Padania *VIDEO
Cronaca di un agguato annunciato. Tutti sapevano quello che sarebbe accaduto ieri a Bologna e non hanno fatto nulla per evitarlo. E anche chi non lo immaginava se n'è accorto quando mancava più di mezz'ora alle 11, l'orario indicato da Salvini per la sua visita al campo nomadi di via Erbosa.
Erano infatti da poco passate le 10.30 quando un gruppo di militanti del Carroccio è stato circondato da alcuni giovani dei centri sociali. I "pacifici" esponenti di sinistra hanno accerchiato i leghisti e strappato i manifesti che stavano esponendo per chiedere la raccolta firme a favore della chiusura del campo. Vano il tentativo dei militanti di spiegare che la democrazia ammette visioni differenti di uno stesso problema. I centri sociali di visione ne hanno una sola e spesso nemmeno univoca. Si è reso così necessario l'intervento delle forze dell'ordine, che hanno accompagnato i militanti della Lega dietro al cordone degli agenti in assetto antisommossa. Con buona pace della democrazia.
Dieci minuti dopo, mentre una cinquantina di manifestanti dei centri sociali (fra loro anche Massimo Betti dell'Usb e l'ex Prc Tiziano Loreti) continuavano a suonare i tamburi, nel centro del mirino è finito Umberto Bosco, candidato del Carroccio alle elezioni regionali. «Fascista, vattene, stai zitto» hanno intonato i contestatori, esponendo striscioni che a differenza di quanto hanno fatto loro, nessuno ha strappato. «L'integrazione dei campi è un fallimento» ha detto Bosco, sommerso dai fischi al grido di «questa è una città antifascista».
Intanto Marcello Zuinisi, rappresentante di Nazione rom, accendeva gli animi: «Due giorni fa abbiamo denunciato Matteo Renzi, Alan Fabbri e il sindaco di Borgaro Torinese Claudio Gambino, perché la discriminazione nei nostri confronti deve finire». La Lega Nord, ha aggiunto, «deve essere fermata perché la propaganda razzista è reato», ma anche il premier, perché «come responsabile dell'Ufficio nazionale anti discriminazione non sta facendo nulla per fermare i leghisti». Zuinisi ha quindi denunciato «l'anomalia tutta italiana dei campi nomadi, veri e propri lager nazisti», invitando Salvini a «colonizzare un altro pianeta, perché qui il razzismo non è ammesso».
Pochi minuti dopo l'auto di Matteo Salvini, che si era fermata a poche centinaia di metri dal campo rom dal momento che l'ingresso era presidiato da una cinquantina di ragazzi dei centri sociali guardati a vista dalle forze dell'ordine, veniva assediata. Il Segretario della Lega si era fermato insieme al sindaco Fabbri e alla consigliera comunale Lucia Borgonzoni in un parcheggio in via dell'Arcoveggio. Qui è stato raggiunto da alcuni contestatori, che hanno iniziato a scandire slogan contro di lui. A questo punto Salvini è salito sulla sua auto, sempre accompagnato da Fabbri e Borgonzoni, ma alcuni ragazzi gli hanno sbarrato la strada, sono saliti sul cofano, si sono slacciati le cinture facendole roteare in aria, mentre altri brandivano oggetti contundenti.
L'auto è dovuta ripartire facendosi largo fra i contestatori, che l'hanno inseguita. Solo dopo che il parabrezza e il lunotto posteriore dell'auto erano stati distrutti da sassi, calci e mazze, i manifestanti hanno affermato che l'autista ha tentato di investirli di proposito.
«Sassate sulla macchina, calci, pugni e sputi. Se questa è la Bologna "democratica e accogliente", dobbiamo liberarla» ha commentato su Facebook Salvini, postando le foto dell'auto danneggiata. Nel frattempo, i "pacifici" manifestanti dei centri sociali rigiravano la frittata, sostenendo di essersi difesi da un tentato omicidio. Come se bloccare il passaggio a un'auto, salire in piedi sul cofano, prenderla a calci, far roteare cinture, scagliare mazze e pietre minacciando di morte chi è seduto all'interno, fossero gesti normali. E meno male che Alfano aveva assicurato «il diritto di esprimersi» e l'inflessibilità contro «chi minaccia la libertà e la sicurezza dei cittadini».
Sassi, calci, minacce: così la democratica Bologna accoglie Salvini
Agguato annunciato contro l'auto del Segretario federale, arrivato per visitare il campo nomadi di via Erbosa
Cronaca di un agguato annunciato. Tutti sapevano quello che sarebbe accaduto ieri a Bologna e non hanno fatto nulla per evitarlo. E anche chi non lo immaginava se n'è accorto quando mancava più di mezz'ora alle 11, l'orario indicato da Salvini per la sua visita al campo nomadi di via Erbosa.
Erano infatti da poco passate le 10.30 quando un gruppo di militanti del Carroccio è stato circondato da alcuni giovani dei centri sociali. I "pacifici" esponenti di sinistra hanno accerchiato i leghisti e strappato i manifesti che stavano esponendo per chiedere la raccolta firme a favore della chiusura del campo. Vano il tentativo dei militanti di spiegare che la democrazia ammette visioni differenti di uno stesso problema. I centri sociali di visione ne hanno una sola e spesso nemmeno univoca. Si è reso così necessario l'intervento delle forze dell'ordine, che hanno accompagnato i militanti della Lega dietro al cordone degli agenti in assetto antisommossa. Con buona pace della democrazia.
Dieci minuti dopo, mentre una cinquantina di manifestanti dei centri sociali (fra loro anche Massimo Betti dell'Usb e l'ex Prc Tiziano Loreti) continuavano a suonare i tamburi, nel centro del mirino è finito Umberto Bosco, candidato del Carroccio alle elezioni regionali. «Fascista, vattene, stai zitto» hanno intonato i contestatori, esponendo striscioni che a differenza di quanto hanno fatto loro, nessuno ha strappato. «L'integrazione dei campi è un fallimento» ha detto Bosco, sommerso dai fischi al grido di «questa è una città antifascista».
Intanto Marcello Zuinisi, rappresentante di Nazione rom, accendeva gli animi: «Due giorni fa abbiamo denunciato Matteo Renzi, Alan Fabbri e il sindaco di Borgaro Torinese Claudio Gambino, perché la discriminazione nei nostri confronti deve finire». La Lega Nord, ha aggiunto, «deve essere fermata perché la propaganda razzista è reato», ma anche il premier, perché «come responsabile dell'Ufficio nazionale anti discriminazione non sta facendo nulla per fermare i leghisti». Zuinisi ha quindi denunciato «l'anomalia tutta italiana dei campi nomadi, veri e propri lager nazisti», invitando Salvini a «colonizzare un altro pianeta, perché qui il razzismo non è ammesso».
Pochi minuti dopo l'auto di Matteo Salvini, che si era fermata a poche centinaia di metri dal campo rom dal momento che l'ingresso era presidiato da una cinquantina di ragazzi dei centri sociali guardati a vista dalle forze dell'ordine, veniva assediata. Il Segretario della Lega si era fermato insieme al sindaco Fabbri e alla consigliera comunale Lucia Borgonzoni in un parcheggio in via dell'Arcoveggio. Qui è stato raggiunto da alcuni contestatori, che hanno iniziato a scandire slogan contro di lui. A questo punto Salvini è salito sulla sua auto, sempre accompagnato da Fabbri e Borgonzoni, ma alcuni ragazzi gli hanno sbarrato la strada, sono saliti sul cofano, si sono slacciati le cinture facendole roteare in aria, mentre altri brandivano oggetti contundenti.
L'auto è dovuta ripartire facendosi largo fra i contestatori, che l'hanno inseguita. Solo dopo che il parabrezza e il lunotto posteriore dell'auto erano stati distrutti da sassi, calci e mazze, i manifestanti hanno affermato che l'autista ha tentato di investirli di proposito.
«Sassate sulla macchina, calci, pugni e sputi. Se questa è la Bologna "democratica e accogliente", dobbiamo liberarla» ha commentato su Facebook Salvini, postando le foto dell'auto danneggiata. Nel frattempo, i "pacifici" manifestanti dei centri sociali rigiravano la frittata, sostenendo di essersi difesi da un tentato omicidio. Come se bloccare il passaggio a un'auto, salire in piedi sul cofano, prenderla a calci, far roteare cinture, scagliare mazze e pietre minacciando di morte chi è seduto all'interno, fossero gesti normali. E meno male che Alfano aveva assicurato «il diritto di esprimersi» e l'inflessibilità contro «chi minaccia la libertà e la sicurezza dei cittadini».