L'Iran da sempre affascina il suo visitatore e/o il suo interlocutore: lo sorprende con la sua inquietudine. Chi si avvicina a questo Paese incontra problematiche dal peso storico non indifferente, ma anche incoraggianti segnali di speranza.
La civiltà iranica è antica e nel tempo ha assorbito anime diverse, metabolizzandole nel suo seno, da quella ebraica a quella armena, a quella islamica. Oggi nella Repubblica Islamica lo sciismo è la religione di Stato, come lo era il culto mazdaico ai tempi della Persia classica, come lo erano e lo sono ancora le mai sopite tradizioni zoroastriane e quella del fuoco, che l'attuale vague non è riuscita a soffocare, facendo parte dell'anima profonda di questo popolo, autentico retaggio dell'Avesta, la radice culturale iranica per eccellenza. Oggi, questo Iran è baluardo dello sciismo, ma anche interprete orgoglioso della sua vocazione nazionale in concorrenza con quella dei vicini arabi, come si registra in ogni diversa stagione politica di questo Paese. Fino al XVI secolo le comunità sciite erano minoritarie qui, come in altre regioni del Medio Oriente e del Nord Africa. L'eresia sciita non aveva ancora conseguito la sua posizione egemone, che verrà con l'avvento al potere della dinastia Safavide, che di tale versione dell'Islam fece la religione di Stato, per contrapporsi al nemico ottomano sunnita. Il successo dello sciismo, come ebbe a scrivere il grande orientalista francese Henry Corbin, si basò sulle credenze dell'antica Persia, dunque, e soprattutto sulla naturale inclinazione intellettuale di quel popolo. L'imporsi dello sciismo non fece che recuperare l'antica visione del mondo delle genti iraniche, rendendo l'Iran più coeso e rafforzandone le istituzioni e il corpo sociopolitico. I Safavidi si posero, inoltre, come punto di riferimento di tutti gli sciiti, in particolare di quelli soggetti all'Impero Ottomano. La conversione di massa allo sciismo, peraltro, non fu esente da difficoltà e alcune aree geografiche dell'Iran riuscirono a sottrarvisi. Nell'odierno Iran sono infatti presenti gruppi etnici arabi, beluci, curdi, turkmeni, mentre altri sono stati decimati dalle persecuzioni e dalle emigrazioni. Dalla rivoluzione del 1979 nessun rappresentante di questi gruppi ha fatto parte del governo e anzi le correnti sunnite si sono radicalizzate e politicizzate, anche in ragione del confronto tra sauditi e iraniani: la minoranza beluci, addirittura, combatte per la sua indipendenza dai tempi della guerra fredda e in quel contesto affondano le radici del dissenso, che porta spesso Iran e Pakistan ad aspri contrasti, considerata la posizione di confine del Belucistan, diviso tra i due Paesi. Il futuro della leadership nata dalla rivoluzione del 1979 dipenderà anche da tali questioni irrisolte, oltre che dalle incognite della situazione internazionale.
Casalino Pierluigi, 19.05.2013