I linguaggi musicali come patrimonio culturale - di Pierfranco Bruni



I linguaggi musicali come patrimonio cultura

La lingua nelle identità  popolari

di Pierfranco Bruni

      I linguaggi musicali sono patrimoni culturali. Mi riferisco, in modo particolare in questa occasione alla canzone d'autore (ovvero ai cantautori). Il testo poetico che viene musicato, e che nasce prima della musica stessa, appartiene alla poesia. A quella poesia contemporanea che è dentro la cultura letteraria del nostro tempo. La letteratura è un bene culturale. Come tale è un patrimonio della tradizione di una civiltà. Proprio per questo la canzone d'autore (quella nata intorno agli anni cinquanta) va considerata come una realtà culturale da tutela e valorizzare. Proprio in virtù di ciò ci sono alcune considerazioni da sottolineare. 
      Linguaggio poetico e linguaggio musicale hanno sempre avuto un rapporto inter -scambiabile. Soprattutto nei momenti in cui la parola subiva un taglio lessicale ed entrava nel vortice delle fasi sperimentali. Parola e musica non sono soltanto straordinari strumenti della comunicazione. Sono tensione comunicativa e creano dimensioni oniriche, magiche, alchemiche in un processo che è culturale. Ma questo processo è profondamente, inizialmente, esistenziale. Non si comunica con la sola parola ma con il sentimento che la parola proietta all'interno delle coscienze.
      All'interno della parola ci sono i singulti di una esistenza. Ci sono le maschere ma ci sono anche i toni. La musica è già dentro la parola. Quando poi questo abbinamento si interiorizza maggiormente la musica diventa un linguaggio che travolge in un solo battuto il sentire e l'ascoltare. Sentire la parola che cammina dentro e ascoltare l'incantesimo della melodia. Un intrecciare, dunque, le voci che scorrono nel tempo. un tempo di memoria e di battiti che scorrono lungo i giorni. Un dialogo di correlazioni tra la parola scritta (la parola detta) e la musica che si contorna di ritmi.
      Poesia e musica nel corso degli anni Sessanta (1960) hanno vissuto di una coralità sorprendente. Molti poeti hanno cercato nella canzone una "distribuzione" di emozioni. La parola diventava, appunto, una coralità di immagini e le immagini stesso creavano un racconto. La canzone si è servita dei poeti e i poeti hanno recitato in musica. Ma si tratta, comunque, di un fatto antico che è stato recuperato nella cultura poetica e musicale del Novecento.
      Si pensi alle cantate (o alle ballatette) di Guido Guinizelli, di Guido Cavalcanti o dello stesso Francesco Petrarca. Alcuni cantautori hanno ripreso il modulare di quel recitate cantato. Dal Fabrizio De André che propone Cecco Angiolieri a Roberto Vecchioni di Jacopone da Todi (ma a Jacopone si era rifatto anche De André). Solo alcuni esempi. Ma c'è una tradizione trovadorica e un innesto di madrigali nella canzone d'autore che è sorprendente. La ballata e la romanza resta una testimonianza fondamentale all'interno anche di un percorso folklorico che rimette in gioco proprio un cantico popolare.
      D'altronde il rapporto tra poesia e musica è quasi sempre accompagnato da due dati. Il dato creativo e la ricerca. Il canto creativo è un fatto onirico, misterico, fantastico. La ricerca ha sempre derivazioni etniche, ovvero proviene da una cultura popolare ma va verso la definizione di una identità e di una riproposta delle radici linguistiche e antropologiche. Resta emblematico il gioco espressivo (dalle filastrocche ai canti religiosi o l'introduzione di alcune tipiche forme dialettali) e le mediazioni antropologiche (l'affermazione delle identità o rilettura omerica del mito) sul tema del Mediterraneo che hanno sottolineato autori come De André o come Franco Battiato.
      Questa poesia - canto ha radici profonde. Dalla musica rinascimentale (il 1500 è anche l'epoca delle villanelle) al rapporto tra arte colta e letteratura popolare. Nella poesia - canto degli autori degli anni Sessanta ci sono radicamenti, chiaramente, antichi. La poesia entra dentro la canzone con poeti e scrittori come Salvatore Di Giacomo, Gabriele D'Annunzio, Gioacchino Belli, Roberto Bracco, Giuseppe Marotta. Una canzone che aveva uno stile letterario.
      Proprio negli anni Sessanta molti autori italiani hanno una formazione che proviene da poeti e chansonier francesi e spagnoli. Da Georges Bressens a Jacques Brel, da Boris Vian a Vinicius de Moraes. Qui si registra una vera e propria rivoluzione linguistica che sboccia in cantate folk, in proposte di forme jazz, in ballate, in percorsi ritmici segnati sulla ricercatezza colta della rima.
      I "cantautori" degli anni Sessanta ma anche quelli immediatamente successivi hanno un bagaglio letterario che permette di usare la parola poetica con strumenti ben calcolati e studiati sulla musica. Letteratura e musica è un raccordo di grosso spessore culturale. E' Fabrizio De André che sottolinea: "La canzone è un testo cantato, poi la musica può essere più o meno bella, tanto meglio se è bella, ma deve accordarsi soprattutto con il testo".
      Si sottolineano, così, oltre all'esperienza fondante di Fabrizio De André, atmosfere crepuscolari e decadenti (Luigi Tenco e Franco Califano), i cui radicamenti brectiani e soprattutto francesi (Boris Vian in particolare) sono riferimenti non tanto musicali quanto letterarie.
      Si avvertono ancora quelle malinconie gozzaniane delle piccole cose che colorano il quotidiano (Bruno Lauzi) e costruiscono scenari in una leggera poetica. Si intravedono "perlustrazioni" quasimodiane e derivazioni madrilene (Sergio Endrigo) che hanno un senso lirico marcato.
      Si intrecciano favola e storia (Francesco De Gregori) sulla linea di una presenza quasi memorialistica che tocca del realismo. Si verificano spazi nei quali si avverte un racconto in musica (Francesco Guccini) simile alla tradizione di una poesia racconto che si mostra con tutta la sua dimensione narrante.
      Si avvertono viaggi in una tensione che è filosofica (Franco Battiato) ma che ha anche una forte manifestazione poetica (magica e archetipica), la cui lezione di un percorso di cultura classica è ben presente.
      Si assorbano codici poetici (Franco Califano) che hanno un intercalare recuperato dalla lirica moderna e classica (Roberto Vecchioni), il cui legame è tutto giocato tra amore e tempo in un girotondo di sentimenti che restano a blindare il raccontare la storia di un uomo tra passato e futuro.
      Il rapporto tra poesia e musica, dunque, qui si fa sempre più intenso. Un recitativo cantato che realizza un rapporto interattivo tra la musica delle parole e i suoni - simboli che la musica stessa emana. La parola come immenso, come un destino che vive dentro l'essere della comunicazione. Il linguaggio della parola è dentro questo processo che è essenzialmente onirico. Le parole creano immagini, atmosfere, disegni, silenzi in un continuo ascolto.
      Il linguaggio che crea è, appunto, il linguaggio dell'immenso. L'immenso che si fa suono. Aver recuperato alla parola il suono e la sua memoria è aver restituito tensione e identità al linguaggio. Il linguaggio si ritrova nell'armonia. La parola e il suono. I sentimenti, in fondo, non sono segni mascherati. Sono delle magie che ci portiamo dentro e ci fanno rivivere il tempo.
      Questo rivivere il tempo è un rintracciare le alchimie che fanno parte di noi. La poesia, avventura o destino che sia, è sempre una leggenda (Alda Merini). Dentro il linguaggio della musica, la poesia, è un sogno e una ricerca che resta come affabulazione. La poesia cantata è un ritornare all'antico ritrovando il gusto di una comunicazione che si fa tensione in termini linguistici e assonanza in termini immaginativi.
      Questa poesia, dunque, dentro la musica (una poesia che si porta già di per sé una sua musicalità) ha una suggestione sentimentale proprio archetipica. Proviene da una consapevolezza umana e culturale che dà un orizzonte al viaggio del poeta. Un poeta che raccorda la sua esistenza sulla scacchiera del tempo - parola - musica. Siamo appunto nel campo di quella dimensione della cultura che pone in essere l'universalità dei linguaggi in un contesto che è letterario.
      La canzone d'autore appartiene ad una tipologia letteraria (non solo musicale) che va valorizzata e promossa all'interno anche dei percorsi scolastici. Un modello didattico di penetrare la storia letteraria contemporanea attraverso anche il ruolo che ha rivestito la canzone. Elementi sui quali la cultura italiana deve chiaramente poter importare un discorso innovativo rivolto soprattutto ad una offerta pedagogica dei linguaggi.


photo Pierfranco Bruni