La nuova Unità più riflessiva con la nuova direzione dedica due pagine alla manovra del governo, con riferimento a un suo punto debole: l’eliminazione di alcune festività civili, da accorpare con la prima festività obbligatoria vicina, prevalentemente una domenica. Iniziativa che mortifica soprattutto i valori simbolici senza avere certezza dei risultati sperati che dovrebbero essere dell’aumento delle giornate lavorative. Dovrebbero, speriamo.
Ricorderò che sono state soppresse negli anni anche alcune festività religiose, e fortemente simboliche, come San Giuseppe, la festa del padre, figura centrale della famiglia e strettamente connessa con il concetto di patria la cui celebrazione, ma per una sola volta in occasione del 150° dell’unità d’Italia, è stata fissata il 17 marzo. Sarebbe auspicabile che l’una si ripristinasse e l’altra non si fosse celebrata una tantum, ma diventassero una sola, civile e religiosa: la festa del padre e della patria. Lo stesso potrebbe tentarsi con altre due feste ravvicinate, il 25 aprile, celebrazione della Resistenza, e il primo maggio, festa del lavoro.
Anche in questo caso la vicinanza temporale potrebbe trovare una saldatura nel decisivo e difeso articolo primo della Costituzione: «La Repubblica italiana (nata dalla Resistenza) è fondata sul lavoro». Faccio queste considerazioni perché pur condividendo il nobile spirito civico, trovo un po’ forzata la posizione, specchiata nel giudizio di una ragazza di 19 anni, che esce dall’intervista sul 25 aprile pubblicata dall’Unità. Enrico Rotelli, Reggio Emilia, città importante per la Resistenza, intervista Anna, 19 anni, maturità classica appena passata «bene, e ora iscritta a Lettere moderne». Rispetto a tanti giovani disinteressati a tematiche civili di fondo, Anna è iscritta all’Anpi e afferma, con convinzione motivata: «Vogliono cancellare le feste civili perché rappresentano valori per loro scomodi. I ragazzi di oggi? Stanno perdendo il senso della memoria».
Sono osservazioni condivisibili. Ma Anna Casadei sembra non tenere conto della sacralità del lavoro che la norma annunciata sembra voler privilegiare: «Quando ho saputo che volevano spostare il 25 aprile ho sentito molta rabbia. È un attacco a una festa che hanno sempre cercato di screditare». Questi mostri sono «i fascisti automatici» che ci governano nella ricostruzione di Anna che si definisce una ragazza «in autoformazione». Poi aggiunge, rispetto alla svogliatezza della scuola: «Mi sono formata per conto mio, attraverso i giornali, la tv, Annozero, Ballarò. Ho frequentato un collettivo studentesco, ho partecipato alla sensibilizzazione per i referendum. Ai temi della Resistenza ci sono arrivata attraverso il collettivo e frequentando il circolo di lettura della libreria Viale dei ciliegi, dove abbiamo organizzato una gita a Marzabotto, in collaborazione con l’Anpi di Rimini». ...
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