Stefania Capogna
Scuola università e-learning Un'analisi sociologica
(Armando editore)
Con l’evoluzione delle
telecomunicazioni, si registra un mutamento nel panorama dei processi
culturali e comunicativi, con esiti per il sistema educativo e per i
modelli pedagogici e didattici che ne regolano la relazione. È
importante conoscere e sperimentare i nuovi ambienti offerti dalla
radicale trasformazione apportata dai new media per comprenderne le
ricadute all’interno dei sistemi sociali ed educativi. Il
ragionamento proposto si sviluppa in quello spazio che accomuna gli
sviluppi delle scienze della comunicazione, della pedagogia e della
sociologia, interpellate da queste trasformazioni
Stefania Capogna è ricercatrice sociale, esperta di Education e distance learning, Counselor a orientamento Filosofico.
Stefania Capogna è ricercatrice sociale, esperta di Education e distance learning, Counselor a orientamento Filosofico.
* Chiudiamo la scuola proclamava il
futurista Papini, industria per cretini, più o meno.
Tema arduo, in Italia, ma non solo,
rovesciare, rivoluzionare magari a 360° la sempre, gira e rigira,
succursale della famiglia, dell'economia, della Chiesa di Roma:
ovvero la culla del futuro, la Scuola, delle future classi dirigenti.
Vista la Realtà contemporanea nazionale, viene voglia di dare
ragione a Papini. Naturalmente, diversa la provocazione, anche, ma
rigorosamente conoscitiva e scientifica (e brillantemente anche
neoumanista, non solo cognitivista o "scientista")
dell'autrice, alla luce anche del cosiddetto avvento come indiscutibili effetti
sociali (almeno dovrebbe essere...) della ITC (Information and Communication Technology) e della
domanda ricorrente, quasi una coro greco digitale... :"Siamo
certi di conoscere l'impatto dei New Media sul sistema educativo?".
La question è puramente un pretesto:
il caos semplicemente legislativo nella storia anche recente
italiana, persino l'infame o buon senso comune (per dirla... con Majakowskij)
conoscono benissimo la risposta, meglio di Edipo.
Nessun enigma,,,, alla luce persino
del web, qualcuno discute anche l'ipotesi in certo modo papiniana:
chissà tra pochi decenni, ogni opzione scolastica solo nel web, con
risparmi straordinari di stipendi, infrastrutture, logistiche,
professori in esubero al cubo, riscaldamento o condizionatori, benzina-trasporti..., carta
e libri.... Va da sè, nonostante un certo, a suo tempo Illich, gran
utopista anarchico (ma ha parecchio inciso e suo malgrado, negativamente con le
generation del 68 e postcontestazione), la natura umana pare poco
compatibile con l'autodeterminazione basata sulla complessità
conoscitiva.
In ogni caso, gran libro questo della
Capogna: nessuna nostalgia fittizia paleoumanista crociana e
montessoriana anche eccessiva o la scuola stessa di Barbiana di Don
Milani (gli esegeti mediocri sia ben chiaro), figurarsi la Scuola
Etica ideologica dallo stesso Gentile e- Gramsci (le vulgate
sempre...). L'autrice esplora, analizza, dimostra, la necessità e
libertà (e squisita curiosità) di volare come Icaro (ma un Icaro
drone non come Gagarin modello prova e errore) nel nuovo universo
digitale dei new media per poi, una volta mappato, decifrato, per
quanto possibile, discernere nuovi hardware e poi nuovi software per
la Scuola del Futuro.
Un poco come le rivoluzioni quasi
epistemiche e di paradigma classiche dei vari McLuhan o Morin, oggi
De Kerkhove o la stessa Scuola di Palo Alto e variabili successive.
Nuove prospettive per liberarsi
dell'eterno orizzonte degli eventi nazionale attardato, che nei fatti
si limita, salvo eccezioni, oggi, finita la sbornia ideologica e
permissiva, all'ultraminimalismo paleo ancora gramsci-vulgata, o da
quelle parti, politicamente corretto. Berlusconi in certi schermi e
file mentali sostituisce ancora gli Occulti Pensatori, mostri
mitologizzati della pur ragione dei vari Adorno, Debord ecc. ,
persino di Eco, assimilazione orizzontale nella cultura nazionale,
poco verticale, figurarsi gli amici - si diceva di Warhol, Woody
Allen o Michael Jackson.
Peraltro, fior di ricercatori piu meno
recenti in Italia, più o meno noti, più o meno giovani in Italia,
oltre Croce e Gramsci, oltre integrati e apocalittici:
Dallo stesso Roberto Grandi a Mario
Pireddu ecc., a magari in periferia (Ferrara città d'arte) fautori della società della
conoscenza, di popperiano meme, come Giovanni Fioravanti: " ...
Dove abitiamo? Dove abita il nostro Paese, dove abitano le nostre
città? È come se all’improvviso la cecità dei personaggi di
Saramago avesse preso anche noi. Il mondo che ci sta intorno viaggia
a una velocità decisamente diversa dalla nostra. Te ne accorgi
quando, occupandoti di città della conoscenza, scopri che esiste
addirittura l’Official Web Site delle Knowledge Cities, ne fa
riferimento Francisco Javier Carrillo, docente e ricercatore in
knowledge systems e knowledge administration, nel suo libro, del
2006, Knowledge Cities, per altro mai tradotto in italiano.A scorrere
la lista dei settantuno tra Paesi, città e continenti che aderiscono
al Knowledge-Based Development (Kbd), con l’intento dichiarato di
fondare il loro sviluppo sulla conoscenza, c’è l’Europa, ma non
c’è l’Italia e neppure una delle sue città. L’Italia non è
tra le nazioni che hanno scelto di concentrare i loro sforzi o che
intendono attivare programmi per porre la conoscenza alla base della
propria crescita. Allora rivolgendo gli occhi alle vicende di casa
nostra, a questo Paese che sembra aver preso le distanze dal lavoro,
dall’intelligenza, dallo studio, dalla cultura e dalla ricerca,
imboccando la disastrosa scorciatoia delle speculazioni finanziarie,
della corruzione, del peculato e del malaffare, ti rendi conto che
chi ha governato, per lo meno negli ultimi vent’anni, ci ha portati
fuori strada, a sbattere contro un muro. "
O - dal cuore dell'ex impero, e da
sguardi rigorosamente digitali, post... new media e Interne i vari Filippo Trasatti o lo stesso Antonio Saccoccio (Tor
Vergata, Roma) che neppure solo scrive , ma innesta magari
technoparole compresse direttamente in streaming (simulazioni quasi
astronautiche per quella Scuola dopo Internet di cui prima,
finalmente non anarchico utopica, ma su basi cibernetiche e
postcognitiviste anche pulsionali (non solo Intelligenza.. Saccoccio "
L’enorme
numero di informazioni (e relazioni) disponibili sul web e la
possibilità di contribuire direttamente alla costruzione e alla
messa in discussione di quelle informazioni (e relazioni)
costituiscono un modello di apprendimento sovversivo rispetto a
quello dominante. Ivan Illich aveva prefigurato qualcosa di molto
simile a tutto questo già all’inizio degli anni Settanta,
affermando che la scuola sarebbe stata sostituita da “reti di
apprendimento”.
E
per una pedagogia digitale e libertaria non- ci pare- distante- dal
messaggio medium in boccio nell'analisi dell'autrice. Un libro che
segnala -e come protagonista l'autrice stessa- riassumendo- un poco
come per certe dinamiche della scienza italiana, la presenza
concreta, anche in Italia - come accennato - di risorse umane e
intellettuali conoscitive di spicco, ma quasi di nicchia, rimosse da
certa paratradizione passatista e ideologica nazionale. Un virus, non
un semplice raffreddore da curare...
ARMANDO EDITOREhttp://lasinorosso.myblog.it/2014/05/08/pedagogia-libertaria-digitale-antonio-saccoccio-filippo-trasatti/
http://www.ferraraitalia.it/ciechi-nel-secolo-della-conoscenza-11801.html