Ciò che l’uomo crea o costruisce forma un’inconsapevole letteratura simbolica che racconta come ogni tempo concepisce se steso. Jules Michelet scrisse:”Ogni epoca sogna la seguente”. L’Ottocento aveva sognato che il ritmo del futuro sarebbe stato veloce e spezzato, e che per regolarlo si dovesse alternare la quiete degli uni al moto degli altri. Il semaforo era democratico; prima o poi ci si muove, perché la vita umana si configura secondo una successione di possibili incontri e il destino procede per incroci e crocevia. Oggi quel sogno si è dissolto, è divenuto anacronistico. Ovunque, al posto del semaforo, è sorta la rotonda. L’idea non è nuova. L’area davanti alle terme di Diocleziano era già una rotonda. I vantaggi sono indiscutibili. La convivenza quindi deve essere fluidi ed è un bene che tutto si sciolga in un fluire senza. Gli esseri umani osservano il traffico, il traffico come immagine del percorso della vita, e cercano di immettersi in esso. La precedenza è sempre di chi è dentro. Chi è fuori deve adattarsi in qualche modo, senza un segnale che indichi la precedenza. Chi si muove comanda, regola il flusso, detta le regole del gioco. Gli altri aspettano immobili e spesati. Questa è la metafora dell’esistenza, soprattutto di quella dei nostri giorni. Siamo e restiamo incerti, fermi ai bordi della strada, sicuri soltanto che non è stata fatta per noi, ma per coinvolgerci in un indistinto destino. Un’ossessione del ritmo rallentato, dispersa nella ricerca di qualcosa che non sappiamo.
Casalino Pierluigi, 26.05.201.