Pier Luigi Casalino: donne arabe e democrazia

 

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Pallide e solenni, scanzonate e audaci, non di rado trasgressive e polemiche, protagoniste di campagne segnate da invettive al vetriolo, le donne arabe si spingono ormai verso un orizzonte senza confini, alla ricerca del loro futuro, a prendere in mano saldamente il loro domani di soggetti civili e non più di fattrici all’ombra di famiglie patriarcali, come ben può constate chi ha frequentazioni dei Paesi arabi e islamici. Anche gli uomini cominciano ad ascoltare le donne, il battito del loro cuore antico. Gli harem esistono ormai solo nelle cartoline o nei palazzi di qualche emiro fuori del tempo. Come scrive il poeta siriano Adonis, nell’incognita dell’abisso rappresentato dalla modernità che avanza inesorabile, l’uomo arabo sa che deve cambiare e ripensare, soprattutto, il ruolo della donna nella società, anche oltre l’ondata rivoluzionaria in atto, che rischia di aprire varchi ai nostalgici di improbabili ritorni al passato. Tramontato, a dire il vero già tramontato da un pezzo, il divieto di commistione dei sessi e l’affermazione della separazione di uomini e donne come mezzo surrettizio per superare la crisi, le donne si stanno ritagliando uno spazio crescente. La circostanza finisce per sorprendere più il distratto occidentale di passaggio che non chi ha modo di seguire i movimenti in corso da decenni nel mondo arabo. La rinascita araba della fine del XIX secolo aveva già posto all’ordine del giorno l’emancipazione della donna, nel segno di una laicità importata paradossalmente dal colonialismo europeo in quell’area geografica. La reazione delle fratellanze islamiche al nuovo non ebbe la possibilità di frenare qual processo. Solo la guerra fredda e le sue spietate regole contribuì a far riemergere, in qualche modo, i demoni del passato. Chi intendesse, tuttavia, ai giorni nostri, cavalcare le spinte delle rivolte arabe, appellandosi alle consuetudini e alle tradizioni, al fine di giustificare nella prospettiva della re-islamizzazione dell’Islam, l’inferiorità delle donne o la distruzione dei segni della modernità. Una cosa, però, di cui l’Occidente, sempre affascinato dalla donna velata, sa poco è che le donne, pur tra qualche comprensibile eccezione, non sono più rinchiuse in silenziosi ghetti di abiti mentali, come ci viene superficialmente proposto da inattuali iconografie o stereotipi di comodo. E anche tra le stesse donne velate, peraltro, cogli segnali di cambiamento, il manifestarsi di uno spirito combattivo, rivoluzionario, quasi incendiario sul piano della richiesta di parità e di diritti nella famiglia e nella società. La maggior parte delle pratiche di divorzio viene promossa donne. Le donne prevalgono nelle Università, negli uffici, nelle professioni liberali, nel settore medico-sanitario, nel giornalismo, nell’imprenditoria e nella politica, trasformandosi nell’ossessione dei conservatori e dei fanatici. Le rivendicazioni delle donne fanno più paura di quelle del proletariato. La donna colta crea scompiglio. I fondamentalisti sono terrorizzati dal risveglio femminile in tutto l’universo musulmano. La rapidità del mutamento delle relazioni fra i sessi è stata vertiginosa, la spinta verso la liberazione della donna investe decisamente campi finora tabù, compresi, da un lato, gli studi religiosi e l’esegesi coranica e, dall’altro, quelli avanzati della ricerca sociologica e psicologica. Le donne sono, in ultima analisi, l’avanguardia delle rivoluzioni arabe.

 

Casalino Pierluigi, 8.10.2011.