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Arte contemporanea -intervista a Andrea Bonora

 

Andrea Bonora accetta di parlare altra volta con me della sua arte; di solito predilige un altro tipo di conversazioni, seduto in qualche bar di provincia, chiacchierando del tempo con una donna di passaggio, o con uno dei tanti personaggi strani di Ferrara, già definita da lui come una città sospesa in bolla di sapone. Ma Andrea è così; all'alta borghesia preferisce l’emarginazione-o autoemarginazione?-perché considera questa più autentica e irriverente; eppure, appena a gennaio, ha esposto nell'hotel più lussuoso di Ginevra alla presenza di cariche istituzionali mondiali e dei mass media svizzeri.

 

Io-Non ti sembra contraddittorio, Andrea?

 

A.B.-Perché? Per me non c'è differenza.

 

Io-Neppure culturale o di sensibilità?

 

A-B. È chiaro che quella ci sia .. ma non c'è differenza fra iil mio modo di osservare questo mondo o quello; la mia risata è sempre sarcastica, ma mi trovo più a mio agio negli ambienti triviali che nei circoli culturali, forse perché i primi sono inconsapevoli della carica artistica di cui sono portatori... anche i cosiddetti aristocratici, però... Le donne, poi, ci sono dappertutto!

 

Io-Sei molto sensibile al fascino delle donne, vero?

 

A-B. Le donne rappresentano un mondo che mi ha sempre affascinato, da quando ero un bambino; forse perché sono vissuto da figlio unico sotto le attenzioni di mia madre-un'artista che mi amava come un prodotto del suo spirito-di mia nonna-donna pratica del popolo, che nutriva per me una vera è propria adorazione- della balia, che giocava con me, subendo le mie piccole angherie di bambino tiranno; delle parenti e amiche di mia mamma-consapevoli che io sbirciavano nelle loro scollature e compiaciute dal fatto di sapere che mi sarei volentieri addormentato fra le loro tette -Le donne sono belle come esseri... non mi piacciono le fotomodelle... o, perlomeno, non tutte... Le donne devono essere, per me, portatrici di un mondo".

 

Io-Sono sullo stesso piano della tua arte?

 

A-Per niente. Le donne non sono un mio prodotto, ma è attraverso loro che provo piacere: sono un adulatore, galante e sorprendente, ma tremendamente calcolatore, quando mi appassiono per uno di loro; se poi mi appassiono di due…so essere bugiardo, spietato o posso far barcollare una donna sull'orlo di un abisso, facendole sentire il brivido del vuoto di perdermi; l'arte, invece, mi domina e non posso fare nessun gioco di potere con lei, perché è lei che mi possiede e, spesso, mi sento solo un mezzo nelle sue mani.

 

Io-In questi giorni gli Arcani hanno esposto a New York, cosa ne pensi?

 

A-B. -Ne sono contento... sono sempre contento quando artisti riescono a far conoscere la loro opera al mondo.

 

Io-Ti riconosci in questo tipo di pittura?

 

A-B. Penso di essere l'esatto contrario: loro partono dal reale, per presupporre il trascendente che vedono in ogni cosa. Per me in questo bicchiere di gin, c'è solo un bicchiere di gin. E’ pur vero che il bicchiere è il contenitore e che il gin è quello che sto bevendo, e che conosco il gin meglio del vetro del bicchiere, ma lo colloco in uno spazio finito più rassicurante; il bisogno di finitezza e e l'angustia dell'incertezza sono per me il motivo dei miei quadri, e, per questo, sono realizzati con materiali di uso comune, che simboleggiano l'immediato; lenzuola, sacchi, pannelli di stereo vecchi, ecc. L’immediato al contrario del pre-supposto, è il vero fondamento dell'esperienza artistica, perché è è semplicemente posto, cioè dato, e non può essere negato.

 

Io-E’ questo, quindi, il valore che dai ai materiali che usi per i tuoi quadri? Ma pensi che chi ne fruisce possa capirlo?

 

A-B. Un quadro è, sotto questo aspetto, simile a una donna: è un mondo; e il loro senso non è solo estetico, ma più profondo e comprende anche tutto ciò che viene esternato dalle critiche, alle generalizzazioni, alle categorizzazioni, ai luoghi comuni. È all'interno della costruzione generata da questi fenomeni che i miei quadri si aprono alla realtà, alla ricerca di un significato.

M.Cino

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