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Enews 327, martedì 25 ottobre 2011
*Matteo Renzi a Italia Land 22-10
1. Cosa succede venerdì?
Ultima newsletter prima del Big Bang, l’appuntamento della Leopolda che inizierà venerdì sera e finirà domenica 30 ottobre alle 13. Apriamo le porte alle 20 (per chi vuole c'è la possibilità di mangiare un panino insieme) dalle 20.30 saremo in collegamento con La7 e alle 21 iniziamo ufficialmente.
Inizia Davide Faraone, consigliere regionale siciliano. Uno dei (tanti) più giovani di me. Uno di quelli tosti, cresciuto nell’associazionismo, contrario all’inciucio con Lombardo, per capirci. Poi si chiacchiera, si interagisce, si scrive, si sta insieme e soprattutto si propone fino a domenica alle 13. Di che si parla? Di tutto. O meglio, di molto: non discuteremo di alleanze strategiche esistenziali, di dotte riflessioni sul mondo che cambia, di ampi documenti convergenti sulle filosofie ideologiche del nostro tempo. Tutta roba che lasciamo volentieri ai professionisti. Noi siamo gente semplice, abituata alla concretezza.
Pensiamo che la politica non sia solo per gli addetti ai lavori. E quindi il palco dell’evento riprodurrà una casa, una casa normale. Perché bisogna riportare la politica tra le persone normali. Non che i politici di oggi siano speciali, intendiamoci. Ma noi vorremmo che alla Leopolda ognuno si sentisse come a casa propria. Non a caso per i bambini ci saranno degli spazi gioco e degli educatori professionali. E nelle case, secondo noi, deve tornare la politica vera, magari chiacchierando a tavola e facendo lo sforzo di ascoltarsi.
Chi va sul palco avrà cinque minuti. E chiederemo a tutti di partire da una provocazione: non sei alla Leopolda, sei a Palazzo Chigi. Hai cinque minuti, poi ti scoprono. Dicci cosa faresti concretamente. Non ci fare discorsi con antani e tapioca degni di Amici Miei. Dicci cosa proponi. Ami l’Italia, vuoi cambiarla, sei schifato da quello che sta succedendo. Bene. Dicci che cosa faresti tu. Dicci come vuoi contribuire. Basta con la cultura della delega, tu ci interessi. Non aspettare che arrivi l’uomo del destino: mettiti in gioco tu. Hai cinque minuti.
Tutti gli altri, quelli in streaming e quelli in sala, potranno interagire su Facebook (questa è la pagina) e su Twitter (l’hashtag è #Leopolda). E suggerire, contestare, proporre, apprezzare ciò che il premier pro tempore propone. Alla fine dei cinque minuti, suonerà un gong. E dalla consolle sarà forse chiesto all’oratore di rispondere a una o due domande che arrivano dalla platea.
Ci saranno tante storie da raccontare, tante proposte da valutare. Alcuni sono simboli, come Matteo Richetti che ha voluto nella sua regione (l’Emilia-Romagna, l’unica) l’abolizione dei vitalizi per i consiglieri regionali. O come Arturo Parisi che ha imposto il referendum per l’abolizione della legge elettorale (chiamata “Porcellum” da un costituzionalista) nonostante che la direzione del PD avesse votato a larghissima maggioranza per impedirgli di farlo. Risultato: più di un milione di firme. Se questi sono i risultati, da quelle parti dovrebbero votare più spesso, magari facendo attenzione a come si vota. Ma ci saranno anche imprenditori che ci rendono orgogliosi di essere italiani (come Nerio Alessandri della Technogym o Guido Ghisolfi che con la sua azienda investe ogni anno 50 milioni in ricerca e sviluppo), uomini della TV (Giorgio Gori e Antonio Campo dall’Orto), scrittori (come Alessandro Baricco e Edoardo Nesi), uomini dell’associazionismo e del volontariato (il direttore di Vita Riccardo Bonacina e il capo del CESVI Giangi Milesi), giovani professionisti dello spettacolo (come Pif o Fausto Brizzi), fino a testimoni della lotta alla criminalità (come Stefano Pisani sindaco di Pollica, successore di Angelo Vassallo o Giovanni Impastato il fratello di Peppino) e a sindaci di tutte le età e le provenienze, in un giro d’Italia dei primi cittadini che contempla anche l’ex presidente dell’Anci Sergio Chiamparino e il suo successore Graziano Delrio che partecipa naturalmente come sindaco di Reggio Emilia. Il magistrato coraggioso con l’inventore dei Gormiti, l’esperienza di successo della startup con la studentessa liceale, l’economista di fama con il preside di una scuola di frontiera, il direttore di Casaclima con la curatrice di mostre. L’elenco potrebbe continuare.
Ohibò! Immagino lo spaesamento di chi da giorni si è preparato per etichettare l’appuntamento fiorentino come la creazione di una corrente moderata per le ambizioni personali di qualche giovanotto in carriera. Tranquilli: è molto peggio di come pensavano. Qui infatti le ambizioni sono collettive. Alla Leopolda, per il Big Bang, ci va chi vuole riprendere a fare politica, con il sorriso sulle labbra e senza parlar male degli altri. Non candidiamo qualcuno alle primarie, candidiamo le idee al Governo. Anche perché ci sembra che il Governo attuale sia alla frutta. Anzi all’ammazzacaffè.
Per chi è incerto, se venire tutte le informazioni logistiche sono qui: convenzioni, passaggi in auto, orari ecc...Per chi non viene lo streaming sarà assicurato su www.leopolda2011.it e anche in modo originale su facebook. Chi vuol dare un'idea, può scrivere a idee@leopolda2011.it , chi vuol dare una mano può fare una donazione qui.
Big Bang. Nuovo inizio, nuova energia, astenersi meteoriti e brontosauri, occhio ai buchi neri delle discussioni autoreferenziali. Big bang di contenuti. Che questi abbiano già dato, ormai, lo sanno anche le pietre. Ma se toccasse a noi, che cosa faremmo? Perché non siano solo parole, ma proposte. E si torni a casa con una speranza. Mi dicono: ma perché non fondi un tuo partito? Cioè, vi sembrano pochi i partiti? Sentite davvero l’esigenza di fondarne un altro? Io no. Per me i partiti dovrebbero essere solo due e fare da contenitori per il confronto di idee. Vorrei partiti diversi, non altri partiti. Per esempio il PD che sogno dovrebbe cambiare. E potrebbe farlo.
2. Il Partito Democratico che vorrei
Il PD che sogno vuole vincere, perché si è stufato di partecipare. Combatte le idee che non condivide, ma rispetta le donne e gli uomini e quindi non accetta la logica degli attacchi personali. Vuole che tutti abbiano una casa ma non delega l’urbanistica alle cooperative dei costruttori o ai professionisti del mattone. Si organizza dentro ai circoli ma cerca di vivere soprattutto fuori, a contatto con le persone vere, quelle in carne e ossa, non quelle dei sondaggi. Scende in piazza una volta ogni tanto e quando lo fa usa le armi non convenzionali del sorriso, non della minaccia: ma soprattutto vive la piazza ogni giorno, come luogo dell’incontro, come occasione per combattere la solitudine del nostro tempo. Perché vogliamo rimanere persone, non trasformarci in consumatori. Ci sono tre milioni di italiani che si impegnano per gli altri nel volontariato, quindici milioni di cittadini che usano il cinque per mille e più di un milione di cittadini che fanno sostegno a distanza: noi non abbiamo bisogno di una big society, lo siamo già.
Il mio PD rimette a posto i conti dello Stato e della amministrazioni pubbliche, non li sfascia. Giudica immorale il debito lasciato in eredità alle nuove generazioni e non sopporta l’idea che oggi lo Stato spenda più per gli interessi che per la scuola: paghiamo più per le colpe dei padri che non per educare i figli. Vuole il consenso degli italiani, ma anche il coraggio dei cittadini. E crede che lo slogan più bello sia quello della verità. Apprezza chi lavora per le istituzioni ma non vuole che nelle aziende pubbliche l’interesse di tutti sia messo in secondo piano rispetto ai privilegi di pochi. Pensa che ci salveremo solo investendo sul merito e sul capitale umano, non sulle tutele burocratiche. Dice di volere che nessun politico metta bocca sulla Rai, su Finmeccanica, sulle municipalizzate ma non lo dice solo il giorno dopo aver perso le elezioni: lo dice – e lo fa – soprattutto il giorno dopo averle vinte.
Il mio PD crede nel coraggio prima che nella paura. È fiero di essere italiano anche quando si sente cittadino del mondo. Crede che l’Italia abbia risorse strepitose e non cede alla retorica del declinismo per cui si stava meglio quando si stava peggio. Vuole produrre bellezza, non volgarità. E vuole che lo Stato sia compagno di viaggio non ostile burocrate per chi fa impresa e per chi vi lavora. Non si preoccupa solo di chi è già tutelato, ma anche e soprattutto di chi ha trenta anni e non trova lavoro. O di chi ne ha cinquanta e l’ha appena perso. Crede nella formazione permanente ma non nei burocrati della formazione. E riduce le cattedre universitarie, ma aumenta la qualità dell’insegnamento. Manda in pensione i cittadini due anni dopo, ma assicura un asilo nido in più.
Il mio PD crede nella politica e per questo teme l’antipolitica. Pensa che o si tagliano i costi della cosa pubblica oggi o saremo travolti tutti. Supera il bicameralismo perfetto, riduce i livelli istituzionali, taglia il numero e l’indennità dei parlamentari e dei consiglieri regionali, cancella i vitalizi e lo fa davvero, non solo negli annunci di campagna elettorale. Abolisce il finanziamento pubblico ai partiti perché altrimenti non ha senso fare i referendum. Ringrazia chi ha servito per tanti anni le Istituzioni. Ringrazia davvero, senza ironie. Ma non crede offensivo chiedere il ricambio per chi da qualche lustro occupa gli scranni del Parlamento: si può far politica anche senza una poltrona, anche rimettendosi in gioco. Chi ha causato il problema in questi anni non può proporsi come la soluzione. E comunque, qualunque sia la legge elettorale, in Parlamento ci deve andare chi prende voti, non chi prende ordini.
Il mio PD scommette sui diritti civili e anche sui doveri privati.
Il mio PD non è terrorizzato da chi ha idee ma da chi non ne ha mai avute e magari vive ancora di rendita su quelle degli altri.
Il mio PD è quello che fanno gli elettori con le primarie e nella vita di tutti i giorni. È quello che insieme proveremo a fare anche alla Stazione Leopolda.
3- Perché Firenze?
Perché a Firenze. Perché è comoda, in mezzo all’Italia. Perché è bella, nonostante l’attuale amministrazione (qui il Sindaco e il Vicesindaco nella lettura proposta da Crozza l’altra sera). Perché vi accoglierà con alcuni eventi ad hoc la sera. Ma anche perché qui ci stiamo provando. La rottamazione l’abbiamo teorizzata ma anche realizzata, portando facce nuove in Palazzo Vecchio. Abbiamo già dimezzato la squadra di giunta e imposto la parità di genere e generazionale. Abbiamo in corso sfide difficili come quelle di innovare le aziende pubbliche non togliendo denaro a chi lavora ma chiedendo di lavorare di più a chi può. Abbiamo deciso di decidere. E mi piace dirlo oggi, quando sono trascorsi due anni dalla pedonalizzazione di Piazza del Duomo (qui com’era prima del 25 ottobre 2009, ve lo ricordate?). E l’elenco potrebbe continuare dal piano strutturale a volumi zero fino agli investimenti in cultura. Da noi non c’è stato bisogno di combattere per riaprire il Valle: la Pergola non l’abbiamo neanche chiusa, salvandola.
Naturalmente abbiamo moltissimo ancora da fare. Anzi, siamo solo all’inizio. Però ci stiamo provando davvero. Combattendo ogni giorno con mille problemi (questa è la settimana dei tombini, qui il link) ma cercando di tornare ad appassionarci alla politica. Tutti insieme, nessuno si senta escluso.
Vi aspetto a casa vostra. Cioè alla Leopolda, da venerdì a domenica.
Un sorriso,
Matteo
PS Sul sito www.matteorenzi.it le iniziative di questa settimana, tra cui l'inaugurazione di ieri della Robert Kennedy Foundation.