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Matteo Renzi e i Leccalecca...

Matteo Renzi è intelligente. No, è furbo. No, è un politico di razza. No, è una meteora. No, ha la stoffa del leader. Gli elogi sono come le ciligie: uno tira l'altro. Se poi il destinatario dei medesimi è un tipetto che nel giro di pochi mesi ha vinto le primarie del Pd; ha sgambettato Enrico Letta, unto dal signore del Quirinale; si è impadronito di Palazzo Chigi e, tanto per gradire, ha stracciato gli avversari alle elezioni europee, stabilendo il primato dei consensi (40 e rotti per cento) ottenuti dalla sinistra italiana, è fatale che venga proposto per una prematura beatificazione.
Anzi, diciamo pure che l'ex sindaco di Firenze è già stato issato sugli altari.
I compagni, anche quelli che lo detestavano perché aveva rubato loro il cono di luce, si sono rassegnati: non lo considerano più un parvenu, ma una star degna di brillare nel firmamento della politica. Forse non lo amano ancora. Probabilmente lo invidiano. Ma lo considerano meritevole di guidare il Paese oltre che la compagine progressista. Fino a una settimana fa, Renzi era un outsider, un intruso mal tollerato nel Pd. Dopo la sua affermazione alle urne, nessuno osa metterne in dubbio la leadership. Dentro e fuori il partito erede del Pci lo guardano con ammirazione, con la stessa devozione con cui i democristiani negli anni Cinquanta si inginocchiavano davanti alla Madonna pellegrina, cui attribuivano giustamente il prodigio di aver trascinato stabilmente la Dc al potere.
Cambiano i tempi, mutano le divinità, ma i fedeli si comportano sempre allo stesso modo: biascicano preghiere, implorano, aspettano miracoli, posti, cariche, prebende. In attesa di essere beneficiati, i devoti - autentici o fittizi - sono impegnati nella difficile arte di leccare, nella quale si distinguono, per naturale propensione ad aspergere saliva, i giornalisti sia della carta stampata sia della radio nonché della televisione. Assistiamo quotidianamente a gare a chi umetta di più le terga del Fenomeno fiorentino. Una massa sempre più fitta di adulatori s'ingegna per segnalarsi agli occhi attenti dell'astro nascente, confidando in una ricompensa.
Non ci scandalizziamo più di tanto, avendone in passato viste di ogni colore. Bettino Craxi aveva un codazzo di lacché (sproporzionato per eccesso ai voti del Psi) i quali non appena egli si trovò nei noti guai gli voltarono le spalle e usarono la lingua non più per lisciargli il pelo bensì per sputargli addosso.
Uno spettacolo disgustoso. Per non parlare di Giulio Andreotti che, ogni due per tre, era ospite di Domenica in dove teneva banco. Gli intervistatori si sdraiavano a tappetino ai suoi piedi, gli porgevano domande studiate apposta per compiacerlo, lui rispondeva con battutine e innocue freddure che scatenavano l'ilarità e gli applausi del pubblico. Il successo rende simpatici così come la sfiga rende antipatici. Infatti, non appena il pluripremier e pluriministro fu scaraventato giù dal piedistallo a opera della magistratura, e costretto a trascorrere l'ultimo scampolo di vita in tribunale per difendersi da accuse assurde (da cui uscì indenne dopo lustri di tribolazioni), gli ammiratori di una volta si trasformarono disinvoltamente in detrattori.

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