Pierfranco Bruni
Oggi cade il centenario della
nascita dello scrittore Giuseppe Berto. Era nato a Mogliano Veneto, appunto, il 27
dicembre del 1914. Ha
scritto libri che restano e che faranno la storia di una letteratura che ha
senso. Anzi. Di una letteratura che segna la civiltà delle culture europee. Di quella
civiltà letteraria che non passa attraverso le antologie scolastiche nel
piattume ideologico di un dilagante conformismo che educa a non pensare.
Io, ormai invecchiato, ho
attraversato le epoche delle antologie dei Salinari e Ricci sino ai Petronio e
sino alle inqualificabili imposte ai miei figli e alla generazione dei miei
figli di quando frequentavano l’Istituto superiore, ovvero Istituti tra il
classico e lo scientifico. Sono altri tempi che svaniscono ma non si perdono.
Ebbene, Berto non esiste in questi testi, eppure è della generazione della
Grande Guerra che ha partecipato dalle Guerre d’Africa sino alla macelleria
messicana di Piazzale Loreto. Comunque!
Pochi lo hanno ricordato, molti hanno cercato di dimenticarlo.
Non celebrare Giuseppe Berto
nella scuola, nei luoghi della cultura, nella dialettica culturale, tranne in
rarissimi casi, è soprattutto non conoscenza, mancanza di idee e di liberta, di
didattiche comparate. La scuola italiana ha ignorato il centenario dell'autore
de "Il male oscuro".
È Scandaloso che uno
scrittore che ha segnato generazioni e passaggi epocali resistendo alla
“resistenza” rossa e a Moravia, Pasolini, e agli Asor Rosa venga ignorato: tranne in alcune realtà coraggiose e che hanno
saputo comprendere il senso di una letteratura forte.
La scuola italiana, e non
solo, tranne in casi coraggiosi e fortemente culturalizzati, ha dimenticato il
centenario di uno dei maggiori scrittori del Novecento letterario. Una visione
letteraria dimezzata in una scuola che ignora i veri scrittori contemporanei. Certo,
è una questione anche ideologica. Ma soprattutto di coraggio e di estetica. Si
fa studiare Italo Calvino, Pasolini, Montale e si ignorano Papini, Berto,
Malaparte e di Pavese si legge male e si propone in modo strabico la sua
visione sia letteraria che strettamente culturale.
Più ideologia di questa dove
trovarla? Come la questione Gentile. Ci siamo quasi tutti formati sulla Riforma
scolastica Gentile, ed è e resta uno dei maggiori filosofi (cattolici) del
Novecento, ma nessuno si è ricordato che è stato ucciso settant’anni fa.
Pochi coloro che hanno
celebrato Berto, eppure “Anonimo Veneziano” è uno dei fil più visti,
pluripremiato, degli anni Settanta. Pochi che hanno segnato un tracciato nel
ricordarlo.
La Calabria con un Comitato sulle Celebrazioni dedicate a Berto da
me presieduto, per volontà della Regione Calabria, il Liceo Giuseppe Berto di Vibo Valentia con
Dirigente e gruppo docenti attrezzati culturalmente e pronti ad un confronto
intellettuale a tutto tondo con le culture, il Comitato Veneto bertiano
presieduto da Cesare De Michelis di Venezia, il Liceo di Mogliano Veneto che ha
riscoperto testi fondamentali del Novecento che resta, e il Sindacato Libero
Scrittori Italiani con il quale ho pubblicato “Berto. La necessità di
raccontare”: questi hanno dato un progetto e un segnale preciso alla cultura
italiana, militante, accademica e scolastica. Un segnale ma anche una lezione
di libertà e di confronto tra culture. Mentre si ripubblicano le sue opere.
Un centenario, dunque, attraversando il Novecento letterario: da Berto a Cesare Pavese, da Silone a Elio Vittorini, da Carlo Levi a Corrado Alvaro. È su queste coordinate che si svilupperà una discussione che fissa alcune linee intorno a un Novecento letterario da rileggere e i cui scrittori sono da "riposizionare".
Un centenario, dunque, attraversando il Novecento letterario: da Berto a Cesare Pavese, da Silone a Elio Vittorini, da Carlo Levi a Corrado Alvaro. È su queste coordinate che si svilupperà una discussione che fissa alcune linee intorno a un Novecento letterario da rileggere e i cui scrittori sono da "riposizionare".
Le celebrazioni sul
centenario della nascita di Berto pongono al centro un Novecento contemporaneo
oltre al singolo scrittore stesso. Berto non è un pretesto per riparlare del
Novecento letterario, ma può essere un pretesto per aprire una vera e propria
verifica su una letteratura italiana che si apre a ventaglio su romanzi,
poesia, scrittori e poeti oltre ad una filosofia della letteratura stessa. La
cultura italiana, tra scuola di ogni ordine e accademie, hanno perduto un
attraversamento importante per leggere, o rileggere, una civiltà delle lettere.
Ho citato una parola
importante. Estetica. Già, in Berto l’estetica è fondamentale. La letteratura
ha il compito di proporre scavi di estetica e non nidi incrociati, o moraviane
immagini filtrate dal buco di una serratura o immagini che costituiscono 120
giornate sodomatizzate o un linguaggio bloccato nei “cioè” o “cose, cose…”.
Sono pudico. In modo benedetto. Ma la letteratura è tutto ciò che ti possa
offrire bellezza. Ebbene, Giuseppe Berto, scrittore delle bellezza, celebrandolo,
avrebbe spazzato tutte le bruttezze linguistiche e l’immaginario di una non
scrittura che è deriva.