Marco Vaccari
Scrutando l’animo
In copertina, Maurits Cornelis Escher, Ritratto del padre
Este Edition, Ferrara 2012, pp. 80, € 10,00
Dopo una prima sortita con tre libri di narrativa (La realtà sospesa, 2001; Gente con la luna storta, 2003; La normalità è un’opinione, 2006 – tutte Este Edition), ecco che Marco Vaccari vuole cambiare improvvisamente tipologia, dedicandosi alla poesia, pubblicando, nel 2008, Equilibrismi. Cinquanta poesie in bilico (ancora Este Edition) e, quindi, quest’ultima silloge che, dal titolo, sembra avere ed, in definitiva, ha un’aria psicoterapeutica.
È, per ordine logico, il titolo il primo motivo di analisi. E dicendo ‘analisi’ già viene in mente proprio il nucleo del significato che il titolo esprime: quel senso di profonda escavazione psicologica che un buono psicologo o psichiatra si propone d’individuare nel tentativo di dare una risposta al comportamento del singolo, superando eventuali parossismi psichici che, del singolo, ne turbano l’esistenza quotidiana. Nel caso, però, di Marco Vaccari sembra chiaro che l’‘analisi’esprima una ricerca meramente estetica.
Sempre per ordine d’avvicendamento, nella primissima pagina v’è l’ambigua terzina-esergo che, con impostazione dedicatoria, sorta d’oracolo della famosa sfinge di Edipo, introduce al contesto poetico: «Alla mia àncora, / in questo mare / agitato». C’è da chiedersi allora: quale sarà mai questa sua "àncora"? Che si tratti, visto l’enunciato del titolo, del suo Io!? O, volendo spingere il fruitore in un percorso ancora più irreale, ma in ogni caso fondante, che sia invece l’Anima il punto di convergenza!? Oppure, ancora, siccome vi sono versi dedicati alla madre, che non sia esattamente lei la vera àncora di salvezza! Le risposte più probabili sembrano essere le prime due. Di più la prima ed appena un poco meno la seconda sono in perfetta sintonia con il sottilissimo refe che regge il titolo dell’opera rispetto all’unità dei versi.
Una volta cercato di chiarire il suddetto, precario ponte finalistico, s’osserva che la collocazione dei componimenti sul piano delle pagine è quasi inquietante. In tutte le pagine (da pag. 6 a pag. 79, che includono, senza soluzione di continuo, le poesie) ne sono sistemate letteralmente due, nel senso che ve ne sono esattamente ed invariabilmente due. Si sottolinea cioè il fatto di come le poesie siano commisurate alla singola pagina: se la prima poesia è più breve, la seconda è più lunga, e viceversa. Nessuna composizione sfora la dimensione della pagina: la seconda poesia finisce sempre nella pagina in cui è iniziata la prima.
Per il resto, il titolo non smentisce le attese, in quanto sono proposte tante poesie (dovrebbero essere esattamente 148) che corrispondono ad altrettante tematiche interiori, abissalmente, inequivocabilmente umane. Argomentazioni che, pur partendo dalle più disparate cogenze dell’esistenza (elementi della natura ma soprattutto situazioni che mettono in concomitanza la natura e l’uomo oppure l’essere umano con lo stesso essere umano, smuovendone, tramite le emozioni, le soggettive appercezioni), si riducono all’unicum del liquido, amniotico scorrere della mente, nel doppio verso, prima, dell’assorbimento della bellezza assunta a poesia, e, poi, nella referenza critica osservata, tramite gli opportuni rilievi tecnico-stilistici, dal poeta, che ne fa un simulacro di perfezione letteraria, involucro di poiesi.
Una poesia molto armonica, spesso rimbalzante su rime alterne. La cui alternanza non è mai caratterizzata dal bilanciamento d’una corrispondenza in rima. Tante sono anche le coincidenze di rimalmezzo. Ma la nota maggiormente indicativa sta nel linguaggio, mediamente alto, forgiato, a completamento d’uno stilema di ritmi coinvolgenti, poggianti su una seriale catena di allitterazioni, di consonanze ed assonanze.
Emilio Diedo