GORGO

 (articolo scritto per il numero 44 di L- T)
Di Filippo Venturini

  
L’effige della Gorgone ricorre, soprattutto la protome, su una vastissima serie di oggetti e nei più disparati contesti, dal VII a.C., fino alla tarda antichità; ciò ha fatto sì che spesso sia considerata un mero elemento ornamentale, allorché si voglia riconoscergli un significato più profondo, si ricorre al termine “apotropaico”, che va bene con tutto, consente di non addentrarsi nell’intricata selva dei riferimenti simbolici: pericolosa, quanto affascinante[1]Spesso è stata messa in luce l’affinità con altre creature mostruose, che ricorrono in altri contesti culturali e geografici: analogie esotiche ed affascinanti. Vernant nota, invece, che: nonostante l’innegabile spessore ed interesse, certi studi non offrono ciò che costituisce l’essenziale: la specificità d’una figura, che, a prescindere dalle varie influenze esotiche, si profila come una nuova creazione, molto diversa dalle precedenti, la cui originalità non può essere colta al di fuori delle relazioni che, nell’ambito dell’arcaismo greco, la legano a pratiche rituali, temi mitici, ad una potenza sovrannaturale, che si libera e si afferma nel momento stesso in cui viene costruito e fissato il modello simbolico che la rappresenta nella forma particolare della maschera gorgonia[2]È sempre lo studioso francese a notare che: le più antiche menzioni del mostro sono quelle contenute nell’Iliade, ove Gorgo è chiaramente associata alla guerra, combinando le fonti con l’icnonografia, riteniamo ci si possa spingere oltre e proporre una teoria, in base alla quale, esisterebbe uno stretto legame fra “combattenti solitari”, “corpi d’elite”, aristocrazia e cavalleria: quattro ambiti che tendono a coincidere e a sovrapporsi e che vengono decisamente ridimensionati, se non addirittura soppressi, con l’affermarsi dell’oplitismoNelle più antiche rappresentazioni della Gorgone, risalenti al VII secolo a.C., si possono isolare due filoni iconografici: 1) ritraente solo il volto; 2) tutto il corpo, possiamo poi individuare due sottogruppi per ognuno: 1,a) dai caratteri assolutamente ferini, 1,b) che combina caratteri animaleschi con tratti umani. 2,a) con serpenti; 2,b) senza serpenti e volto simile a 1,b. Per tutto il VII secolo il gruppo 1,b non ha serpenti in testa, ma capelli e barba che ricordano quelli dei kouroi, occhi e orecchie larghe, naso a tendenzialmente camuso, appare digrignante i denti, a volte con zanne che fuoriescono dagli angoli. A partire dal VI secolo compaiono esempi del tipo 1,b, con i serpenti, anche se resiste e continua a essere piuttosto diffuso il modello senza
I combattenti solitari
Nell’Iliade la Gorgone appare come ornamento dell’armatura di Atena(V, 738) e anche dello scudo di Agamennone(XI, 33-37), che però, da come è descritto, pare uno grosso scudo tondo, di tipo oplitico, dunque anacronistico rispetto agli eventi narrati.
Ettore ed Achille sono assimilati al mostro per la loro espressione facciale in battaglia.
Avanti indietro i cavalli belle criniere girava intanto Ettore, con lo sguardo della Gorgone, d’Ares flagello degli uomini(VIII, 348).
Achille non è esplicitamente detto simile alla Gorgone, come Ettore, ma ne ha tutti i tratti, in modo anche più marcato: Qui ritto gridò, e Pallade Atena al suo fianco urlava: fra i Teucri sorse tumulto indicibile.
Come è sonora la voce della tromba che squilla, quando i nemici massacratori assediano la città, così fu sonora la voce dell’Eacide. E quelli come udirono la bronzea voce dell’Eacide, a tutti balzò il cuore (…) gli aurighi inebetirono, come videro il fuoco indomabile tremendo sopra la testa del Pelide maganimo ardente; e l’accendeva la dea Atena occhio azzurro.
Tre volte sopra il fossato gridò alto Achille Glorioso, tre volte furono sconvolti i Troiani e gli illustri alleati(XVIII, 215-227).
Versi 365-366, libro XIX: veniva stridore dai denti, i suoi occhi lampeggiavano come lampa di fuoco. Achille urla, digrigna i denti, diffonde attorno a sé un terrore tale da paralizzare il nemico (gli aurighi inebetirono): tutti tratti tipici di Gorgo, che appare sull’egida di Atena (dea protettrice del Pelide) circondata da “Terrore, Lotta, Violenza, l’Inseguimento agghiacciante”; mentre sullo scudo di Agamenone è attorniata da “Terrore e Disfatta”.
Nei “Sette contro Tebe” Partenopeo che è uno degli assalitori è così descritto: per l’età feconda le guance invade incipiente barba, fitta peluria che appena ora insorge. Con crudo orgoglio (…) con occhi di Gorgone, si avanza
Tideo si distingue perché emette sibili meridiani, qual serpe, evidente caratteristica gorgonia. E’ costui un protetto d’Atena, come Achille, ed è noto il legame della dea con la Gorgone, inoltre durante il combattimento Tideo è protagonista d’un episodio che riunisce: furore ancestrale e teste mozzate, infatti spacca il cranio di Melanippo e ne mangia il cervello, facendo inorridire la dea simbolo del “vivere civile”, che nega l’immortalità al suo protetto, lasciandolo morire in battaglia. Anche Achille è, per così dire, ad un passo dell’immortalità, spesso mostra una ferocia soverchiante quella di chiunque e muore combattendo.
Un altro personaggio con chiari tratti gorgonii è Orazio Coclide: volgendo allora intorno minacciosamente i truci sguardi verso i capi degli Etruschi, ora singolarmente li sfidava, ora tutti li scherniva (…) rimasero a lungo esitanti (gli Etruschi), guardandosi l’un l’altro prima di iniziare il combattimento[3](Livio, II,10)
Notiamo lo sguardo truce: truces oculos e soprattutto il potere paralizzante: rimasero a lungo esitanti, chiaro attributo gorgonio, che ricorrre, anche nell’Iliade, allorché alla visione di Achille, e all’udire il suo grido di battaglia: gli aurighi inebetirono.
Anche Orazio Coclide combatte, come Ettore ed Achille, “avulso” dallo schieramento dei propri commilitoni, affrontando da solo il nemico, che resta terrorizzato, paralizzato dal suo sguardo.

Männerbünde

In epoca storica ad avere caratteri gorgonii erano anche i giovani spartani, infatti per descrivere l’aspetto, che li contraddistingueva per via dei lunghi capelli, Senofonte ricorre al termine: gorgòs.
A coloro che uscivano dall’efebia Licurgo ingiunse di portare i capelli lunghi, ritenendo che sembrassero più grandi, più nobili, più terribili (gorgotérous)[4].
Una simile descrizione è ripresa da Plutarco[5]. Il carattere di questi giovanissimi combattenti è quello di una männerbünde, cioè di una “società di guerrieri”, chiusa, elitaria.
Nell’Iliade i Mirmidoni sono equiparati a dei lupi(XVI, 155 ss), tipico tratto degli appartenenti ad una männerbündegli stessi berserkir scandinavi erano selvatici come cani e lupi, forti come orsi e tori. Si tratta di cerchie piuttosto ristrette di uomini, iniziati, che agiscono, in campo di battaglia, come nella vita, avulsi dallo schieramento corale, così paiono anche i Sette che assaltano Tebe: combattono singolarmente, pur, facendo parte d’un unico schieramento ed è evidente la contrapposizione con la polis.
I caratteri gorgonii non contraddistinguono solo i combattenti solitari, ma anche gli appartenenti a quelli che potremmo dire, con termine moderno: “corpi d’elite”, i cui componenti agiscono anche da “combattenti solitari”: l’esempio fornito dalla tragedia eschilea è illuminante.
Prima che Coclide resti solo ad affrontare il nemico: trattenuti dal senso dell’onore due restarono con lui: si trattava di Spurio Larcio e Tito Erminio, entrambi nobili per nascita e per le imprese compiute (Livio, II,10), anche in questo caso intorno a Gorgo si stringe un gruppo di guerrieri scelti.

 Gorgo e il Cavallo
I giovani spartani di cui sopra  vengono paragonati a dei cavalli, per via delle lunghe chiome, la cura delle quali era designata dal verbo xanthiresthai[6], che in Attica, invece, vuol dire “tingersi i capelli”. La parola xanthos significa biondo, dorato, splendente come oro o fuoco. Achille è biondo, oltre che lunghicrinito, compare anche con la testa in fiamme (XVIII, 214-221).
Xanthos è anche il nome del cavallo del Pelide, di Ettore, di Castore, ecco che s’appalesa un altro legame: “combattente solitario” e/o “d’elite”-cavallo. I sette assalitori di Tebe giungono, cavalcando. Lo schieramento oplitico, cioè la polis in armi, è uno schieramento di fanteria, quindi il cavallo pone chi lo usa al di fuori del “vivere civile”, non a caso quest’animale è strettamente legato a Gorgo: il vocabolo gorgòs in ambito equestre ha un significato tecnico: gorgoumai (scalpitare), le narici allargate rendono l’animale gorgoteros, quando sono in branco i cavalli sono gorgotatoi.
L’opposizione polis/cavallo è adombrata anche nell’episodio della presa di Troia.
Achille viene istruito dal centauro Chirone, esistono raffigurazioni piuttosto arcaiche di gorgoni, che hanno l’aspetto di centauri (Fig. 1).


Fig. 1

Così anche i Barbari

La “maschera di Gorgo” designa l’alterità, chi più dei barbari sarebbe inscrivibile in tale categoria?
Diodoro Siculo descrive i guerrieri celti: per quanto riguarda i capelli: non solo sono biondi(xanthoí) di natura, ma ne esasperano ad arte il colore, spalmando i capelli, continuamente con una soluzione di calce e li tirano indietro dalla fronte alla nuca, fino alla cervice, così che a vederli sembrano dei Satiri o dei Pan, i capelli con tale operazione aumentano di volume tanto che non differiscono in nulla dalla criniera d’un cavallo (...)Quando vanno in battaglia usano carri trainati da due cavalli (…) e quando hanno lanciato giavellotti al nemico scendono e combattono con le spade.. quando sfidano qualcuno a duello..disprezzano ed umiliano l’avversario per, sminuirne la fiducia in sé (V, 26-31).
Ritroviamo tutti gli elementi fino a qui posti in evidenza: aspetto orrido, dovuto a una capigliatura, curata a tale fine, che assume un colore che ricorda i capelli in fiamme di Achille, i capelli diventano spessi come crine di cavallo (si ricordino i giovani spartani).
Non si tratta di fanti, ma di combattenti con il carro, dal quale smontano per combattere con la spada: non ricorda il modo d’usare il carro da guerra nell’Iliade? Anche i guerrieri celti vanno in battaglia “a cercar la bella morte”come Achille.
È noto che lo schieramento in battaglia dei Celti non fosse rigoroso, come quello oplitico o legionario, molto era affidato all’iniziativa dei singoli, o a quella di gruppi di combattenti, come i Marut della mitologia vedica, o i componenti delle Mannerbunde, diffuse fino all’Alto Medioevo[7]È loro abitudine, quando sono schierati a battaglia, uscire dalle linee e sfidare i più valorosi fra i nemici a singolar’tenzone (…)(Diod. V,28): è lo stesso atteggiamento di Coclite, al quale celti sono assimilabili anche per l’abitudine di schernire il nemico.

Iconografia
Nelle raffigurazioni più arcaiche spesso Gorgo non ha alcunché di femminile, di “meduseo”,e spesso neppure è associata ai serpenti, anche nelle più antiche menzioni letterarie conosciute, nell’Iliade, non è anguicrinita, ma anzi ha cento frange tutte d’oro, che non possono non richiamare alla mente l’aggettivo xanthòs.
Le più antiche rappresentazioni risalgono al VII a.C. Fino a quasi tutto il VI il mostro è caratterizzato da barba, grandi occhi, naso, spesso camuso, capelli lunghi, divisi in ciocche e tirati all’indietro, secondo lo stile dei kouroi, o, stando a Diodoro Siculo, dei guerrieri celti. Il “Pittore di Nesso” (Fig.2)

fig. 2

ritrae le Gorgoni, anguicrinite, con un abbigliamento chiaramente femminile, ma iconograficamente sono enormemente distati da molte delle raffigurazioni arcaiche di Gorgo che invece uniscono certi tratti del kouros con alcuni ferini(Figg.3, 4): il viso largo, che ricorda un leone, i denti acuminati, come zanne d’un cinghiale, in alcuni casi orecchie da bovide e naso camuso, dalle larghe narici, tutt’altro che umano. Nei tipi che ritraggono tutto il corpo del mostro, ci sono anche le ali. Si tratta di almeno cinque animali: volatile, leone, cinghiale, bovide, a questi si aggiunga il cavallo, il legame col quale è stato ampiamente posto in evidenza, e anche il serpente, ma con estrema cautela visto che nelle raffigurazioni più arcaiche non è costantemente presente.
Il dio avestico della vittoria si presenta sotto dieci sembianze diverse, sette delle quali animali: vento, bue, stallone, cammello in calore, cinghiale, un giovane di quindici anni, l’uccello Varagna, un ariete, un capro selvatico, un guerriero armato per la lotta[8].

fig. 3

   Fra le personificazioni ci sono anche quelle di: un giovane quindicenne e un guerriero armato: Gorgo ha i capelli e la barba del kouros, Achille, così legato al mostro, parte per Ilio a quindici anni, la guerra ne dura una decina, il Pelide muore nell’ultimo anno, alla soglia della virilità: la vita da “lupi” tra la natura selvaggia, che toccava ai giovani tra i sedici e i venticinque anni, è pertanto analoga alla krypteia spartana, l’equivalente, per così dire d’un servizio militare (...)[9].Non è dunque un caso se Agamennone non sia equiparato alla Gorgone, ma ne abbia l’effige sullo scudo: costui è un uomo maturo, che ha superato il periodo nel quale il giovane guerriero deve affrontare l’orrore puro, sino ad identificarsi con quello[10]Anche l’iconografia conferma un antico legame con l’ambito guerriero e una distanza dal modello della donna anguicrinita, che s’impone soprattutto a partire dal VI-V secolo, assumendo poi i tratti del tipo così detto “bello”, che potremmo definire: “meduseo”, ma come si giungerebbe a questo punto?
Notiamo l’esistenza di due tradizioni iconografiche, contigue ma diverse, bene esemplificate dalle Figg. 2 e Figg. 3 e 4. Ci sarebbe una confluenza causata dalla scomparsa d’un certo tipo di guerriero, esemplificato da Figg.3 e 4. Nella parte interna delle anse del vaso Francois troviamo: gorgo in corsa; mentre sul versante esterno c’è Artemide, come se il mostro ne fosse un’ipostasi. Questa dea ha il ruolo di kourotropha, legata all’iniziazione dei giovani, strettamente legata alla guerra e a Medusa è Atena, che protegge molti eroi. Si potrebbe ipotizzare una fusione fra la maschera del giovane guerriero, in preda alla lyssa e i tratti di una grande dea femminile, connessa con l’iniziazione dei giovani combattenti e anche potnia theroon. Questo procedimento culminerebbe con il tipo “meduseo” con la scomparsa d’un certo tipo di combattente.


fig. 4


La fine d’un mondo
Fra VIII e VII secolo il modo di combattere cambia: compare lo schieramento oplitico, che è incompatibile con figure di combattenti quali Achille, Ettore, i sette che assaltano Tebe, ma anche le società di guerrieri, nonché la cavalleria, corpo aristocratico, che pur continuando ad esistere, come ad Atene, deve farlo entro i confini isonomici della polis, come sembra dimostrare il fregio della cella del Partenone: tensione rivelatrice di costrizione.
Scompare la tipologia di combattente assimilabile a Gorgo, ed è naturale che col passare del tempo certi tratti non vengano più compresi completamente, così si procede ad un sincretismo iconografico, tendente ad unire i caratteri del mostro “maschera del guerriero” e quelli della Potnia Theroon: Dea strettamente legata all’ambito dell’iniziazione dei giovani combattenti[11].
Questo cambiamento si percepisce già nell’Odissea, con la Gorgone relegata nell’Ade, ove si trova anche Achille che declama l’epitaffio dell’epoca, che lo vide eroe: non lodarmi la morte, splendido Odisseo, vorrei essere un bifolco, servire un padrone, un diseredato che non avesse ricchezza, piuttosto che dominare sulle ombre consunte. (XI, 488-491). L’eroe non cerca più la “Bella Morte”, ma la via del ritorno, non si para più, maestoso davanti al nemico per affrontarlo, sovrumano, ad un'unica dimensione, come un kouros, ma raggira gli avversari con l’astuzia, “coglie la realtà in tre dimensioni”, come gli scultori che decreteranno la fine dell’arcaismo a partire dallo scorcio del VI secolo, allorché l’essere sprofondò nella vita[12].
Eracle combatte appiedato come un oplita, sconfigge mostri strettamente legati con il mondo che fu di Achille, istruito dal centauro Chirone, Eracle fa gran ecatombe di queste creature connesse, anche iconograficamente, con Gorgo (Fig. 1), e che ritroviamo, non a caso, relegate a guardia dell’Ade[13].
Eracle incontra la Gorgone nell’Ade[14], appena la vede sguaina la spada per decapitarla, ma Ermes gli spiega che si tratta solo d’un vano fantasma. È significativo che, insieme al mostro, in questo episodio, compaia Meleagro: eroe esplicitamente paragonato ad Achille nell’Iliade (IX, 543,ss.).
Perseo (bisnonno di Eracle) decide di andare a caccia di Medusa, perché non può competere con gli aristocratici, che donano cavalli a Polidette e riesce nel proprio intento, usando il falcetto con il quale Crono aveva evirato Urano: non è forse un segno d’una svolta epocale? Che ormai un ordine antico e un antico sapere stiano tramontando, lo attestano (…) i racconti dello sterminio dei centauri[15] ed anche delle Gorgoni, potremmo aggiungere. Questo radicale cambiamento coinciderebbe con l’inizio dell’epoca storica e l’adozione della tattica oplitica.
La decapitazione del mostro anguicrinito sarebbe un’iniziazione, secondo alcuni[16], a corollario di tale teoria è stato notato che: ciò sarebbe solo un’apparente contraddizione con il ruolo di Gorgo as an amulet and protectress[17], notando l’affinità con i centauri, che hanno il doppio ruolo di: avversari e educatori dell’eroe[18]. Tuttavia queste creature sono uccise da eroi molto diversi da Achille, ciò rafforza l’idea che Perseo ed Eracle sanciscano la fine d’un’epoca: ora, quell’orrore, che prima era consentito esibire palesemente in battaglia, l’eroe deve affrontarlo ed eliminarlo, per controllarlo, entro uno schieramento corale, che non ammette eccezioni: da qui la decapitazione del mostro e l’esibizione della sua protome su scudi, armature, con funzione apotropaica, ma che diventa, al tempo stesso, emblema della ferrea disciplina, del nuovo tipo di schieramento, ove ogni personalismo è annullato. È esemplare la vicenda dello spartano Aristodemo, al quale si rifiutarono gli onori, perché, sebbene protagonista di azioni eccezionali, sul campo di battaglia, ha agito sviato dalla lyssa, lasciando il proprio posto[19], comportandosi, cioè, come quei guerrieri assimilati a Gorgo.
Ogni tanto, però, nel “muro del tempo” s’aprono dei varchi ed ecco comparire personaggi come Orazio Coclide, che Livio non può fare altro che descrivere con gli stessi tratti di Achille; lo stesso dicasi per i guerrieri celti. Il fatto che, anche a distanza di molti secoli, quando ormai l’iconografia della Gorgone s’è attestata sul “tipo bello”, con volto femminile ed anguicrinito, ogni volta che si presenti un tipo di combattente, che esula dallo schieramento corale, venga ritratto con gli stessi connotati del Pelide, di Ettore, di Tideo, di Partenopeo, potrebbe confermare l’intimo legame fra Gorgo ed i “combattenti solitari” e/o le società di guerrieri.
A sostegno di tale tesi si potrebbero addurre due elementi: il mito Perseo-Medusa sarebbe post-omerico; quella parte dell’Odissea, con la catabasi d’Ulisse, sarebbe da attribuire al VII-VI secolo[20], cioè proprio all’epoca dell’affermazione dell’oplitismo.






[1] F. Pessoa, Pagine esoteriche, Milano 2007, p.60
[2] J. P. Vernant, Figure, idoli, maschere, Milano2001, p.77. 
[4] Senofonte, Costituzione degli Spartani, 11,3; J. P. Vernant, La morte negli occhi, Bologna 1987, p.43 ss.
[5] Plutarco. Licurgo, 22
[6] Vernant, 1987, p. 43 ss.
[7] G. Dumèzil, Le sorti del guerriero, Milano 2006, p. 161.
[8] Idem, p. 188 ss.
[9] W. Burkert, Homo Necans, Torino 1981, p. 78.
[10] Corrono in giro dieci cerchi di bronzo e in mezzo venti borchie di stagno, bianche, nel centro una di smalto nerastro; faceva corona allo scudo la Gorgone Si potrebbe ravvisare un riferimento ai tre colori delle tribù indoeuropee? (…).B.Sergent, Les troupes de jeunes hommes et l’esion indo-européen, in Dialogues d’histoire ancienne, XXIX,2, 2003, pp.9-27, in particolare pp.16-17.
[11] Vernant, 2001, p. 132.
[12] B. Hamvas, Scientia Sacra, Parma 2000, p. 19.
[13] Eneide, VI.
[14] Apollodoro., Biblioteca, 2,5,12; G. Cerri, Il posto della Gorgone: dove è finita la testa di Medusa?, in M. Vetta-C. Catenacci ( a cura di), I luoghi e la poesia nella Grecia antica, atti del convegno 20-22 aprile, 2004, Alessandria 2006, p. 34
[15] E. Junger, Al muro del tempo, Milano 2000, p. 138.
[16] Burkert, 1981.
[17] N. Marinatos, The Goddes and the worrior, London New York, p. 59
[18] Eadem.
[19] Erodoto, IX, 71.
[20] Cerri, 2006, pp. 23-51.