La crisi politica che stiamo attraversando ha origini insolite, ma facilmente riconoscibili. Non si tratta, come qualcuno vorrebbe far credere, di un impazzimento dovuto a promesse non mantenute, a diverse concezioni della giustizia, a incomprensioni tra Nord e Sud, tra Lega e componenti nazionalistiche della maggioranza, alla prepotenza di Tremonti, alla insofferenza del mondo della scuola per le riforme della Gelmini, alle malintese prospettive federaliste, insomma a ragioni ideali, economiche, culturali, improvvisamente affiorate all’interno di una maggioranza fino a ieri relativamente coesa, e lungamente collaudata, ma di una crisi sessuale. Berlusconi ha introdotto una variante al celebre precetto andreottiano: «Meglio comandare che fottere».
Per lui è (o appare), vista la serenità dei suoi comportamenti), «meglio fottere che comandare ». E infatti la politica non c’è più. Stiamo assistendo agli effetti imprevedibili e catastrofici di opposte concezioni della vita amorosa non tra cattolici e libertini, non fra tradizionalisti e figli disinibiti della rivoluzione sessuale, tra vecchi e giovani, ma, all’interno di quello che fu lo stesso partito, tra Fini e Berlusconi. Questo è evidente a tutti. E, dopo più di quindici anni di più o meno tranquilla convivenza sono maturate opposte e incompatibili concezioni della vita sessuale. Tutto è tranquillo finché ci sono, benché in seconde nozze, due mogli. Poi, più o meno nello stesso tempo, Fini abbandona la moglie Daniela (o ne è abbandonato) e si avvia verso la Tulliani; e Berlusconi viene abbandonato clamorosamente da Veronica....
continua IL GIORNALE
Vittorio Sgarbi