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Paolo Giardini Il Magma a....Ferrara

IL MAGMA

La classe dominante cerca di persuadere gli indigeni che l’ospedale di Cona ha solo un difetto: non è finito; ma una volta chiuso il cantiere quel peccatuccio del ritardo svanirà nell’oblio e al confronto il vecchio S. Anna apparirà un relitto. Non avvisano d’azzerare le memorie, perché bisogna dimenticare che 10-15 anni di ritardo non son dovuti a sortilegi e incantesimi. Il credere all’unico difetto temporaneo di Cona richiede che la sospirata messa in servizio sia considerata alla stregua di un vero ospedale nuovo (il concetto interesserà molto alle agenzie matrimoniali), incuranti che le dilazioni comportino soste forzate, rifacimenti, cambi di mano di qualità diverse, deperibilità delle forniture, ferri arrugginiti, viti non serrate e tanto altro, tipici dei lavori fatti a singhiozzo. Nessun Capitolato tiene conto di tali andazzi. Ne è prova la cifra richiesta per “riserve” (le pretese sollevate dalle imprese esecutrici relative a maggiori compensi, rimborsi o indennizzi aggiuntivi rispetto a quelli contabilizzati): 130 milioni, a fronte di un appalto da 65 milioni! Spesa tripla per un lavoro rappezzato! La Magistratura indaga su eventuali carenze nelle forniture.

 

Quell’enorme ritardo è frutto del Sistema di Potere che l’ha gestito, i cui esponenti forse non riuscirebbero a montare il kit di un mobile IKEA in meno di 24 ore. Il gap IKEAincompatibile, con annessi e connessi socioculturali, è reso verosimile dalle dichiarazioni della nomenklatura che trova eccellente ciò che è assurdo in Europa: la messa in servizio di un unico ospedale cittadino in campagna privo di farmacia, senza che ci sia una circonvallazione a fluidificare i percorsi, senza una metropolitana con corse ogni pochi minuti, senza una viabilità ordinaria al posto del collo di bottiglia di S. Giorgio incubo delle ore di punta. In più è assicurato un futuro dispendio d’energia da boom petrolifero. Il conte Masoch ne sarebbe fiero. L’affaire pubblico Cona è simile al rifiuto di un privato di far sistemare il bagno in casa, nell’attesa di sostituirlo con uno in costruzione in fondo al cortile sterrato, da mettere in funzione senza sentiero e senza deposito per la carta igienica.

 

Peccato non possa indagare sulle carenze implicite da mala gestione, quali il superamento normativo e tecnologico. Perché se il prezzo del nuovo di oggi corrisponde al prezzo del nuovo dell’altro ieri, un forte delta temporale significa strapagare il vecchio installato. Un esempio: la normativa dei cavi di rete LAN è del ‘91 (Categoria 5, max. freq. 100 Mbits/sec.). Per l’incremento di velocità di reti più pervasive e performanti, la normativa ha via via emesso altri 6 standard di cavi (arrivando con la 7e a 1.000 Mbits/sec.). Prestazioni moltiplicate per 10. A quale vecchio standard corrispondono i cavi LAN che fanno capo ai letti di Cona?

E non è finita coi disastri. La pianta della città s’è evoluta nel millenario compromesso con i movimenti dei corsi d’acqua che ne solcavano il territorio. Ma occorre ribellarsi all’innaturale fiume magmatico che scorre su Ferrara, e dove giunge devasta e si rapprende. L’ospedale di Cona, oltreché fonte di sprechi e disservizi, sarà il tumore urbanistico della città. La metastasi partirà dai 500 ettari edificabili attorno all’ospedale, snaturando nel tempo la città rossettiana.

 

Avverso alle “decisioni” antiferraresi di amministratori-proconsoli docili solo agli ordini regionali, si sta allestendo il referendum su Cona, per un exploit di libertà d’espressione. Permetterà di pesare, libero da valenze partitiche, quanta parte di buon senso potrà contrapporsi alle azioni dissolute di una Casta fine a se stessa. Ce n’è gran bisogno, perché Ferrara si spegne ogni giorno di più.

 

Paolo Giardini

 

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