L' INCONTRO DELL'ISLAM CON IL MONDO ESTERNO SUL PIANO DELLA STORIA. -1

Lo scontro di Mutah, sul confine palestinese in direzione di Gerusalemme, fu il prodromo di una grande svolta storica, che avrebbe avvolto nel breve giro di pochi anni tanta parte dell'Impero Bizantino. Ben pochi notarono il fatto e nessuno, all'inizio, si turbò. Proprio in quei giorni dell'anno 629 Gerusalemme applaudiva Eraclio tornato vincitore dei Persiani che riportava nella Città Santa il venerato legno della Croce del Redentore. Così lo scontro di Mutah, presso l'oasi di Tobrech, fu considerato alla stregua di una scaramuccia contro i soliti predoni del deserto. Il monito che esso conteneva non fu quindi compreso e tanto meno valutato. Quando pio le truppe dei "muslimin" batterono ai confini del decadente impero bizantino e ottennero con insperata facilità i ben noti successi, allora soltanto i cristiani bizantini si svegliarono dalla sorpresa e atterriti dall'invasione furono quasi del tutto incapaci di opporsi efficacemente. D'altro canto, varie ragioni, che sarà bene esporre, contribuirono favorevolmente alla fortuna dell'invasore islamico. L'indifferenza bizantina per i tradizionali briganti del deserto generò un più forte sbigottimento in quanto l'invasione capitava in un momento di pace duramente guadagnata e inoltre gli aggressori erano completamente ignoti alle popolazioni, che cadevano sotto di loro. Ma se queste ragioni rallentarono la reazione bizantina, un altro motivo provocò pure il terrore e paralizzò le forze ancora efficienti. Corse, per il paese, la voce che la nuova sciagura non era altro che un castigo di Dio, al quale era vano sfuggire. Di questa tesi si fecero Sofronio vescovo e patriarca di Gerusalemme e Sebeos vescovo armeno. Conseguenza fu che si aprirono addirittura le porte agli invasori e le popolazioni li accolsero come un male inevitabile. D'altro lato c'era chi riteneva l'invasione di breve durata, non considerando più di tanto questi uomini provenienti da sud. Infatti queste terre erano state anche di recente recuperate dal nemico persiano e la cosa non poteva che ripetersi. Gli assediati di Damasco osservando dall'alto delle mura il campo dicevano tra sé:"Ai primi freddi, al tramonto delle Pleiadi, se ne andranno". E per questi motivi e per la senilità politica del governo bizantino della città, i difensori agivano fiaccamente, combattuti da opposti timori e presi talvolta da inconsulto nervosismo. Un effetto di tale stato d'animo fu la traslazione della Croce . da poco ripresa ai persiani - da Gerusalemme a Bisanzio: da tale gesto i beduini capirono la debolezza dei loro avversari. Intanto, come se ciò non bastasse, la politica statale adottava una linea di condotta del tutto opposta alla necessità dei tempi, sottovalutando il pericolo. Scontentò, così, le tribù beduine cristiane del limes imperiale, che stavano di presidio nei forti disseminati dinanzi al misterioso deserto d'Arabia, cosicché le guarnigioni indigene disertarono. La persecuzione contro gli ebrei, colpevoli di aver parteggiato con i persiani, fece emigrare molti di essi nel 629-630 verso Edessa, dove furono solleciti a gettarsi nelle braccia dei nuovi venuti, assumendosi il ruolo pericoloso che vedremo. A tutto ciò si aggiunga un male che da tempo indeboliva tutta la compagine imperiale: le lotte religiose tra cristiani. Questa situazione, foriera di continui disordini e repressioni . che si trascinava da troppo tempo . trovò nella violenta repressione di Eraclio contro gli eterodossi un incentivo ad acutizzare l'insofferenza di molta parte dei sudditi. Una tale stato di cose produceva nei giacobiti nestoriani e monofisiti quella mentalità, che faceva dire al monofisita Barhaebreus: "Dio ci liberò dai romani per mezzo degli arabi". Logico effetto della situazione era il pullulare aldilà dei confini di gruppi di esuli delle varie sette, animati da odio più feroce contro i cattolici, detti melchiti o calcedonesi, e che attendevano l'occasione propizia per vendicarsi del dominio bizantino. Si può facilmente comprendere che dapprima di fronte al nemico infedele tutti i cristiani fecero di fronte comune, ma ben presto tuttavia i vecchi inestinguibili dissidi e rancori riapparvero, complicando la situazione e creando l'assurda condizione di gruppi cristiani favoreggiatori dei musulmani contro altri cristiani. Per colmo di sventura, proprio alla vigilia dell'invasione, la promulgazione dell'editto di Eraclio del 637 per ottenere la pace religiosa, causava altre sedizioni e la rivolta di tutto l'Egitto. Non sembrerà, pertanto, strano se assisteremo all'avanzata dell'Islam con il consenso e l'appoggio degli ebrei e degli eterodossi cristiani, soli restando e doppiamente avviliti i melchiti cattolici. Questi ricevettero le ingiurie e le sopraffazioni degli avversari di oggi e di ieri e dovettero piegare, sebbene frementi, sotto il nuovo giogo politico, inviso perché infedele e apportatore di terribili novità. In tale ambiente si iniziò la conquista araba dei territori bizantini. 1, continua.