ARISTOTELE E L'ANALISI DEI REGIMI ESISTENTI.

Al pari dei suoi predecessori, e fondandosi sul numero di coloro che detengono il governo, Aristotele distingue tre tipi di costituzione: monarchica, aristocratica e timocratica (democrazia censitaria; a ciascuna di esse corrisponde la sua forma degenerata: tirannide, oligarchia, democrazia. Le forme corrotte si distinguono da quelle originarie per il fatto che che nelle buone costituzioni il governo si esercita a tutto vantaggio dei cittadini. E' evidente, tuttavia, che tale classificazione non soddisfa affatto Aristotele al punto che la sua preferenza va ad un sistema politico misto, che egli definisce "costituzione vera" o "costituzione politica", e che può dirsi altrettanto bene una democrazia vicina all'oligarchia, o un'oligarchia vicina alla democrazia. Tutto il pensiero politico aristotelico converge, infatti, in questa scelta. Quella che Aristotele intende far prevalere è una costituzione fondata sulla "classe media", una classe che più volte, e specialmente verso la fine del V secolo, aveva tentato di imporre i suoi punti di vista ad Atene, e che si autodefiniva una via di mezzo tra i ricchi, egoisti e ambiziosi, e i proletari, onere, oltre che minaccia per la vita dello Stato. E' dunque questa classe che, secondo lo Stagirita, assicura la stabilità dello Stato, resta fedele alle leggi  e si tiene lontana da ogni sorta di eccessi. Una classe che non lavora per il suo esclusivo interesse, bensì per quello di tutti i cittadini: si tratta pertanto di una classe che, per eccellenza, è portata ad amministrare la cosa pubblica. . Aristotele non nasconde la sua ammirazione per la vecchia costituzione democratica dettata da Solone, o per la Costituzione dei Cinquemila, che, nel 411, i moderati tentarono di dare ad Atene. posizione politica che corrisponde abbastanza esattamente alle sue convinzioni etiche e al suo scorgere la virtù in una sorta di centro o di "via di mezzo" tra il bene e il male assoluti. In altri termini la costituzione politica aristotelica cerca di conciliare il principio democratico con quello aristocratico. In effetti, al contrario di Platone, Aristotele crede nel valore della maggioranza, anche se le funzioni direttive devono essere attribuite alla virtù. In proposito, Aristotele difende la dottrina, cara ad Isocrate, dell'eguaglianza proporzionata al merito, contro l'eguaglianza aritmetica. Tutto l'edificio sarà garantito da un censo ragionevole che assicurerà alla classe media la preponderanza politica di cui essa ha bisogno per portare le altre classi alle sue posizioni moderate. Il contrasto con Platone è quindi radicale. Di fronte al filosofo che vagheggia l'assoluto, auspica un accordo, un punto di incontro, e cioè una costituzione concreta che neanche si dà pena di definire esattamente. Platone risolve le lotte sociali imponendo una dottrina che accentua le diversità tra caste. Aristotele, invece, come Demostene nella IV Filippica, si limita a chiedere che il governo giusto protegga  il povero dal'oppressione e il ricco dalla confisca, e che, ancora, la classe media si occupi degli affari pubblici nel modo migliore e nel comune interesse.
Casalino Pierluigi, 22.06.2014