Con i tempi che corrono impietosisce la famiglia che non riesce ad arrivare a fine mese, ma questa intervista credo comunque debba far riflettere. La Casta è un frutto marcio ereditato dalla Prima repubblica, che ora si sta finalmente e progressivamente staccando dall'albero. Ma come spesso accade nel nostro strano paese, ci si arriva sempre tardi e spesso non ne pagano le conseguenze i veri responsabili.
INTERVISTA A ISABELLA BERTOLINI
(La casta e la politica)
«La politica mi ha tolto tanto. Mi ha strappato amori e vita privata. Mi ha condannato a notti silenziose nel mio bilocale in affitto a due passi da Montecitorio e a cene senza amici con l’ultimo disegno di legge stretto tra le mani. Sono anni che non vado a una festa, che non ballo, che non scappo a un cinema, che non rido a crepapelle... Ma una cosa deve essere chiara: ho scelto questa vita e non sono pentita». Una pausa leggera. Per qualche istante Isabella Bertolini, deputata modenese classe 1963, un matrimonio alle spalle e vent’anni di vita “regalati” a Berlusconi, si ferma a pensare come se cercasse le parole più giuste per spiegare il suo stato d’animo. Per raccontare una vita dove successi politici importanti non sono riusciti a bilanciare grandi rinunce e grandi solitudini. «Rifarei però tutto. Rivivrei i momenti esaltanti e accetterei offese e ingiustizie: la politica è così. Ma era ed è la mia vita e sono orgogliosa di averla scelta». È uno sfogo chock dietro il quale si agita un secondo messaggio. Più netto. Anche più “rumoroso”. Per la prima volta un parlamentare racconta lo strappo sempre più profondo tra la politica e la società. «Rivivrei tutto, ma sono stanca di generalizzazioni, di luoghi comuni: politici ladri, politici corrotti, politici furbi... L’altro giorno apro Il fatto quotidiano, c’era una foto del mio capogruppo Fabrizio Cicchitto. Era allo stadio. Stringeva il telefonino. Sorrideva. Sotto c’era un titolo: “La casta a vedere la partita gratis”. Qualche ora dopo scorro le agenzie e vedo la risposta con cui Cicchitto sbugiardava il quotidiano: un numero di tessera della Tribuna Monte Mario che Fabrizio paga da anni». La colpa è dei giornali? «Anche dei giornali e così non si va avanti. Sono stanca dell’odio della gente e stanca di chi l’alimenta. Ha capito bene, ho detto odio. Ogni martedì mattina mi alzo alle 5 per andare a Roma. Prendo sempre lo stesso treno e sento sempre sussurrare le stesse parole: “Questi parlamentari nemmeno tirano fuori i soldi per il biglietto”». Oggi schierarsi con i politici è complicato. «Oggi la gente non distingue. Ci vorrebbe tutti morti, tutti fuori gioco. C’è sempre di più la tentazione di umiliare chi ha scelto la politica. E di non capire che fare politica è anche impegno, passione, frustrazione, dispiacere». Umiliare? «Esatto umiliare. L’altro giorno ho preso un taxi davanti a Montecitorio. Beh, ho sentito bene che cosa hanno urlato al tassista: “Faccia presto perché l’onorevole deve correre al bunga bunga”. Forse qualcuno potrebbe ridere, io no. Non ce la faccio ad accettare questa gogna. Per me la politica è impegno, moralità, lotta agli sprechi e non riesco davvero a restare in silenzio davanti a tanta ostilità». Lei però vive a Montecitorio e sa che esiste la casta, che esistono i privilegi... «La casta c’è. Privilegi e sprechi ci sono, ma c’è anche chi, dentro il Parlamento, prova a combatterli. Non è giusto colpire nel mucchio. Tutti. Senza distinzioni. Senza guardare storie e leggere biografie. E non è più tollerabile assistere in silenzio a questa lapidazione quotidiana. Basta omertà, basta girarsi dall’altra parte, basta piegarsi alla demagogia: Fini e Schifani si facciano sentire: tanti, tantissimi, parlamentari sono persone perbene». Sprofondati in un divanetto di Montecitorio, ascoltiamo Isabella Bertolini “legare” ancora la sua vita alla politica. L’impegno nel sociale già ai tempi del liceo, la politica locale, la scelta di Forza Italia, le novemila preferenze alle regionali del Duemila, l’ascesa con Berlusconi. «La politica è tutto, quasi non esistono altre cose. È una scelta assoluta, totalizzante. Capace di darmi gioie immense. Ma anche immense amarezze e immensi rimorsi. Qualche giorno fa pensavo a mia mamma. Alla sua malattia e al suo coraggio. «Un cancro la strappava alla vita e io l’ho accompagnata una sola volta a fare chemioterapia... Capisce i sensi di colpa? Non voglio fare la vittima, ma mentre lei se ne andava, io ero a Roma, ero la vicepresidente del gruppo, relatrice della legge Bossi-Fini». Non c’è spazio per la commozione. La mamma di Isabella Bertolini era forte e voleva una figlia forte. «Capiva quanto amavo la politica. E non mi ha mai fatto pesare le assenze. Anzi mi incoraggiava. Era lei a segnalarmi le notizie, a ritagliarmi articoli di giornale, a prepararmi una piccola rassegna stampa personalizzata. L’11 settembre avrebbe festeggiato gli anni...». La Bossi-Fini, parliamo di nove anni fa? «Un periodo pieno di emozione e di lacrime. Io crescevo politicamente e il mio matrimonio si sfarinava. Molto per colpa mia. Sono stati anni duri, di crisi, di silenzi. Mai un teatro, mai una mostra, mai una festa. Ma non mi pento delle rinunce. Ho solo un tormento che di tanto in tanto si riaffaccia: non aver avuto figli. Ma forse doveva andare così: sa, ho sempre pensato che la cosa più assurda che una coppia possa fare è mettere al mondo una creatura per cercare di tenere in piedi un matrimonio che va a fondo».
E ora? «Sono riuscita con tanta fatica a ricostruire la mia vita privata e a ritrovare serenità. Magari perché sono invecchiata: a quarantotto anni si ha una maturità diversa, una consapevolezza diversa. Ma mi creda: dietro la politica troppo spesso c’è solitudine». La storia di Isabella Bertolini è una storia isolata? «No, le mie amarezze sono le amarezze di tanti miei colleghi. Montecitorio e Palazzo Madama sono pieni di storie amare. Di matrimoni saltati. Di amori negati. Di vite senza figli. Conosco deputati e senatori che si sono lasciati alle spalle cumuli di macerie e che non ce la fanno più a sopportare questa incredibile diffidenza della gente». Sandro Bondi ha lasciato piegato dai giudizi. «Sandro era un ministro, uno di quelli che decidevano dentro il Pdl, uno che viveva al fianco di Berlusconi... Poi, anche lui ha fatto, fino in fondo, i conti con la durezza della politica e ha scelto di farsi da parte. In silenzio». Anche Berlusconi è un perdente? «Non un perdente; Berlusconi è quello che ha perso più di chiunque altro. Ha perso la libertà, la spensieratezza, forse anche l’entusiasmo. Eppure lotta ancora. Come un leone ferito. Il presidente ha subito e continua a subire un linciaggio che avrebbe messo al tappeto chiunque e invece... Però lo vedo solo, terribilmente solo. E vedo soli tanti di noi: la nostra è la storia di una grande battaglia che non è proprio andata come volevamo. Abbiamo creduto che una grande rivoluzione fosse possibile, ma non è stato così. Almeno fino a ora». Sia onesta: è Berlusconi il nemico della gente? «No, è la politica. La gente c’è l’ha con il Palazzo non con una parte di esso. E vuole una previsione: quando il premier uscirà di scena tutti i leader delle opposizioni lo seguiranno. L’uscita di scena di Berlusconi provocherà una valanga che travolgerà Bersani, Veltroni, D’Alema... Tutti, tutti, nessuno riuscirà a restare in piedi». Capisce la rabbia della gente? «Capisco le loro paure per un futuro privo di certezze, di punti di riferimento, di prospettive. E capisco che è surreale pretendere comprensione. La gente ha le sue priorità, i suoi bisogni quotidiani. Vede la Grecia precipitare nel baratro e teme che anche l’Italia possa fare la stessa fine. E allora è faticoso raccontare la storia di tanti piccoli drammi umani in un dramma sociale e politico così sconvolgente come è la crisi che stiamo vivendo. Ed è inevitabile che questa tragedia amplifichi la protesta e la rabbia. Ma l’odio no; l’odio non lo accetto». Che cosa sta succedendo? «Lo scollamento tra noi e l’opinione pubblica è profondo, il solco fa paura. Lo scriva: siamo entrati in un tunnel e non vedo più la luce. Eppure non mi vergogno di essere parlamentare e, nonostante tutto, continuo a pensare che la politica sia la strada maestra per far girare il mondo in maniera diversa, per correggere ingiustizie e restituire speranze». Sono parole anche belle, ma la gente non vi crede e non si fida. «So che la gente faticherà a capire. So che mi fermeranno per strada dicendomi “se questa vita non ti piace lasciala, mollala”, ma vorrei che il mio grido non venisse letto in maniera superficiale. Che finalmente si capisse che la politica non è per tutti privilegio; è anche sacrificio, anche rinuncia, anche impegno, anche privazione. Se la gente lo capisse ricostruire sarebbe meno complicato».
(from Mauro Malaguti )