Enrico Marino
“Mentre tanti uomini si fanno schiavi della loro vita, il mio gesto incarna un’etica della volontà. Mi do la morte per risvegliare le coscienze addormentate. Insorgo contro la fatalità. Insorgo contro i veleni dell’anima e contro gli invasivi desideri individuali che distruggono i nostri ancoraggi identitari”
Quelli che palpitano per i digiuni di Marco Pannella o che pensando a un intellettuale citano Umberto Eco sono inorriditi e hanno condannato Dominique Venner per il suo gesto, definito addirittura “blasfemo” dagli stessi ambienti ai quali appartiene quella cloaca del movimento femen che è entrata nella cattedrale di Notre Dame simulando il gesto compiuto da Venner con il seno nudo su cui era scritto “che il fascismo resti all’inferno”. I giornali borghesi, invece, si sono limitati a considerarlo un atto di eclatante protesta contro la legge recentemente approvata in Francia del “mariage pour tous” che garantisce anche agli omosessuali di sposarsi e di poter adottare. Ma Dominique Venner che ha scelto d’uscire di scena con un gesto tragicamente simbolico, come Drieu La Rochelle o Yukio Mishima, ha lanciato un accorato avvertimento e allo stesso tempo un urlo di sfida e indignazione che vanno ben oltre l’ignobile legge per i gay. Un avvertimento contro gli “immensi pericoli per la mia patria francese ed europea” e una sfida “con un intento di protesta e di fondazione …. in rottura con la metafisica dell’illimitato, sorgente nefasta di tutte le derive moderne.”
Nell’ultimo mezzo secolo la minoranza organizzata e onnipotente dei mondialisti ha lavorato in tutto l’occidente in modo formidabile nell’ingannare e manipolare la gente, per modificare i cervelli e le coscienze seminandovi il caos, scambiando i valori con altri falsi e costringendo a credere in quella falsità. Episodio dopo episodio, s’è consumata la grandiosa tragedia della morte dei popoli europei, dell’esaurimento totale e irreversibile della loro consapevolezza, la letteratura, il teatro, il cinema tutto è diventato rappresentazione ed esaltazione delle qualità umane più basse, con artisti che in ogni modo hanno veicolato nelle coscienze il culto del sesso, della violenza, del tradimento e di tutta l’immoralità. Nell’amministrazione dello stato s’è creato caos e confusione, con il dispotismo di funzionari e di persone corrotte e la distruzione di ogni principio. L’onestà è stata derisa e resa inutile, l’arroganza e la negazione di ogni gerarchia, la falsità e l’inganno, l’ottundimento e le droghe, la paura di ognuno e il tradimento, in modo invisibile ma inesorabile, si sono sviluppati e i pochi che sono stati in grado di capire cosa accadeva veramente sono stati relegati come oggetto di scherno.
In questo modo si distruggono, generazione dopo generazione, intere nazioni, cominciando già dai giovani. È una sovversione della totalità delle istituzioni e dei comportamenti sociali, culturali e religiosi e, di conseguenza, dell’atteggiamento psicologico, della filosofia e dello stile di vita di un popolo. È una disgregazione sociale che ha investito tutta l’Europa e che si chiama mondialismo, modernismo, relativismo, genetismo e metafisica dell’illimitato potere della scienza e dell’individuo tutti protesi nell’attacco finale alla Tradizione e al valore della vita. A questo lavorano coloro che, da posizioni istituzionali o di potere finanziario e mediatico, perseguono l’obiettivo di neutralizzare l’uomo ed eliminare la Nazione in tutte le sue articolazioni, in tutte le scelte economiche e politiche, culturali e fiscali. Creando il debito, prosciugando il credito, paralizzando le forze sociali e le Istituzioni, espropriandone i poteri, attaccando a fondo il risparmio, deturpando e svendendo l’ambiente, mettendo all’asta gli asset industriali ed economici degli stati.
La fine di una nazione passa pure per la sua trasformazione culturale, linguistica, morale, di costume e genetica. Il declino biologico s’è accompagnato con l’aborto, con l’individualismo e infine è esploso nelle rivendicazioni edonistiche e innaturali dei matrimoni e della genitorialità omosessuale che non sono estrapolabili da questo contesto. Non si tratta, infatti, di dibattere sui diritti civili e fiscali del convivente, ma di definire “matrimonio” qualsiasi genere di convivenza, per favorire il concetto di sterilità nelle unioni, d’inversione conclamata per legge dei rapporti di genere e di mercimonio dei nascituri e dei fanciulli. Il tutto mentre con le mistificazioni dello Ius Soli e del meticciato si punta anche all’avvento di una massiccia immigrazione coatta per globalizzare definitivamente quel che resta di nazionale e di identitario.
Questa demonia dei tempi ultimi era il vero obiettivo di Venner, questa la sua denuncia, questo il pericolo mortale contro cui occorre battersi pronti anche all’estremo sacrificio. Abbiamo citato La Rochelle e Mishima, ma in altri momenti storici e per altri forti ideali il suicidio ha rappresentato un atto di testimonianza, di accusa e di catarsi, come nel caso di Jan Palach o dei monaci tibetani. Niente si fa senza sangue. Venner lo sapeva, ne era consapevole e ha testimoniato l’esistenza di un valore superiore all’attaccamento alla vita, l’amore virile per il suo Paese, la sua storia e le sue tradizioni.
Il suo testamento spirituale è qualcosa di grandioso su cui riflettere
Sono sano di spirito e di corpo e sono innamorato di mia moglie e dei miei figli. Amo la vita e non attendo nulla oltre di essa, se non il perpetrarsi della mia razza e del mio spirito. Cionondimeno, al crepuscolo di questa vita, di fronte agli immensi pericoli per la mia patria francese ed europea, sento il dovere di agire finché ne ho la forza; ritengo necessario sacrificarmi per rompere la letargia che ci sopraffà.
Offro quel che rimane della mia vita con un intento di protesta e di fondazione. Scelgo un luogo altamente simbolico, la cattedrale di Notre Dame de Paris che rispetto ed ammiro, che fu edificata dal genio dei miei antenati su dei luoghi di culto più antichi che richiamano le nostre origini immemoriali.
Mentre tanti uomini si fanno schiavi della loro vita, il mio gesto incarna un’etica della volontà. Mi do la morte per risvegliare le coscienze addormentate. Insorgo contro la fatalità. Insorgo contro i veleni dell’anima e contro gli invasivi desideri individuali che distruggono i nostri ancoraggi identitari e in particolare la famiglia, nucleo intimo della nostra civiltà millenaria. Così come difendo l’identità di tutti i popoli presso di loro, mi ribello al contempo contro il crimine che mira al rimpiazzo delle nostre popolazioni.
Essendo impossibile liberare il discorso dominante dalle sue ambiguità tossiche, spetta agli Europei trarre le conseguenze. Non possedendo noi una religione identitaria alla quale ancorarci, abbiamo in condivisione, fin da Omero, una nostra propria memoria, deposito di tutti i valori sui quali rifondare la nostra futura rinascita in rottura con la metafisica dell’illimitato, sorgente nefasta di tutte le derive moderne.
Domando anticipatamente perdono a tutti coloro che la mia morte farà soffrire, innanzitutto a mia moglie, ai miei figli e ai miei nipoti, così come ai miei amici fedeli.
Ma, una volta svanito lo choc del dolore, non dubito che gli uni e gli altri comprenderanno il senso del mio gesto e che trascenderanno la loro pena nella fierezza.
Spero che si organizzino per durare. Troveranno nei miei scritti recenti la prefigurazione e la spiegazione del mio gesto.
Dominique Venner