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L'INCONTRO DELL'ISLAM CON IL MONDO ESTERNO SUL PIANO DELLA STORIA. 2

Di fronte ad un avversario che del tutto era ignorato fu il timore e lo sbigottimento, ma in ciò il regime bizantino non fu esente da colpa, poiché mentre, dopo i primi scontri gli arabi stavano affilando le armi e infittendo le schiere per l'attacco, i bizantini, sottovalutandoli, si cullavano nell'ozio della pace conquistata a caro prezzo. Si comprende quindi l'impreparazione dinanzi all'urto e lo smarrimento di fronte al fenomeno, con conseguente disorientamento quando in seguito si dovettero instaurare rapporti nella vita pratica di fronte a tali ignoti dominatori. L'incomprensione e la difficoltà nel trattare con gli arabi si concretò in un atteggiamento pratico fatto di circospezione e di incertezza. A denotare la confusione di idee che dominava la mente dei bizantini e quindi dei cristiani fin dai primissimi contatti con gli arabi basterà citate un tipico documento contemporaneo. Si tratta di un colloquio avvenuto fra il vescovo monofisita Giovanni - a nome di tutti i cristiani delle diverse anime- e il celebre comandante Amr ibn el-As, il 9 maggio 639. Occorre fare presente che che la pressoché unica nozione che avessero i bizantini dell'essere degli arabi fosse quella della loro consanguineità con gli ebrei e ciò deriva da quanto si dirà in seguito. Perciò lo svolgimento del colloquio della deputazione cristiana con ibn el-As ci dimostra come gli stessi cristiani, nel loro articolato complesso, nutrissero la convinzione che, a sua volta, anche la nuova religione degli arabi fosse molto affine a quella degli ebrei. Ne abbiamo una prova nel tono e nella sostanza di quanto andò dicendo al generale arabo il vescovo giovanni, il quale si sforzava di argomentare secondario l'emiro fin dove gli era possibile, ponendosi da quel che riteneva dovesse essere il suo punto di vista e parlandogli conseguentemente un linguaggio, non già prettamente cristiano, bensì piuttosto ebraico. D'altra parte poi, quasi a confermare le idee preconcette del vescovo, volle il caso ch'egli trovasse Amr assistito da ebrei e che Amr stesso rivolgesse ai suoi interlocutori domande tali da dare necessariamente l'impressione che egli non credesse altro che a Mosè e al Pentateuco. Tutto ciò si comprende quando avremo constatato come i primi giudizi cristiani riguardo all'Islam fossero influenzati dall'atteggiamento degli ebrei verso i musulmani. Gli ebrei, infatti, si erano sempre mostrati suscitatori di torbidi, servendosi di ogni corrente di idee pur di metterla, si diceva, contro lo Stato e i cristiani ed è quindi naturale che essi chiedessero aiuto agli arabi durante l'ultima persecuzione eracliana. Prima avevano suscitato le persecuzioni anticristiane di Dzo Nowass in Arabia, di Shapur II  e dei Sassanidi in Persia e di Cosroe durante la sua occupazione in Siria. Non meraviglia quindi - si faceva notate -  che essi tenessero uguale comportamento con gli arabi, giungendo, come alla battaglia di Yarmuk, a seminare disfattismo tra le fila cristiane. In quella prima fase caotica sorge, soprattutto nei cristiani eterodossi ed armeni, l'idea che gli arabi siano della stessa stirpe, tale idea trovando conferma nel rispetto degli arabi verso Mosè e il Pentateuco, a differenza degli altri testi biblici e, come ammettevano la circoncisione e la proibizione di determinati cibi. Inoltre era notevole e appariva sintomatico agli occhi dei cristiani il prodigarsi degli ebrei a favore degli invasori, il che poneva quelli in condizione di favore nei riguardi dei cristiani; del che si avvantaggiavano cercando anzi le occasioni per vendicarsi dei decaduti dominatori. Invece gli arabi, per parte loro,affermarono in verità fin dall'inizio la ragione addotta che giustificava ai loro occhi la conquista. Disse infatti el-As:"La terra appartiene a Dio, Egli la concede a quelli dei suoi servitori che più gli aggrada e il successo delle armi è prova della sua volontà". Così gli ebrei, cacciatisi frammezzo a vinti e vincitori, crearono il primo di una lunga serie di equivoci, il che portò nei riguardi dei cattolici ad un accrescimento di odio per l'opera di Mohammed. Solo pochi autori cristiani eterodossi, fra i quali Sabeos, la cui opera non ebbe grande influenza, perché andò perduta, e fu ritrovato solo nel 1851 e tradotto in russo nel 1862, si accostarono senza pregiudizi all'Islam e lo studiarono senza intermediari e gli riconobbero quindi il merito di aver cancellato l'idolatria riportando gli arabi alla fede di Abramo. Questa via di accostamento andò disgraziatamente perduta. Infatti, mentre questi cristiani videro in Mohammed un lungimirante riformatore e un politico, i cattolici ne ebbero la convinzione che fosse un perfido strumento dei peggiori nemici del cristianesimo, come ebbe a dichiarare Teofane nella sua Cronographia. Un ulteriore riprova dell'ignoranza da parte dei cattolici del vero essere dell'islam, dovuto anche alla loro ritrosia ad avvicinarsi agli invasori, si ha in un fatto citato dal famoso storico musulmano Makrisi. Egli narra che come nell'ottobre del 640 durante l'assedio della fortezza di Babilonia, il governatore bizantino della  provincia (ormai identificato nel governatore bizantino Ciro), intavolò trattative di pace nell'isola di Rodo, con i fiduciari del già citato comandante arabo el-As, il quale ultimo, fra le condizioni poste, chiese che i prigionieri si convertissero all'Islam. Ma a questa richiesta il Makaukas avrebbe risposto, a nome proprio e dei colleghi, che era loro impossibile abbandonare la fede in Cristo per una religione di cui nulla si sapeva. E il Makaujkas era al tempo stesso ecclesiastico e funzionario bizantino di rango. 2-continua
Casalino Pierluigi, 5.01.2015

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