Una questione a lungo affrontata dagli studiosi è stata (ed è ancora) quella relativa alla filosofia nel mondo arabo-islamico. E cioè se sia più opportuno chiamare la filosofia sorta in quel mondo filosofia araba o filosofia islamica. Spesso, in verità, si parla di Arabi e intendiamo i Musulmani, senza renderci conto che esistono anche Musulmani non arabi. Così come tra i filosofi arabi dell'Islam la maggioranza non fu (e non è ancora) etnicamente o geograficamente araba. D'altronde ci sono pensatori non meno importanti, arabi, o che hanno scritto in arabo, ma non musulmani, bensì ebrei o cristiani: la loro storia non tocca che in via marginale la questione di cui si parla. Filosofia islamica, dunque? Forse. Per altro verso, tuttavia, occorre tener conto che l'ambiguità citata non nasce solo dalla frettolosa identificazione dell'Islam con l'elemento arabo. E' anche vero, parimenti, che per l'Islam l'arabo è ben più della lingua parlata dai Musulmani che vivono in determinati paesi: la lingua araba è soprattutto quella in cui è stato rivelato il Corano. E dal momento che per i Musulmani il Corano è proprio la parola di Dio trasferita in libro, viene di conseguenza che l'arabo diventa il principale veicolo di trasmissione del verbo divino oltre ad essere il primo strumento di coesione fra gli appartenenti della stessa fede. Un simbolo di identificazione e di appartenenza che travalica il dato contingente. In tale prospettiva è agevole comprendere come per alcuni parlare di "filosofia araba" significhi accentuare al massimo grado proprio la dimensione musulmana di quella filosofia. Anche a voler prescindere dalla fede, inoltre, non va dimenticato che con l'Islam, nato e sviluppato tra gli Arabi come religione, è anche sorta una cultura nuova, quella appunto dei Musulmani, di tutti i Musulmani. Perciò può venire naturale ricondurre gli Arabi alla prima paternità anche della filosofia. In effetti, dell'età pre-islamica ci sono pervenuti, a parte le reliquie epigrafiche, soltanto brani di poesia: ed è quindi la poesia la nostra fonte esclusiva per la conoscenza della vita sociale, materiale e spirituale degli Arabi pre-islamici. Intorno al Libro sacro dell'Islam fiorirono invece le nuove scienze tipicamente islamiche della lettura (qira^'ah), dell'esegesi (tafsi^r) e del diritto (fiqh); e da queste, come si vedrà, ebbe la sua prima origine la filosofia. Inversamente non bisogna sottovalutare il ruolo svolto dalla lingua persiana nella cultura islamica e perciò anche della filosofa, e questo fino ad oggi. D'altra parte, il problema della più opportuna denominazione della filosofia nata nell'Islam si radica nella stessa evoluzione storica dei primi secoli dell'impero arabo, e di quella religione che ne costituì prima il potente motore propulsivo e poi l'insostituibile tessuto connettivo. Non è un caso, infatti, che una filosofia "autonoma" comincia a svilupparsi nell'Islam non prima del IX secolo, quando cioè esso ha politicamente raggiunto ormai da tempo il suo apogeo, sotto l'egemonia più culturale che nazionalistica degli Abbasidi, che si manifestava attraverso un multiforme modello pluralistico, terreno fertile per la filosofia.
Casalino Pierluigi, 7.06.2014