Intervista a Stefano Vaj: Divenire 5 AI e il futuro a 360° * di Alessio Brugnoli * da QUAZ ART MAGAZINE

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Il Digitale rappresenta lo spirito dei tempi contemporanei?
Certo, e “dove il pericolo è più grande, là nasce ciò che salva” (Hölderlin). Il digitale rappresenta una grandissima potenzialità di massificazione e rimbecillimento e controllo sociale così anche come la vera chance di emancipazione e creatività che ci viene oggi offerta. Inoltre, ad esso strettamente connessa è ogni prospettiva di trasformazione postumana, e non solo per quello che riguarda la nostra possibile trasformazione in cyborgs (o almeno in fyborgs, “functional cyborgs”), ma anche per tutto ciò che concerne la rivoluzione biologica: il DNA stesso è intrinsecamente digitale, e solo attraverso elaboratori digitali siamo in grado di mapparlo o trasformarlo.

Cos’è il Transumanismo? Cosa ti ha avvicinato a tale movimento ? Perché può essere definito il futurismo contemporaneo?

Il transumanismo è al tempo stesso un punto di vista molto semplice, ed una galassia semiorganizzata di associazioni, autori, fondazioni, iniziative presenti soprattutto in Internet. Come tale, effettivamente costituisce uno dei due poli attorno cui ruota il cambio di paradigma che va sotto il nome di "rivoluzione biopolitica", l'altro essendo ovviamente quello che i transumanisti definiscono un po' spregiativamente "neoluddita" - anche se i rispettivi schieramenti sono tuttora in via di formazione, e restano in parte oscurati dalla importanza spesso predominante ancora attribuita ad appartenenze di altro tipo.

Ora, non solo credo risulti chiaro a chiunque conosca le mie idee che io mi situo decisamente nel campo transumanista, ma negli ultimi anni ho anche partecipato attivamente alla vita del transumanismo "organizzato", assumendo in particolare il ruolo di consigliere nazionale dell'Associazione Italiana Transumanisti, partecipando attivamente a forum internazionali e conferenze sull'argomento, etc.

D'altronde, il transumanismo in senso ampio, ridotto al suo “meme” centrale (per usare il concetto avanzato da Richard Dawkins in Il gene egoista con riguardo alle unità culturali fondamentali), significa semplicemente: è lecito e desiderabile utilizzare mezzi tecnoscientifici per impadronirsi del proprio destino e superare la condizione umana. In questo senso, il transumanismo rappresenta oggi al tempo stesso qualcosa di più e qualcosa di meno rispetto alle mie idee personali in materia biopolitica. Qualcosa di più, in quanto è composto da un arco di posizioni e provenienze molto variegato, che per quanto su un percorso di progressiva convergenza includono tuttora quelli che a mio avviso sono residui delle vecchie concezioni di matrice monoteista, benché per lo più in una forma radicalmente secolarizzata. Qualcosa di meno, in quanto appunto la mia visione delle sfide e delle trasformazioni radicali che incombono si inserisce in una opzione filosofica precisa, che per gran parte degli autori o delle correnti transumaniste è acquisita, anche nella migliore delle ipotesi, solo implicitamente.
Chiaramente, la mia opinione è che la versione "fondamentalista", futurista, socialista e postumanista che io propongo rappresenta in ultima analisi lo sbocco obbligato di qualsiasi transumanismo coerente. E, viceversa, che il rifiuto della decadenza, della fine della storia, dell'entropia culturale ed antropologica, in una parola della civilizzazione, che oggi vuole farsi eterna, dell'"ultimo uomo" di Nietzsche, della "tarda cultura" di Gehlen o dell'“oblio dell'essere” di Heidegger, non può che essere coniugato al futuro se non in un "nuovo inizio" di matrice transumanista. La tecnica moderna, con le sue capacità futuriste di introdurre mutazioni nel nostro ambiente e in noi stessi, è un Moloch che è stato risvegliato da duemila anni di repressione monoteista sull'inconscio europeo e di desacralizzazione del mondo, ma è anche qualcosa che è destinato a condurci o ad esiti probabilmente catrastrofici, o ad una rottura tanto radicale con il nostro passato recente quanto lo è stata la rivoluzione neolitica rispetto ai modi di vita precedenti.


Perché l’intellettuale italiano guarda il fantastico e la fantascienza con la puzza sotto al naso?

Per la verità, qualche volta fantastico e fantascienza... puzzano davvero. C'è un libro di Daniel Dinello, Technofobia!, secondo cui il messaggio fondamentale della fantascienza letteraria e cinematografica è esattamente l'antifuturismo, l’umanismo e la diffidenza per la tecnologia. Questo vale d'altronde per il “rassicurante” e “buonista” messaggio superficiale e ufficiale della maggior parte delle opere del genere (ma non di classici come Poul Anderson o Robert A. Heinlein, non di correnti contemporanee come il Connettivismo, non secondo me dello stesso cyber-punk).

In realtà, però, se si gratta appena appena la superficie del messaggio umanista della maggiorv parte della fantascienza, quasi tutti coloro che vanno a vedere Blade Runner tengono per i replicanti, e non perché vorrebbero estendere ad essi i “diritti dell'uomo”, ma perché si identificano nella figura tragica e postumana di Roy Batty, che muore lottando per superare le sue limitazioni e che, al contrario dell'umanità “naturale” che vive la sua vita brulicante, squallida ed insensata sulla terra, ha “visto cose che voi umani...”.

Ecco, credo sia questo aspetto eroico e faustiano, condiviso anche da molte opere in cui il protagonista brandisce una spada o una bacchetta magica anziché un laser, che può creare fastidio ad un intellettuale medio con sogni mediocri, e che crede il suo mestiere sia celebrare in modo pomposo e complicato rassegnazione e mediocrità.

Che rapporto esiste tra Post Moderno e Transumanismo? Il rifiuto dell’idea di morte e decadenza come motore del cambiamento della Storia e dell’Evoluzione li accomuna?

Tanto postmodernismo è esercizio accademico compiaciuto e sterile, e del peggiore (vedi la famosa burla di Sokal); e altre volte finisce per rinchiudersi in una political correctness e un moralismo ancora peggiore di quella modernisti. Ma molta cultura postmoderna si abbevera in fondo alle stesse fonti esistenzialiste, volontariste, superomiste del transumanismo, e soprattutto decostruisce magistralmente la pretesa reazionaria della cultura occidentale dominante di rappresentare una sorta di formulazione ultima di valori pretesamente universali ed eterni, un portato necessario ed insuperabile di un percorso storico provvidenziale.

Rispetto a questo, sì, almeno nella mia versione di transumanismo il rifiuto della stagnazione e della decadenza, e la coscienza del fatto che ciascun momento storico è il luogo di un possibile nuovo inizio, è davvero il motore della storia e della evoluzione. E ad esempio Jean-François Lyotard o Donna Haraway, per non citare che due “classici” della corrente, hanno ben chiaro che non stiamo parlando solo di evoluzione culturale.
Così, io faccio di tutto per favorire, anche come coanimatore con Riccardo Campa della collana Divenire. Rassegna di Studi Interdisciplinari sulla Tecnica e il Postumano, il confronto e l'incontro tra i post-umanisti con questo genere di background postmoderno e i postuman-isti di matrice più strettamente transumanista e/o futurista.....

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