* Estense com Michele Fabbri e Daniele Oppo
Due anni fa – il 29 maggio 2012 -, la seconda scossa del terremoto: quella che provocò il maggior numero di vittime. Pochi giorni dopo, l'8 giugno, in una improvvisa conferenza stampa, l'allora premier Mario Monti lanciò l'allarme (nel bel mezzo di un consiglio dei ministri) riprendendo un rapporto della Commissione grandi rischi (Cgr) che recitava "Nel caso di una ripresa dell'attività sismica nell'area già interessata dalla sequenza in corso, è significativa la probabilità che si attivi il segmento compreso tra Finale Emilia e Ferrara con eventi paragonabili ai maggiori eventi registrati nella sequenza".
Si dichiarava esplicitamente la possibilità che il "terzo segmento" della faglia – quello che passa sotto Ferrara (a differenza dei due implicati nei sismi del 20 e del 21 situati più a ovest)- scaricasse in un terremoto l'energia accumulata ("si attivi il segmento"). Quell'allarme, lanciato ai più alti livelli della protezione civile e del governo non è più stato ripreso né smentito, ed è caduto in un limbo comunicativo dove non si capisce ancora oggi, a due anni di distanza, se sia ancora valido o meno, dato che non è mai stato ufficialmente ritrattato.
"Tutti ricordiamo – ha dichiarato al nostro giornale Enzo Boschi, per anni presidente dell'Ingv e uno dei massimi esperti di sismologia- che l'allora presidente del Consiglio Mario Monti previde una forte scossa proprio a Ferrara: quella che passò alla storia come l'attivazione del "terzo segmento". Qualcuno l'avrà consigliato a decidere un allarme simile, ci saranno ragioni serie per pensare ad una simile drammatica evenienza, e allora, per il principio di precauzione, non è meglio abbandonare progetti dei quali non sono noti i possibili esiti? – si chiede Boschi – O al Presidente Monti hanno fatto uno scherzo?"
L'affermazione di Boschi va dritta al bersaglio di due problemi di importanza centrale per la sicurezza della nostra città, problemi su cui si preferisce ancora oggi tacere.
La prima questione riguardo il grado di allarme che deve essere percepito dai cittadini e tenuto come punto di riferimento dalle autorità rispetto al terremoto prossimo venturo che interesserà direttamente la città. Poiché, secondo le parole di Boschi, "i massimi vertici (ufficiali) della sismologia italiana che non hanno mai smentito l'allarme!.. La gente deve essere informata per prendere le giuste decisioni". L'allarme di due anni fa scatenò le ire di qualche sindaco (quello di Finale Emilia minacciò denuncia per procurato allarme) e le rassicurazioni del nostro, che decise "di andare in ufficio". Allora furono reazioni comprensibili (e fortunate). Ma oggi, a mente fredda, in "tempo di pace", con i dati disponibili, che ci dicono le autorità? Come risponde alla domanda di Boschi (che è la nostra): non si deve più tener conto di quell'allarme? ("hanno fatto uno scherzo a Monti?").
La seconda questione riguarda la geotermia di Casaglia e la sua possibile connessione con i terremoti. La questione è esplosa in tutta la sua ineludibile attualità con la pubblicazione del rapporto Ichese, tenuto segreto in un primo tempo dalla Regione. Il rapporto Ichese non esclude la possibilità che la sequenza sismica di due anni fa sia collegata con le attività di estrazione nel campo di Cavone. Una correlazione (criticata dallo stesso Boschi) puramente statistica, che ha assunto però un peso talmente importante che la conseguenza è stata la totale (momentanea) sospensione dei futuri permessi di ricerca e delle attività non ancora approvate nel sottosuolo di tutta la regione.
E proprio qui si appunta l'attenzione di Boschi: "Non è accettabile che in una zona si sia estremamente cauti e in un'altra tutto sia semplice – afferma l'ex presidente Ingv in un commento a un articolo di Estense.com – Appare subito il sospetto che qualcuno guadagni nella seconda e non nella prima. O che addirittura si ostacolino iniziative dalle quali si è esclusi. L'impressione che le decisioni seguano un percorso un po' nascosto credo che sia giusta". "Quindi – continua – motivi di preoccupazione ce ne sono anche per Casaglia".
Allora ci chiediamo: dormiamo tranquilli, fidandoci di chi afferma che l'impianto di Casaglia non desta troppa preoccupazione per via delle pressioni sostanzialmente costanti di estrazione e reiniezione dei fluidi da e nel sottosuolo? Oppure, come dice Boschi, bisogna capire come mai, in presenza di un allarme su un sisma nel ferrarese mai ritirato, la commissione Ichese non è stata chiamata a valutare in maniera approfondita tutti gli eventuali pericoli presenti? È lecito escludere, con le conoscenze disponibili, che l'impianto di Casaglia possa esercitare quella minima pressione sul grilletto-attiva sisma (trigger) in una faglia ancora 'carica come una molla'? E ancora, perché impedire perfino i permessi di ricerca per l'ampliamento della stessa geotermia – con il progetto della centrale di Malborghetto completamente bloccato come recentemente ha confermato l'assessore regionale alla protezione civile Paola Gazzolo – proprio per capire meglio i suoi eventuali collegamenti con le scosse telluriche e non avere alcun rilievo da fare per un impianto già esistente e funzionante da decenni?
Chi decide se applicare o meno il principio di precauzione anche a Casaglia? A questo punto c'è la responsabilità delle scelte. Da comunicare esplicitamente ai cittadini.