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Riflessione sulle riflessioni. Il concetto di crisi

 
Non di rado ritorna all'attenzione degli studiosi un'opera del passato di non comune analisi delle cause e delle dinamiche della Storia. Si tratta delle Riflessioni Sulla Storia Universale di Jakob Burkhard. Fiero e convinto individualista, lo svizzero Burkhardt si inserisce nella schiera di quei pensatori, che da Machiavelli in poi hanno svolto un intenso ed ininterrotto discorso su epoche e nazioni, cercando di coglierne le ragioni profonde del divenire. Rispetto al proprio maestro Ranke, egli ne proseguì la catena dei concetti enunciati soprattutto nel noto Politisches Gesprach (Dialoghi Politici), tramutandone l'ottimismo in un'umanità in progresso nel disincantato quadro di forze contrastanti, di Stati più intenti spesso a distruggere che incrementare i fini nobili. Lo studio dell'esperienza di uomini e nazioni fanno ancora di Jakob Burkhard un insuperato maestro, oltre che un fine interprete delle vicende del mondo. Di particolare interesse restano ancora le considerazioni sul concetto di crisi e sulle sue origini: "Per quanto riguarda la fisionomia iniziale della crisi, scrive l'autore, si presenta in primo luogo il lato negativo, accusatore, la protesta accumulatasi con il passato, mista a paure di ancora maggiore, ignota oppressione. Se queste ultime vengono sopravvalutate da Bacone, rappresentano però, forse, qualche cosa che aiuta il decisivo esplodere della crisi, ossia il turbamento dell'ordine pubblico nella sua forma precostituita. Fatalmente cooperano a ciò in special modo tutti quegli esaltati che, dopo, dai primi eccessi in poi si mutano in piagnoni. La crisi che s'inizia per amore di una causa ha con sé il potentissimo vento favorevole di molte altre cause, mentre nei riguardi di quella forza che resterà definitivamente padrona del campo, regna in tutti i singoli partecipanti piena cecità. I singoli e le masse ascrivono addirittura tutto ciò che li opprime all'ultima situazione precedente, mentre per lo più si tratta di cose che appartengono all'imperfezione umana come tale......si ritiene però abitualmente che la Storia si comporti in modo diverso dalla Natura. Infine, partecipano tutti coloro che vogliono qualcosa di diverso da com'era prima. E di tutta quanta la situazione precedente sono considerati in senso assoluto responsabili coloro che ne erano i rappresentanti, già per il fatto che non si vuole cambiare, bensì far vendetta, e i morti non sono più attaccabili. All'eroismo a buon mercato contro costoro - tanto più se è possibile raggiungerli e perseguitarli personalmente- si aggiunge una terribile ingiustizia contro tutto ciò che è stato in precedenza.....D'altronde, solo mediante questa cieca coalizione di tutti coloro che vogliono avere qualcosa di diverso sarà poi veramente possibile scardinare un vecchio stato di cose: senza di essa le antiche istituzioni, buone o cattive che siano, si manterrebbero eternamente, cioè a dire fino alla decadenza in genere della nazione in questione. ....Il medesimo fenomeno si verifica nella vita del singolo: con la massima tensione enfatica vengono prese decisioni da cui dovrebbero nascere chissà quali prodigi, e da cui poi scaturisce invece un comune ma necessario destino....E' una gran fortuna se una crisi non cada nelle mani di un intervento straniero o rende addirittura padrone il nemico ereditario...Se lo spirito del tempo preparatore della crisi sia costituito dalla semplice somma dei molti singoli di uguale pensiero, o piuttosto - come ritiene Lasaulx- la più elevata cagione del loro fermento, resta a decidere, come la questione di libertà e non-libertà in genere. Infine, v'è nell'uomo un impulso a grandi periodici mutamenti, e qualunque grado di relativa beatitudine gli si possa dare, esclamerebbe (anzi tanto più allora) unbel giorno con Lamartine:"La France s'ennuye". Una condizione preliminare apparentemente essenziale per la crisi è l'esistenza di un bel perfezionato traffico e la diffusione di un già simile modo di pensare, su latri argomenti, in vasti territori. Senonché, quando è venuta l'ora e ci sono i veri elementi, allora il contagio si propaga con rapidità elettrica....il messaggio è: le cose devono cambiare...Sorge ora il problema, se e quali crisi potrebbero essere stroncate e perché ciò non avviene....Assai più difficile, sarebbe stato (diversamente da altri casi) evitare nel 1789 in Francia l'azione violenta, giacché nella classe colta era viva un'utopia e nelle masse un tesoro accumulato d'odio e vendetta....Incredibile è poi il risveglio...Con la massima pazienza si tollerano anche i governi più deplorevoli e si sopporta tutto ciò per cui ancora poco prima ogni cosa sarebbe saltata in aria". Fin qui Burkhardt. Una riflessione sulle Riflessioni non può non essere attuale. L'insegnamento di Burkhardt è infatti di natura molteplice, sempre ricco di linfa vitale e di stimolo culturale e formativo. In particolare ci invita a meditare sulla natura demoniaca del potere e sulla sfida che egli portò al suo tempo in cui si stavano affermando le teorie politiche di massa socialiste e comuniste e si impiantava contemporaneamente in Germania lo Stato bismarckiano-hohenzolleriano: tutti presagi di quella crisi storica che investirà in pieno il Novecento. Burkhardt mostra un'assoluta padronanza della materia storica e della stessa umana vicenda. Antifilosofo, antidommatico e antisistemico, Burkhardt nutre un'illimitata fiducia in ciò che di eterno è racchiuso nell'umanità.
Casalino Pierluigi, 1.11.2011 

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