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Transvision 2010 Stefano Vaj

*da CONTROCULTURA SUPEREVA INTERVIEW

*Stefano Vaj: tra i leaders della nuova futurologia italiana e europea, internazionale.

 D- Il futurismo alla luce del postmoderno e del postumano

(Stefano Vaj) Il futurismo naturalmente si invera e realizza nel superamento dell’umanismo e, attraverso la conquista tecnica del mondo e della nostra stessa natura, della condizione umana medesima. Ma in fondo, come dico nell’articolo di introduzione al numero speciale di Divenire sul futurismo, l’importanza decisiva del futurismo consiste nel fatto di rappresentare proprio la saldatura tra il pensiero postumanista che da Nietzsche e Darwin in poi si sforzava ormai da una cinquantina d’anni di pensare un mondo ormai totalmente esplorato, in cui Dio è morto e l’uomo è chiamato a diventare qualcosa di diverso da sé per “ereditare la terra”, da un lato; e la presa d’atto, dall’altro, dei portati della tecnica moderna, che rappresenta il mistero stesso di tale trasformazione, la sfida centrale di tale autosuperamento, il pericolo e l’opportunità più grande nascosta dietro la singolarità storica che ci incalza, singolarità che solo un’entropica fine del divenire storico-culturale – del resto da più parti auspicata nelle vesti del ritorno ad un’Età dell’Oro, come tale alla fin fine colorata di aspetti pre-umani – potrebbe davvero scongiurare.....

 H+ webzine - Recensioni 

Mutare o perire. La sfida del transumanesimo - 23/02/2010

Prefazione di Stefano Vaj

Mutare o perire. La sfida del transumanesimo (Sestante Edizioni, Milano 2010) è un libro che non ha paura di richiamarci all’esortazione nietzschana a “divenire ciò che siamo”, e che si colloca in quello spazio prometeico, futurista ed apertamente postumanista della cultura europea che vede oggi in Riccardo Campa uno dei più impegnati ed autorevoli esponenti.

Campa è infatti un autore pienamente integrato nel movimento transumanista, ed anzi particolarmente rappresentativo dello stesso, ma in cui appunto si esprime in modo più chiaro la consapevolezza della connessione, a vari livelli, tra il superamento dell’umano (“postuman-ismo”) e quel superamento heideggeriano dell’umanismo (“post-umanismo”) che appare oggi al tempo stesso il presupposto e la inevitabile conseguenza della metamorfosi che la tecnoscienza ci spalanca – può spalancarci, se sapremo guardare al nostro destino negli occhi. Giacché tale difesa dell’ “antropocentrismo”, nel senso in cui Roberto Marchesini utilizza questo termine, l’umanismo cioè ed inteso come orizzonte ultimo ed obbligato della nostra avventura, rappresenta l’esatto contrario dell’Umanesimo che ricollegandosi, agli albori dell’era moderna, alle più antiche radici all’epoca conosciute incarnò il primo vagito di riscossa dall’alienazione monoteista e dualista; e costituisce invece il collante generale, il comune denominatore di chi tra “mutare” e “perire” (perire se non altro come “esseri storici”) non ha oggi esitazioni a scegliere il secondo termine. Ma rappresenta pure una scoria ed un riflesso condizionato capace di risorgere anche dove meno te lo aspetti, laddove ad esempio l’entusiasmo più o meno naïf per la tecnoscienza rischia di colorarsi, specie oltreoceano, di determinismo, universalismo, provvidenzialismo (magari nella forma di qualche Mano Invisibile di natura economica…), quando non di tinte apertamente escatologiche – del resto facilmente suscettibili di rovesciarsi in millenarismo, vedi la recente insistenza di alcuni autori sui cosiddetti “rischi esistenziali” – che è facile decostruire come l’ennesima secolarizzazione del mito giudeocristiano...

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