L’esperienza degli alti forni popolari, tentata da Mao Zedong in Cina alla fine degli anni 1950, concepita per il lavoro in comune di operai, tecnici e ingeneri, si rivelò un grande disastro. Qualche anno più tardi, con la rivoluzione culturale fu ancora peggio. Le guardie rosse, gruppi di adolescenti sottoposti a preventivo lavaggio del cervello, venivano incitati ad inquisire universitari, ingegneri, quadri del partito e dell’amministrazione pubblica, o, nella migliore delle ipotesi, ad avviarli al lavoro nei campi. Si trattò di una tale e grave ingiustizia da comportare, la totale catastrofe economica, sociale e culturale del Paese. La rivoluzione iraniana, analogamente, fu promossa da esaltati mollahs (religiosi), certamente versati nella conoscenza dell’Islam classico e in particolare in ogni dettaglio della vita reale o immaginaria di Alì, il quarto califfo, ma completamente ignoranti di conoscenze del mondo moderno. E la cosa peggiore era che nessuno di loro aveva mai, anche vagamente, sentito dire di un certo Rousseau e di contratto sociale o di un certo Montesquieu e della separazione dei poteri, se non per bollare questi insegnamenti come “teorie atee, invenzioni del Grande Satana, l’Occidente”. In entrambi i casi, il risultato finì per mettere alla frusta gli intellettuali, provocando l’emorragia dei cervelli e una deriva verso un maggior sottosviluppo.
Casalino Pierluigi, 16.03.2011.