Il neo sottosegretario alle Infrastrutture, nominato da Matteo Renzi venerdì scorso, si è dimesso dopo le pressioni esercitate sul direttore de L'Ora della Calabria per non far pubblicare un'inchiesta che vedeva invischiato il figlio.
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"È stata una scelta di Ncd che rispettiamo e apprezziamo", si è limitato a commentare il premier. Ma le dimissioni di Gentile non sono altro che un passo falso per il governo e uno schiaffo per Angelino Alfano.
"Torno a fare politica nelle istituzioni, come segretario di presidenza, e nella mia regione, come coordinatore regionale - ha scritto Gentile nella lettera di dimissioni inviata a Renzi - aspettando che la magistratura , con i suoi tempi che mi auguro siano più brevi possibile, smentisca definitivamente le illazioni gratuite di cui sono vittima". È durato soli tre giorni. Stasera, però, ha deciso di lasciare la carica da sottosegretario. Una sconfitta per il Nuovo centrodestra e, soprattutto, uno schiaffo per Alfano che aveva indicato il suo nome per affiancare Maurizio Lupi al dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Proprio per questo le dimissioni di Gentile potrebbero incrinare gli equilibri del governo dal momento che il patto tra Renzi e Alfano sono stati siglati anche sulla base della spartizione delle poltrone. A conti fatti il presidente del Consiglio non ha mai preso posizione sul caso Gentile sollevato negli ultimi giorni dai suoi stessi compagni di partito. "La notizia - ha esultato il deputao piddì Dario Ginefra - è cosa buona per il governo".
Sulla nomina del sottosegretario all'Infrastrutture erano piovute critiche da tutti i fronti mettendo in seria difficoltà l'esecutivo appena formato da Renzi. Sul presidente del Consiglio era arrivato il pressing della minoranza del Partito democratico che, a gran voce, chiedeva a Gentile di far un passo indietro.
IL GIORNALE