L'arte contemporanea secondo Vittorio Sgarbi a Spoleto Arte

La rassegna propone le opere di un nutrito gruppo di artisti

attivi nella pittura, nella scultura e nella fotografia.

A Spoleto,

al Palazzo Leti-Sansi

l'arte contemporanea vista da Sgarbi

Molta curiosità suscita la personale di Dario Fo che espone
20 tele che raccontano la sua passione per la pittura,
dagli esordi, nel 1945, fino ai giorni nostri. Per la fotografia
Roberto Villa documenta Pasolini regista cinematografico.


SPOLETO (Umbria) - «Ipotesi, ricerche, speranze». Sintetizza così Vittorio Sgarbi «Spoleto Arte», la rassegna di arte contemporanea (in corso a Palazzo Leti-Sansi) che propone le opere di un nutrito gruppo di artisti (molti noti, molti altri ascritti da Sgarbi alla categoria degli «emergenti») attivi nella pittura, nella scultura e nella fotografia.



Vittorio Sgarbi ne tratteggia le caratteristiche nel testo introduttivo al catalogo:

«Dopo la soglia di Dario Fo, di Eugenio Carmi e Jose Dalì, che attraversa il sogno e ritrova i fantasmi del padre, una serie di artisti selezionati senza una regola o uno schema di squadra si affacciano a Spoleto.

S'inizia con Alberto Pistoresi, scomparso a Lucca da qualche anno. Vedutista di spazi urbani e di paesaggi nella sua Toscana, Pistoresi è pittore di luoghi non disturbati dall'uomo. La sua è una visione distante, a tratti ovattata. L'uomo più  che esserci, è stato . Se ne sente l'impronta, l'eco della voce, e una solitudine immensa, incolmabile.

A sua volta vedute sono quelle, con il filtro degli occhiali, di Max Laudadio, esotico e domestico insieme. Ciò che vede si fa quadro, ovvero si riquadra nel taglio della montatura degli occhiali: un'idea semplice, ma pensata, come punto di vista, e trovata. Laudadio è ironico, spiritoso, pop.

Una pittura materica, raffinata e, tendenzialmente, monocroma persegue Alessandra Turolli che trova forma, e forma gentile, nell'informale. La sua tentazione non è l'astrattismo ma il simbolismo, con riferimenti e significati esoterici che integrano le suggestioni di Alberto Burri.

Mariapia Severi ci inghiotte nello spazio attrattivo delle sue forme. Fotografie che non documentano ma evocano. Negli scatti della Severi non i luoghi, ma la percezione dei luoghi, la memoria indefinita non delle situazioni e dei particolari, ma delle sensazioni, come ciò che resta di un sogno. Le fotografie di Mariapia Severi sono una sfida alla memoria, il tentativo di fotografare i ricordi, la natura, anche imprecisa ma decisiva. Come chi si sveglia all'improvviso, e ricorda soltanto i frammenti di un sogno, perdendone il senso, la continuità narrativa. Esse sono dentro di noi. Nel ricordarle non abbiamo una conoscenza compiuta, ma una conoscenza intuitiva. Di questa dimensione, di questa intuizione Mariapia Severi ci vuole restituire una corrispondenza fotografica. Così la sua tecnica appare impressionistica e divisionistica come la trascrizione di un sogno. Contro la distanza dei luoghi impone la perdita del fuoco, rinunciando alla nitidezza che é propria della riproduzione fotografica.

 Curiosa la visione cosmica di Giuseppe Santonocito che impone macchine e sistemi geometrici in uno spazio cosmico stellato, sottratto. Ma quanto gioco c'è in queste invenzioni come ring per contenere le energie della natura ?

Una piena maturità, nello spirito ludico e quasi neo deco, ha raggiunto Luigi Galligani. I suoi bronzi sono composti e spiritosi, annunciano presenze favolose come sirene e divinità, opime e accoglienti. La sua forma attualizza il gusto degli anni trenta del '900, con convinzione e ironia.4

Su una posizione d'inerzia, cercando affinità tra la forma nell'uomo e quella natura, sta Gianmaria Bonà, vedutista sentimentale.

Pienamente matura appare anche l'esperienza di Venera d'Alessandro. Le sue vedute hanno rigore e desolazione come variazioni sul paesaggio suburbano di Sironi, allontanato e prolungato nel punto di vista. Sulla sua natura grava una luce crepuscolare di inizio o di fine giornata, quando ancora le presenze umane non sono registrate.

A un pattern visivo immediatamente riconoscibile punta, con le sue composizioni verticali, Francesco Pezzucco che ha impronte ripetute di forte evocazione.

Nessuno può dire se la grazia ed eleganza di Alba Tortorici approderanno a un risultato formale definitivo: ma intanto si registrano come prove degne di memoria.

Sul versante astratto, più che mai inseguendo forme ed  energie della natura, si pone Simona de Maira.

Passato attraverso l'esperienza dell'astrattismo, ritorna alla figurazione Luigi Piccioni, con sobria eleganza.

A un anacronistico simbolismo si indirizza Daniela Ventrone con visioni e incubi.

Fabrizio Pinzi elabora un surrealismo carico di significati, ripartendo da Dalì e da Max Ernst.

Illustrativo ed esotico appare Aniello Saravo, mentre all'Ecole de
Paris e all'espressionismo tedesco s'ispira
Nino Perrone.

Denso e intenso nella pittura a spatola appare Giuseppe Oliva.

Ambiziosa nelle sue simbologie è l'opera di Ruggiero Marani.

Jacqueline Domine pratica la fotografia come un approfondimento della conoscenza, dato che il suo obiettivo è cogliere un'essenza, un'idea di pura luce.

Al teatro fa riferimento Grazia Maria Massa, resistente alla retorica, per l'essenzialità anche nei temi più pericolosi.

Pregevoli anche i risultati di Clara Fantini, astrattista con nostalgia della figurazione.

Molto ambiziosa è la ricerca cosmica di Antonella Laganá, mentre sofisticata, soprattutto nell'affrontare il mondo misterioso dei fiori,è Angelica Cioppa.

Al gusto di Tancredi si ispira Alessandro Testa, mentre a Pollock guarda Iole Caleffi Versani.

Chiude la rassegna Anne Maria Ambrosoli, il cui tachisme è vivace e festoso, in una tessitura cromatica che richiama gli arazzi.



Molta curiosità suscita la personale di Dario Fo. Il grande attore e regista espone 20 tele che raccontano la sua passione per la pittura, dagli esordi, nel 1945, fino ai giorni nostri. Ma non solo. Assieme alle tele, Dario Fo ha portato a Spoleto immagini, disegni e video che raccontano aspetti noti e meno noti del suo lavoro teatrale, foto di scena e scenografie.



Per la fotografia Roberto Villa, che nel 1973 è stato invitato dallo scrittore a fotografare le riprese del film Il fiore delle Mille e una notte, documenta il Pasolini regista cinematografico.



Il supporto organizzativo è logistico della rassegna è curato dalla «Promoter Arte» di Salvo Nugnes. A richiesta (info@spoletoarte.it) sono disponibili gallerie di immagini delle opere degli artisti, anche ad alta risoluzione.


l'Ufficio Stampa
Nino Ippolito