*from GUMWRITERS
O' capitano! Mio capitano!
novembre 25th, 2010
Se Walt Whitman non avesse dedicato questa poesia a Lincoln, probabilmente avrebbe atteso per più di un secolo l’arrivo di Canetto: perché se c’è qualcuno a cui rivolgersi in questo modo, quello è Canetto, che il titolo di capitano lo merita davvero.
Il poeta futurista sta tra Sai Baba, Allevi e il venditore di indulgenze: un santone dedito all’ottimismo, deciso a farti arrivare il suo messaggio di “forza e coraggio!” – a costo di bucarti la fronte – con gli atteggiamenti tipici del genio, a volte incompreso ma, proprio per questo, amato. Del venditore di indulgenze ha il cervello fino, ti fa arrivare alla sua verità per vie traverse, ti fa sentire colpevole della tua immobilità e pagheresti, non solo la cena-presentazione – soldi ben spesi! – ma pure vitto e alloggio, a lui, per portartelo a casa.
Il mondo visto con gli occhi di Canetto è un contorsionismo artistico di dimensioni bibliche. Se fino a ieri pensavo che l’unico moto perpetuo fosse quello a “gatto imburrato”, mi sono dovuta ricredere: la forza centrifuga canettiana è una spirale di traboccante ingegno, così vorticosa che, se Canetto fosse un ventriloquo, riuscirebbe a palarti con la bocca e pure con la pancia. In contemporanea.
Canetto ha una mente così complessa che rischia di mangiarsi le parole – e anche il pubblico – per dirti tutto quello che ha ideato in quel momento. Purtroppo la forza umana non può tanto, gli intervenuti alla serata lo sanno, loro Canetto lo seguono da sempre, perché lui è il mantra che tiene tutti a galla: via dalla mortifera cultura ingessata, lontani dalla seriosità dei poeti intimisti.
Canetto è una bestia da palcoscenico, un mostro da oltre trecento serate negli ultimi quattro anni, uno che la gente la deve avere davanti per vessarla – sempre sorridente e dalle sonorità degne del Teatro Comunale – perché la gente, quando tace, o è morta o non ha niente da dire. Entrambe le cose risultano insopportabili ad Alberto Canetto, l’uomo che ha fatto sua la bandiera dello stupire e del corrodere. Canetto ti sbrana, strabuzzando gli occhi come chi è posseduto: Alberto Canetto è posseduto da se stesso, perché essere lui è essere un sacco di cose, e non credo sia una faccenda semplice.
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