Era considerato un ideologo distante Omar Calabrese, morto sabato notte davanti alla tv nella sua casa di Monteriggioni. Autore di saggi profondi e specialissimi sull'età neobarocca, sul linguaggio dell'arte e della pittura. Direttore di riviste prestigiose e molto apprezzate nella sinistra accademica (Alfabeta, Metafore, Rivista illustrata della comunicazione) alle quali collaboravano Umberto Eco, Nanni Balestrini, Maria Corti, Paolo Volponi.
Fu il primo studioso del linguaggio dei telegiornali sul quale pubblicò due saggi (Come si vede il telegiornale, 1980 e Il telegiornale: istruzioni per l'uso, 1996) divenuti manuali nelle facoltà della comunicazione. Poi tra i primi critici televisivi e tra i primi a cogliere l'importanza della comunicazione pubblicitaria. Autore di programmi per Rai e Mediaset. Ma da qualche anno la sua materia di elezione, la semiologia, non era più in voga come un tempo, quand'era consultato come maître à penser da giornali e periodici per interpretare tendenze del costume e fenomeni della comunicazione. Lentamente era scivolato ai margini del dibattito culturale. Ma all'attività di studioso, aveva sempre alternato l'impegno politico come assessore alla Cultura a Bologna e a Siena, sempre nelle liste dell'Ulivo, la cui nascita aveva in qualche modo ispirato ai tempi delle riunioni alla Certosa di Pontignano e nel Castello di Gargonza. Ma quando nel 2007 il Pd tentò la rifondazione annunciò con una durissima lettera sul Corriere che non si sarebbe iscritto perch´ lo considerava «peggio della Dc: niente laicità e tanta nomenclatura»....C
IL GIORNALE
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