Agorà Digitale- I Radicali del web

 


 
 
Il quotidiano inglese The Observer li chiama "radicali del web". Ne abbiamo discusso all'evento "Il Digitale è Politico" per comprendere la possibilità di far nascere un movimento europeo. Li abbiamo incrociati in molte iniziative di questi mesi: dal segretario del Partito Pirata, Rick Falkvinge, intervenuto al congresso fondativo di Agorà Digitale, alla Parlamentare Islandese ex-portavoce di Wikileaks Birgitta Jonsdottir, che con il parlamentare radicale Matteo Mecacci ha presentato alla Camera una mozione per le libertà digitali. Da Smari Mccarthy della Icelandic Modern Media Initiative al professor Paolo Ponzano dell'European University Institute con cui abbiamo analizzato le possibilità di utilizzare lo strumento dell'iniziativa popolare europea per mettere in moto il movimento:
Molto spesso vengono messi in un calderone, perché più sono gli ingredienti e più è probabile che qualcosa cuocia. Ecco allora la blogger cubana e quello cinese come esempi di resistenza che, bloccata nelle forme tradizionali e negli spazi di realtà, si afferma con i nuovi media e le vie del virtuale, riprecipitando laddove era stata bandita. Ecco il partito dei pirati in Svezia, il movimento che denuncia i brogli elettorali in Kenya. E WikiLeaks, ovviamente. E Anonymous, la piattaforma non delineata da cui è stata lanciata l'operazione Payvabck, la ritorsione contro i siti delle aziende che avevano tagliato fuori la "banda Assange". Il Courrier international ha sancito che "La cyberguerra è cominciata". Ma si tratta di realtà molto diverse, che non sono accomunabili e neppure lo vorrebbero, ma a cui viene riconosciuta una parentela.
L'Observer li ha messi insieme sotto l'etichetta di "radicali del web". Fin dalla partenza è evidente il pregiudizio, l'inestirpabile concezione della stampa tradizionale: chi agisce in quell'altrove è un hacker, un elemento dalla sessualità ambigua, dal pensiero liquido, anche a causa di agenti allucinogeni, probabilmente. Ma è vero: esiste una piattaforma mobile che si muove su Internet. Che cosa fa? Politica? In un certo senso. Quale? Fa opposizione. Denuda il re e qualche volta anche il giullare del re. Usa il mezzo per entrare nel sistema. Azzera il tempo. Ci abbiamo messo trent'anni per leggere sui nastri della Casa Bianca quel che il presidente Richard Nixon pensava degli italiani ("Non hanno la testa avvitata sul collo"). Con WikiLeaks sarebbero passati sì e no trenta giorni. Si disseminano le informazioni e le informazioni sono potere. Ma chi le raccoglie, chi le indirizza? Esiste davvero una forma di aggregazione nel web che faccia da base per un futuro politico diverso? Questo è il dubbio. Già il social network crea uno pseudo rapporto. Hai davvero 1.000 amici se li hai su Facebook? Allo stesso modo: c'è vera adesione su Internet? La facilità del "contatto", della "partecipazione" non li rende altro da sé, pallide ombre? Faccio spesso questo esempio: prendete un qualsiasi sondaggio sul web, anche uno di quelli pubblicati dal sito di questo giornale. Tipo: quale priorità dovrebbe avere un prossimo governo? La legge elettorale, la riforma delle pensioni, le privatizzazioni, non so? Ecco: circa un 5% ogni volta vota "non so". Non è gente colta alla sprovvista per strada da un intervistatore tv, è pubblico avvertito, che naviga, che ha cliccato su quel particolare sondaggio, lo ha scelto per poter dire: non so. Più facile è intervenire più tutti lo fanno, anche per dire nulla.........
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AGORA' DIGITALE