del Papato), ribadì la posizione di conservare il suo appoggio militare a Roma. Nell'occasione contrastare la concorrenza inglese e frenare il ritmo incalzante intrapreso dal Piemonte furono aspetti forti della politica dell'Imperatore dei Francesi, anche se la sortita piemontese nell'Italia centro-meridionale e il sempre più sostanziale interessamento inglese alle vicende italiane, Intanto il Cavour, alla luce degli sviluppi in corso, tentò la via dell'accordo con la Santa Sede, mettendo sul tappeto le proprie vedute sulla questione romana. Ecco perché, in fondo, i due veri protagonisti della partita diventavano ormai il Piemonte e la Santa Sede.
Casalino Pierluigi, 4.01.2015