Letteratura contemporanea-La Carmelina ediz.- INTERVISTA a NICHOLAS STOCCO sulla Stampa di Roma Capitale
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D- Il tuo esordio con “Sproloqui”, ora questo Diario Onirico (La Carmelina), differenze di cifra e orizzonti poetici
Diario Onirico è la mia prima opera in prosa, che segue di circa un anno la pubblicazione della raccolta poetica “Gli Sproloqui” edita dal gruppo Albatros Il Filo. In origine era stata mia intenzione pubblicare i due testi in un’unica opera, rendendo cioè la silloge poetica una delle sezioni del Diario Onirico stesso. Dal punto di vista cronologico, però, è da rilevare il fatto che le vicende su cui ho elaborato le poesie de “Gli Sproloqui” siano posteriori a quelle descritte nel Diario. Non mi sento di affermare che la mia opera narrativa abbia una vera a propria trama, in quanto rappresenta il coronamento di appunti, riflessioni, sfoghi e narrazioni che rispettano la consequenzialità di due anni della mia vita, dal novembre 2008 al luglio 2010 circa; l’andamento diaristico è evidente, sebbene siano assenti quasi completamente dati spaziali e temporali specifici, che ho preferito omettere per dare alla narrazione un tono meno costrittivo, svincolandola dai limiti imposti dalla fisicità. La realtà, le mie esperienze dirette sono alla base del testo, lo nutrono pagina dopo pagina, ma l’intento è proprio quello di scardinarne le leggi nel profondo, liberando il mio ego da ogni gabbia, sia essa di tipo fisico (lo spazio e il tempo) che metafisico (i concetti, le opinioni, le emozioni). Anche per queste motivazioni molti riferimenti a persone o a luoghi sono rovesciati, i nomi delle comparse diventano Divinità mitologiche, gli ambienti assumono consistenze esoteriche e filosofiche, arrivando al punto di creare la realtà attraverso il pensiero, in un continuo slancio hegeliano senza fine.
D- Più nel focus… un dialogo in libertà, quasi presocratico, eppure nella cifra, certo estetismo alla Wilde o alla Pater, preraffaellita, anche certo surrealismo postfreudiano aggiornato concordi?
R- Ad essere sincero, le prime critiche che mi sono arrivate vedono nell’opera influenze di generi diversissimi, alcuni dei quali non conosco nemmeno io stesso: non nego che tanti spunti derivano dagli studi che allora facevo di storia, filosofia e letteratura, ma il più delle volte il mio scrivere si impegnava a superare le definizioni e le nozioni appena ottenute per plasmarne di nuove, o se non altro, di personali. In questo senso posso tranquillamente confermare e smentire tutte le voci; Isidore Ducasse, in una delle massime delle Poésies scrisse che “le plagiat est nécessaire, le progrès l’implique” (il plagio è necessario, il progresso lo implica) ed in qualche modo ritengo sia così, per quanto inconscio sia il plagio.
Mi piacque molto recuperare culture politeiste e pagane, dalle quali ricavare nomi, miti, leggende e simboli che rispecchiavano tante delle mie interpretazioni del mondo, per ricostruirmi una vita che fosse costellata di Dei, di scontri epici che potessero dare un volto alle vicissitudini della mia adolescenza, dalle prime scottature amorose, alla scomparsa precoce di una cara amica, alle sensazioni che il mondo naturale mi trasmetteva. Ma, ribadisco, sono così tanti i giochi di ruolo che si susseguono, le parole sussurrate da un autore, quelle sottintese da una filosofia, che, davvero, si può provare a scoprire tutto e niente, e forse è anche questo uno dei risultati positivi del Diario Onirico: se per me scrivere è significato liberarmi dalle catene della società, delle emozioni e dei limiti, lasciar al lettore la possibilità di vedere tra le mie parole Fari noti, o più semplicemente lasciargli riconoscere sintonie e Correspondances, può accompagnarlo ad un autoriconoscimento di se stesso e ad una eventuale liberazione.
Lo scopo della mia scrittura è sempre stato quello di imprimere emozioni nella carta e suscitarne nel lettore, di positive e di negative.
Se ciò non succede, non vale la pena di leggere i miei libri, perché probabilmente non sussiste la giusta sintonia e la lettura risulterebbe soltanto Noia.
Per ciò che concerne l’opera in sé, non trovo utilità nel descriverla, preferisco che siano gli altri, dopo averla letta, a parlarmi di essa: lo scrittore si svela dalla voce di chi legge il suo manoscritto e dal significato che trova al suo interno.
D- Progetti futuri?
R – I miei progetti futuri appartengono ancora alle Nebbie e agli Dei, per il momento preferisco imparare da chi mi ha preceduto e dalla più grande fonte di conoscenza esistente, la Vita, che, al momento giusto, mi detterà le parole giuste con cui ricominciare a scrivere. Non a caso, dopo essermi diplomato al liceo scientifico di Adria, ormai tre anni fa, mi sono iscritto al corso di laurea in Lingue, Letterature e Culture Moderne all’Università degli Studi di Padova, allo scopo di radicare le mie conoscenze letterarie e linguistiche, uscendo a poco dal guscio che i miei esordi editoriali hanno chiaramente tratteggiato. Mi interesso di ecologismo come di esoterismo, di lingue come di paganesimo, di animalismo come di filosofia, di letteratura e di Vita.
(R.G.)
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