DANTE E IL LIBRO DELLA SCALA (LIBER SCALAE)

Opera araba ispirata alla leggenda dell'ascensione (mi'ra^j) di Maometto, attraverso le sfere celesti, fino al trono divino, e attribuita, secondo alla tradizione, allo stesso Profeta dell'Islam. L'ispirazione della storia, da cui si svilupparono molti successivi racconti (tra i quali uno dei più importanti è un poema mistico di Ibn 'Arabi^, morto nel 1240), viene dall'allusione del primo versetto della Sura XII del Corano. Il testo originale arabo è andato perduto, ma ne resta la traduzione in castigliano, compilata nel 1264 dal medico ebreo Abraham Alfuquim, presso la corte di Alfonso X il Savio, da cui Bonaventura da Siena. trasse due versioni, una in latino (Liber Scalae) e una in francese antico (Livre de l'Eschiel Mahometi). Si discute ancora se Dante abbia potuto conoscere o meno il Libro della Scala, che, secondo l'orientalista spagnolo Asìn Palacios, costituisce una delle principali fonti della Divina Commedia. La polemica tra sostenitori e negatori delle fonti arabo-spagnole del poema dantesco sembra ormai superate dagli studi più recenti. Tra questi quelli della dantista italiana Maria Corti, che sottolinea l'attendibilità delle sorprendenti  analogie tra la Divina Commedia e il Libro della Scala. Pur nell'innegabile diversità delle fantastiche rappresentazioni dei due immaginari, la Corti, che si sofferma sull'importanza delle coincidenze tra narratore protagonista, tra le due strutture generali del viaggio, iniziato di notte, i comuni elementi dell'ascesa e cioè da un monte ripido e inaccessibile, la partizione dell'Inferno  e del  Paradiso (in Dante esiste il Purgatorio a differenza del Liber Scalae), la separazione dei danni in varie categorie (poste tanto più in basso quanto più grave è il peccato), la legge del contrappasso, la visione finale di Dio. Una conferma, tuttavia, si pensa decisiva, sulla prova che Dante abbia letto i testi escatologici islamici, compreso il Liber Scalae appunto o Libro di Maometto, viene dalle ricerche di Luciano Gargan. I domenicani di Bologna possedevano già nel 1231 il Libro della Scala e quindi nell'inventario bolognese Dante quasi certamente attinse l'esistenza del testo, durante i suoi soggiorni in quella città. In proposito si invita a leggere di Luciano Gargan, infine, "Dante e la sua biblioteca e lo Studio di Bologna", Antenore Editore, Bologna, 2014, che segue la bellissima e fortunata opera di Maria Corti del 1981, "Dante a un nuovo crocevia"". Un'ulteriore dimostrazione dell'incontro del Sommo Poeta con l'Averroismo latino, di cui lo stesso Dante fu poi convinto discepolo, se pur già entusiasta ammiratore di Averroè (Ibn Rushd) nella Divina Commedia.
Casalino Pierluigi, 3.09.2014