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Intervista a Giovanni Sessa

Roberto Guerra futurista

INTERVISTA  Giovanni  Sessa

 

 D- Destra e sinistra, categorie estinte... od ancora operanti?


R-  A fianco delle indagini politologiche e sociologiche, che ormai inquadrano sostanzialmente le categorie “destra-centro-sinistra” in un orizzonte storico, ancora operante ma sempre più sfilacciato, la risposta immediata, al fine comune, è che volerle superare non significa sempre poterlo fare, anche con le migliori intenzioni.  Nel nostro caso però siamo soccorsi, non solo dal presente o dal futuro come spesso si spera o crede ma proprio dal nostro passato che ha verificato seri tentativi - e concrete realizzazioni - in tal senso.  Ciò spiritualmente ci rende più consapevoli e sereni e non ci toglie ma ci aumenta, invece, forze, indirizzate alla costruzione del nuovo.  In qualità di intellettuali responsabilmente interessati alle vicende civili, possiamo dire che una chiave di volta (e di svolta) fra due sistemi di valori è la dimensione partecipativa, che non agisce solo a livello pragmatico ed operativo ma a livello spirituale ed interpersonale.  Ci indica la strada maestra ove c’è la riappropriazione dell’indipendenza, della comunità e del destino.  Per le “nuove sintesi”che prima o poi si andranno a consolidare privilegeremo scelte molto essenziali e superiori a tutto nel discriminare e sceverare, non dimentiche dei propri passati ma riassorbendoli nei propri futuri.  Queste “nuove sintesi”, a noi però interessano solo in una precisa direzione, ove l’orizzonte spirituale, la sensibilità partecipativa, il rispetto destinale, l’autonomia del popolo, la libertà della e nella ricerca, la scelta per un progetto vitale ed unitario di noi europei, siano chiari e primari.  Tutti cianciano su tutto ma pochi si accorgono che siamo ancora e sempre spaventosamente burattinati dai poteri forti del capitalismo finanziarista, irresponsabile ed apatride.  Siamo poi perfettamente consapevoli che ognuna delle nostre pulsioni e visioni contro tale moloch possono essere virate a ben diversi ambiti e scenari, forse tragici e quindi probabilmente troppo pesanti in termini umani, soprattutto per i nostri figli e nipoti, ma noi cercheremo di tenere forza ed equilibrio assieme.

 

D- L'Europa nel XXI secolo: crepuscolo annunciato o una nuova modernità possibile?

R- Noi ci portiamo la nostra modernità dal tempo indefinibile ed altrimenti insondabile in cui le ipotesi cosmogoniche erano già perfettamente assicurate ad una logica di alto e sidereo riferimento… basta leggere De Santillana, per capirlo… Il nostro pròblema deve sganciarsi dal letteralismo comunque declinato, a cui si oppongono ormai tanti e diversi spiriti, ed accedere alla ragione interna, priva di etichettature e di chiusure settarie.  Futuro, passato, presente possiamo viverli congiuntamente e produttivamente - per quanto ci spetta e ci è permesso - in un continuum, o, disgiuntivamente in una voragine… questo ovviamente non ci sottrae al flusso magmatico, al vortex del divenire… Ma noi privilegiamo la metafora del vertice…

 

D- La casta culturale in Italia? Leggenda o Realtà

R- Le caste sono in Occidente la concrezione di una società bloccata ed sostanzialmente afasica che ciancia di tutto ma non parla dell’unico vero grande problema: l’espropriazione della libertà operata costantemente e progressivamente da questo tipo di capitalismo.  Ci si può opporre, se si ha l’umiltà ed il coraggio di porsi nuovi e chiari scenari epocali e credibili prospettive spirituali e geostrategiche. 

 

D- Quali gli input per un postmoderno forte in Italia?

R- La saggezza ci direbbe d’attendere l’ulteriore scivolamento ciclico ma poi interviene la responsabilità di ognuno ed il legittimo desiderio di riscatto: la saggezza a volte deve essere superata dalla follia del cuore.  A parte le disposizioni innate, quindi, a parte i sempre auspicabili rivolgimenti del cuore, si deve cercare di fare MCD dove vige solo un mcm.  Senza illusioni ma anche senza sconti.  Il tentativo serio che stiamo operando in questi mesi, di creare un libro-manifesto per una “Nuova oggettività, partecipazione al destino del popolo”, ed un movimento di pensiero conseguente, va nella direzione di cui sopra accennavamo, cioè nella direzione di una  scelta olista, comunitarista, partecipativa, differenzialista, anticapitalista ed antiglobalista, nella convinzione che sia improcrastinabile ricercare l’esistente vero nel rispetto altrettanto vero del nostro passato.  Non crediamo che tali scelte possano oggi reputarsi minimali, ma anzi massimali, perché individuano le vere afflizioni ed i veri rimedi, e quindi possono saggiamente e nobilmente mettere in secondo piano differenze di etichettature (differenze letteraliste) e far venire in primo piano desiderio di unità e di ripresa.  Operiamo per una chiamata di responsabilità che si struttura sostanzialmente nella convivenza di differenze accettate e non rimosse o mistificate. Sostanzialmente tre correnti di pensiero: la classica o deista (alla Pound… per intenderci, ma ove gli archetipi sono plurimi e quasi imperscrutabili, anche per la dimensione sostanzialmente cosmogonica ed olista), la Sequela evangelica, nel suo infinito ed accogliente scenario di dignificazione e perfezione divina ed umana, l’avventura prometeica e postmodernista che è quindi atemporale e futurista assieme.  Il tutto fuori da ogni dogmatismo fideista.  Ora queste tre dimensioni, del tutto sommariamente accennate, possono e devono poter ancora e sempre convivere in una tensione realizzativa, finalmente portata ad evidenza e quindi non sottaciuta o reciprocamente mistificata, come è avvenuto troppo spesso - con esiti nefasti - negli ultimi decenni, e questo per poter controbattere efficacemente le potenze scatenate dell’utilità rapace e dello sfruttamento umano.  Senza illusioni ma con quella sorta di “pragmatismo trascendentale” che altri, Grandi, hanno già realizzato.

 

Giovanni Sessa

Portavoce per il Manifesto:

“Per una nuova oggettività. Partecipazione al destino del popolo

 

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