I droni di Obama ridicolizzano gli "islamisti"

LA STAMPA

Undici anni dopo l'invasione che rovesciò il regime di Saddam Hussein, gli Usa tornano a bombardare in Iraq. Barack Obama lo dice chiaramente: andremo avanti finché necessario, «non c'è un programma» per la fine della missione. poi sferza il governo di Baghdad: «Il progetto in Iraq è di lungo termine, il problema non sarà risolto in settimane». Il Pentagono continua la campagna aerea volta a colpire le postazioni dello Stato islamico (Isis), la cui avanzata nel nord del Paese non solo ha messo in fuga centinaia di migliaia di civili - tra cui molti cristiani - ma minaccia ormai la regione autonoma del Kurdistan.

BOMBE E VIVERI
Dopo il primo attacco di ieri pomeriggio, i jet americani hanno effettuato un'altra serie di raid aerei contro le postazioni dei jihadisti a nord-ovest di Erbil, in pieno Kurdistan iracheno. I caccia bombardieri si sono levati in volo dalla portaerei a propulsione nucleare George H. W. Bush, che staziona nel Golfo Persico dallo scorso mese proprio in previsione di attacchi aerei in Iraq. Il Pentagono ha poi spiegato che nei raid sono stati «eliminati terroristi». Intanto nella notte tre aerei cargo scortati da due caccia F/A-18 hanno lanciato rifornimenti per i profughi sui monti del Sinjar.

PRESSING SU BAGHDAD
«Come commander in chief non permetterò che gli Stati Uniti siano trascinati in un'altra guerra in Iraq», afferma Obama. Ma il presidente Usa assicura che «le truppe americane non torneranno a combattere nel Paese perché non c'è una soluzione militare americana alla crisi». «I raid in Iraq hanno avuto successo: hanno distrutto armi e attrezzature», spiega Obama. «Abbiamo fiducia nel fatto che possiamo prevenire l'Isis» dal salire sul monte Sinjuar e «dall'uccidere la gente lì», aggiunge. «Ma a Baghdad c'è bisogno di un governo inclusivo».

L'ASSEDIO AGLI "INFEDELI"
In Iraq è in corso una persecuzione di massa. Nel mirino ci sono i cristiani, ma anche gli Yazidi, seguaci di un antico credo pre-islamico. A migliaia sono fuggiti nei giorni scorsi dalle città dopo l'ingresso dei jihadisti. Ora molti di loro sono bloccati sul monte Sinjar. Ad attenderli in pianura ci sono gli islamisti, mentre ad alta quota il pericolo è la morte per fame e per sete. «Sono in 4mila, trecento famiglie. Non restano che uno o due giorni per aiutare questa gente, poi cominceranno a morire in massa», ha affermato la parlamentare, Vian Dakhil in un'intervista all'agenzia Afp. «Gli jihadisti li hanno circondati e minacciano di ucciderli». Le famiglie si trovano nei villaggi di Koja, Hatimiya e Qaboshi. Circa altri 5 mila yazidi sono stati salvati dalle forze peshmerga curde, che hanno aperto un varco verso le montagne.

LA SFIDA DEGLI ISLAMISTI
Intanto i miliziani dello Stato islamico provocano la Casa Bianca in un video - pubblicato da "Vice" - in cui sfidano gli Usa: «Se siete uomini, non attaccateci con i droni. Mandate qui i vostri uomini, quelli che già abbiamo umiliato in Iraq», dice Abu Mosa, portavoce dell'Isis, a Medyan Dairieh, primo reporter ad aver avuto accesso ai territori controllati dallo Stato Islamico. Poi non manca la minaccia contro l'America: «Alzeremo la bandiera di Allah sulla Casa Bianca».

Ecco il video di "Vice News"  http://www.lastampa.it/2014/08/09/esteri/iraq-bombe-usa-contro-i-terroristi-dellisis-FpuJm9wPz941RalraEEbYJ/pagina.html