I 10 anticomandamenti di Sgarbi per liberare la cultura italiana dalle caste del novecento...


Vittorio Sgarbi propone un contromanifesto per la salvaguardia e la valorizzazione dei Beni culturali, rispondendo punto per punto ai «TQ» e ribaltandone i contenuti. La trasmissione Tutta la città ne ha parlato, condotta da Giorgio Zanchini e in onda su Rai Radio3 dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 10.45, lunedì 9-4 dedicando una puntata al dibattito. Tra gli ospiti anche il nostro Luca Nannipieri.
Dilagano i «manifesti», anche generazionali, anche giovanili. Noi cominciamo a essere vecchi e, divisi tra buoni e cattivi, possiamo essere chiamati ormai come patroni. In mille circostanze e in mille battaglie siamo stati dalla stessa parte con Salvatore Settis e siamo diversamente amati dalla madre priora del patrimonio culturale, Giulia Maria Crespi, presidente onorario del Fai; eppure, e non me ne dispiace, Settis è fra i buoni e io fra i cattivi. Differenze di vita, forse. Partimmo quasi insieme, nel 1978, con Giorgione: lui con la Tempesta interpretata , io con una mostra di dipinti del primo Cinquecento, per la prima volta restaurati con l’ausilio della tecnologia (radiografia e riflettografia) applicata alle opere d’arte da quel Maurizio Seracini (anche lui allora molto giovane), oggi impegnato a ritrovare Leonardo a Palazzo Vecchio, con grande disappunto di Settis e mia, più accondiscendente, attenzione. Settis benedice invece il gruppo TQ ( scrittori trenta-quarantenni) che propone il «decalogo» per evitare il marketing culturale. Modesto obiettivo per la incertezza dell’azione e dei risultati,ma l’ennesima occasione per raccogliere firme. Prima contro Mario Resca, nominato Direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale presso il Ministero dei Beni culturali, poi contro Bondi, responsabile unico dei crolli di Pompei. E ancora firme per il manifesto del Sole 24 Ore sul nesso economia-cultura; e, questa volta, firme per ribaltare in senso autoritario e statalistico, la tendenza che ha esteso la tutela e la gestione del patrimonio artistico ai privati. Molti errori ma anche molte iniziative sacrosante. E, in premessa, andrà ricordato, in proposito, ai militanti e ai firmatari del decalogo e, forse, allo stesso Settis, che il Fai (con la sua altissima missione di tutela del patrimonio) è una associazione privata, che ottiene beni dai privati e che cerca soldi dai privati. Con ciò perde sostanza e verità, in tutta evidenza, già il secondo articolo del decalogo. Sul primo nessun dubbio. Anche con le chiose di Settis che denuncia le «sciocchezze sui “beni culturali” come “petrolio d’Italia”, da “sfruttare” fino a esaurirlo come fosse un combustibile». Benissimo. Nell’articolo primo,recependo le sollecitazioni del Sole 24 Ore e riconoscendo il primato dello Stato, dovrebbe essere indicata non una negazione per correggere un equivoco, ma una affermazione, come un richiamo fondante, costituzionale. Dunque, Articolo 1. Premessa: lo Stato non è ciò che lo Stato possiede, non è il patrimonio che appartiene allo Stato, alle Provincie, ai Comuni e inevitabilmente ai privati. Ma: Stato è la coscienza del Bene. Dai diversi soggetti proprietari condivisa....C
 
Il GIORNALE
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