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Bruce Sterling è un autore di fantascienza statunitense. Celebre per Mirrorshades, un'antologia di racconti di fantascienza del 1986 che ha contribuito a definire il filone cyberpunk, Sterling ha pubblicato diversi romanzi di fantascienza, testi di tipo giornalistico e alcuni saggi. Collabora al mensile Wired per il quale ha incontrato Gianroberto Casaleggio.
di Bruce Sterling
"L’ho incontrato ne suo ufficio di Milano. Abbiamo parlato di una gran varietà di argomenti. Si è dimostrato lucido e chiaro. Non è affatto oscuro o misterioso. È praticamente trasparente. Con Casaleggio quello che vedi, compri. Ha l’aspetto di uno stratega internet con le abitudini semplici di un militante ecologista. E ha quell’aria lì perché lo è davvero. La cybercultura italiana può essere esotica e bizzarra. Raf “Valvola” Scelsi ed Ermanno “Gomma” Guarneri negli anni ’80 erano due celebri estremisti del network milanese. Valvola e Gomma hanno pubblicato fumetti psichedelici nel corso di occupazioni anarchiche. Li ho conosciuti. Erano tipi pazzeschi. Forse erano le persone più cool della terra.
Casaleggio è pure lui un appartenente alla cybercultura milanese, ma adesso siamo nel 2013. Si presenta come un gentiluomo sobrio e di età matura, con l’aspetto del secchione, un professionista delle relazioni pubbliche in giacca e cravatta. È calmo, ben organizzato, riflessivo e cauto. Lavora in un ufficio piacevole e modesto nel cuore di Milano, in un bel palazzo d’epoca vicino alla casa di Alessandro Manzoni: «Un sacco di gente ci passa davanti tutti i giorni ma non sa che è la casa di Manzoni. Presto, quando tutte le informazioni che riguardano il mondo intorno a noi ci saranno disponibili, magari grazie a un paio di Google Glass, chiunque avrà accesso in tempo reale, passeggiando, a tutto ciò che c’è da sapere su quel palazzo», dirà sorridendo durante la nostra chiacchierata. Casaleggio dispone di impiegati indaffarati, di computer e di poltroncine da ufficio di buon design. La sua attività di consulenza sulle pubbliche relazioni ha un logo gradevole e una veste tipografica appropriata. Casaleggio porta i capelli lunghi, ma è vicino ai sessanta. È fortunato ad avere capelli così folti. Quel taglio gli dona. È diventato il suo marchio caratteristico. Ci siamo accomodati in una sala riunioni stretta ed elegante, alle pareti parecchi ritagli di giornale incorniciati, che illustrano i notevoli successi conseguiti dal Movimento 5 Stelle. Dato che questa intervista mi è stata commissionata da Wired, ho cominciato a chiedere a Casaleggio del suo hardware. Usa l’iPhone, l’iPad, un Kindle per i parecchi libri che legge, e nel suo ufficio ha diversi pc.
E poi Casaleggio ha rivoltato la domanda in una malinconica descrizione della sua vita idilliaca in campagna: ha una casa in collina, e ha paragonato la sua vita familiare nei boschi a quella di Henry David Thoreau, come il filosofo trascendentalista americano la descrisse nel suo classico letterario Walden ovvero Vita nei boschi. Naturalmente nel suo rifugio Walden Casaleggio resta connesso a internet. Ha un wireless a banda larga – probabilmente perché nel programma del M5S è incluso l’accesso alla banda larga wireless per tutti i cittadini italiani. Tuttavia questa annotazione ha dato il tono all’intervista. Casaleggio possiede i suoi computer ma preferirebbe parlare del piacere e della libertà di non possederne. È un uomo dalle abitudini ascetiche, ecologiste. Lo annoiano o addirittura lo disgustano le cose che i consumatori medi apprezzano o ammirano. È vegetariano. Gli pare una stupida perdita di tempo mettersi lì a collezionare orologi d’oro o robe del genere. Come è noto, il M5S è un “movimento”, più che un partito politico. Perché? Perché è meglio non dover sopportare la tediosa e ingombrante gerarchia che nasce quando si diventa partito. Il movimento è privo di leader perché anche i leader intralciano. Al posto dei leader i Cinque Stelle hanno Beppe Grillo, un oratore che non è alla caccia di cariche pubbliche, e Casaleggio, che fino a poco tempo fa ha raramente detto qualcosa a qualcuno.
Gianroberto Casaleggio non sta certo facendo campagna per farsi eleggere. Non desidera alcun ruolo ufficiale nelle istituzioni. Pensa che il governo dovrebbe essere digitalizzato: «C’è la burocrazia utile e quella inutile. L’80% della burocrazia è senza senso. Il 50% della restante burocrazia utile può essere cancellato dall’uso della rete. Il parlamentare è l’esecutore del volere della collettività. Per questo ogni decisione importante va sottoposta a referendum. Un discorso a parte va, invece, fatto per la magistratura: il potere giudiziario deve mantenere la sua indipendenza. Certo, i cambiamenti non possono essere fatti in maniera drastica, ma in modo graduale». Il potere pubblico dunque dovrebbe sempre essere ricondotto alla volontà dei singoli. Un ridimensionamento analogo andrebbe fatto per le grandi opere pubbliche, come i treni ad alta velocità e le centrali nucleari. Sono progetti complessi, ingombranti, eccessivamente costosi e lontani dalla volontà popolare. Sarebbe un bene per tutti se la gente dicesse “No”.
Il denaro suscita in Casaleggio un vivo disprezzo. Le vite delle persone sono dominate da complesse transazioni economiche. Il vero desiderio delle persone non è il guadagnare e spendere denaro. In realtà le persone desiderano avere tempo libero, alcune risorse e la possibilità autentica di interagire e partecipare. Se la gente se ne rendesse conto e cercasse di ottenere queste cose, la vita sarebbe più piacevole e anche migliore dal punto di vista dell’ambiente. Casaleggio considera l’euro un’imposizione artificiosa, opera di burocrati distanti e insensibili, incapaci di comprendere le condizioni storiche e culturali locali.
Come spesso accade, le persone disinteressate al potere e alla ricchezza invece tengono a essere famose. Casaleggio no. È piuttosto evidente che per lui la notorietà è un altro fardello, un’altra perdita di tempo che interferisce con una vita saggia. Detesta così cordialmente l’attenzione dei media che mi veniva voglia di chiedergli scusa per l’intervista. È stato gentile da parte sua tollerare con pazienza la necessaria confusione di bloc-notes, registratori, traduttori, fotografi e così via. E poi c’è il triste flagello della televisione.
Gianroberto Casaleggio ha tutti i motivi, e motivi interessanti, per essere infastidito dalla televisione. Ma nel suo modo frugale e cauto si è accontentato di dire che la televisione italiana è:
a) oberata di debiti;
b) storicamente condannata;
c) basata su un obsoleto modello di media “one to many”;
d) impegnata nel vano inseguimento dell’audience di prima serata, ormai perduta;
e) così passiva che anche suo figlio di 7 anni preferisce di gran lunga un iPad.
«La televisione non mi interessa», sintetizza. «Parlare di televisione è come parlare dei dinosauri. Non ha senso parlare del futuro dei dinosauri, perché si sono estinti».
Dato Che Casaleggio è così serenamente indifferente alle necessità che governano il resto dell’umanità – fama, potere e denaro – viene spontaneo chiedersi che cosa gli piaccia. Gli piacciono i libri, i film e internet. In particolare gli piacciono gli ebook, i film digitali e, soprattutto e sempre, internet: «Come si chiama quella piattaforma? Netflix. Se si potesse usare Netflix in Italia guarderei molti più film», dice con un sorriso. Casaleggio è uno stratega della rete. È questa la sua missione, la sua passione, la sua causa e la sua vocazione. Se ne occupa da tanto tempo, è molto interessato e capace. Sul biglietto da visita si autodefinisce “Net Strategist”. È molto meglio chiamarlo così, questo è certo, che non “esperto di pubbliche relazioni” o “professionista del marketing”, giacché si dimostra ben poco interessato a vendere qualcosa per trarne profitto.
A quanto pare ha letto qualunque libro sia mai stato scritto nella Silicon Valley a proposito della strategia internet, compresi i molti lavori di guru come Howard Rheingold, Lawrence Lessig, Steven Johnson, Malcolm Gladwell, Duncan Watts, Nicholas Negroponte e così via. Casaleggio è brillante tanto quanto lo sono questi americani. Il suo M5S è stato la prima organizzazione basata su internet a entrare massicciamente nel parlamento di un paese del G8, grazie a elezioni libere e corrette. Nessun esperto di rete americano è mai arrivato a tanto. E dunque è certamente giusto presentare Casaleggio come un maestro italico tra i guru mondiali di internet. Un maestro con un’arma in più: la storia. Nessun collega americano conosce neanche lontanamente la storia come la conosce lui. Casaleggio la conosce nello stile di Umberto Eco, con dettagli barocchi, come gli armamenti dell’esercito di Sparta e le persecuzioni e le cacce alle streghe dei Catari nel Piemonte tardo medioevale. Quando siamo finiti, non so come, a discutere dei controversi fatti che portarono Gabriele D’Annunzio alla proclamazione della Reggenza del Carnaro, Casaleggio ha subito tirato fuori una copia della Costituzione anarco-sindacalista dell’utopia pirata immaginata dal poeta che voleva annettere Fiume al Regno d’Italia. Sono quasi certo che sia l’unico guru della rete a possedere e ad aver letto questo libro.
Ho chiesto a Casaleggio se, secondo lui, ci sono stati in passato periodi politici simili a quello odierno. Mi ha subito citato la Grande Depressione degli anni ’30, e in dettaglio. L’avvento di un’internet politica è paragonabile all’uso della radio fatto da Franklin Roosevelt. E come negli anni ’30 ci troviamo di fronte alla possibilità che in questo periodo di crisi economica un estremismo violento e razzista abbia la meglio sulla democrazia. Ha analizzato la prospettiva con calma, ma è stata la cosa più spaventosa detta nel corso della giornata.
Gli ho fatto domande su alcuni avvenimenti di attualità. Che ne pensa di Edward Snowden e dello scandalo Nsa? «Ci saranno tanti altri scandali del genere. È ovvio. Se si possono accumulare quantità così enormi di dati, qualcuno prima o poi li userà». Insomma, l’ingigantirsi dei database fa sì che le persone finiscano per spifferare i segreti. Sembra che il tema dei dati personali gli stia particolarmente a cuore: «Prendiamo una piattaforma che gestisce tanti dati come Facebook... Io sono convinto che i dati debbano appartenere alle persone. Nei social network finiscono i nostri dati, ma non significa che la piattaforma che li ospita li possieda. Dobbiamo garantire alle persone un modo per far sì che quando ci si disconnette da Facebook o da LinkedIn i dati restino con loro e non con la piattaforma», mi dice Casaleggio. In un mondo meglio organizzato ogni singolo individuo custodirebbe i propri dati personali. I dati non si accumulerebbero in queste banche enormi e non a prova di fuoriuscite: «Si dovrebbero creare degli standard», aggiunge. Gli ho chiesto chi dovrebbe incaricarsi di creare e far rispettare questi standard di privacy digitali. Le nazioni? No, le nazioni sarebbero troppo piccole. L’Europa? No, l’Europa non è adatta. «Dovrebbero essere standard globali», ha detto Casaleggio, con un sorriso. Lui lo sa che una cosa del genere non esiste. E se esistesse un governo mondiale organizzato, probabilmente non gli piacerebbe.
Casaleggio sospetta che un giorno o l’altro arriverà un’Internet delle cose. Ma non ha alcuna aspirazione a costruirla o a gestirla. Al contrario è guardingo, cauto e paziente, perfino riguardo alla piattaforma di “parlamento elettronico” che il M5S spera di lanciare tra non molto, «meglio se open source, ma non è detto che lo sia». Il software può crashare, ha detto. Il software è complicato, è gravoso e può perfino essere pericoloso: «Prendiamo Stuxnet. Era solo un virus. Un programma capace di bloccare una centrale nucleare, di controllarla. Magari di farla esplodere, distruggendo una nazione. È un caso chiarificatore di come i software, le reti possano intervenire sul mondo fisico. Nel mondo contemporaneo immaginazione e realtà possono facilmente confondersi», spiega con una certa preoccupazione.
Ma Casaleggio non è un hacker di software e ritiene internet preziosa essenzialmente per i suoi valori etici di trasparenza. Per essere ancora più precisi, ama i blog come medium. Legge blog, gestisce blog, adora i blog come piattaforme fondamentali per l’opinione pubblica. Vede i blog come meccanismi liberatori per l’espressione diretta, non mediata da capi, della pubblica volontà. Nell’universo morale di Gianroberto Casaleggio la gente dovrebbe esprimere sui blog in rete la volontà e il bisogno di cambiamento. E i funzionari eletti dovrebbero considerarsi umili dipendenti di questi costituenti elettronici. «Se guardo al mondo attuale, vedo masse di giovani che non accettano più lo status quo. Manifestano la loro volontà di cambiamenti in strada e sulla rete. È un segno del tempo che non si può non cercare di comprendere. E, invece, il primo ministro turco, nei giorni dell’occupazione di Piazza Taksim, ha insinuato che Twitter sia un covo di terroristi…». I partiti politici convenzionali potrebbero avere difficoltà a capire che rischiano di essere sgretolati da internet: un po’ come Wikipedia ha mandato in rovina il settore delle enciclopedie, o come Google ha rovinato i giornali e Napster l’industria musicale. Ed è ovvio che è questa rottura con il passato ciò che Casaleggio ha in mente con il M5S e la politica italiana.
Io vengo dal Texas e non mi sognerei di offrire agli italiani alcun consiglio politico. Non pretendo di capire la vostra politica e non so davvero molto del vostro sistema di governo. Tuttavia mi è molto chiaro quello che Casaleggio sta facendo in Italia. Vuole liberarsi dell’intermediazione dei partiti e dei media convenzionali, collegarsi direttamente agli elettori, usare il crowdsourcing e spingerli a candidarsi e votarsi da soli, usando le piattaforme di Casaleggio. Nessun altro al mondo è riuscito a fare con tanta efficacia e su scala così vasta quello che lui ha fatto in Italia. Ma non c’è nulla di nascosto, di misterioso o di magico in tutto questo. Il suo attivismo digitale probabilmente è la cosa meno misteriosa della politica italiana.
Capisco che Casaleggio come uomo possa sembrare un po’ difficile da decifrare agli occhi della gente. Le persone molto attive nella vita pubblica di solito sono parecchio interessate al potere, o al denaro o alla fama. Lui non lo è, e uomini del genere sono rari. E tuttavia non sono soprannaturali. Quando gli ho chiesto se nella vita pubblica ci fossero altri come lui, persone che consideri suoi pari, ci ha dovuto pensare su intensamente. Alla fine ha nominato il fondatore di Wikileaks Julian Assange e il teorico e organizzatore dei gruppi di protesta Occupy David Graeber. Per me, tuttavia, Casaleggio assomiglia al teorico del free software Richard Stallman, un altro idealista digitale, un capellone che nutre un analogo disprezzo per i beni materiali. È anche un po’ come Jimmy Wales, perché la gente in qualche modo immagina il fondatore di Wikipedia molto più ricco e molto più potente di quanto in realtà non sia. Casaleggio, è evidente, prova una grande soddisfazione nel fare eleggere gli altri. Non è il tipo che guida in prima persona una nazione. È intelligente, si esprime con proprietà, se ne intende di comunicazione e media, ma c’è qualcosa di distante in lui, quasi di cybervisionario. Gli manca il tocco del politico. Ha una certa riservatezza e senso del contegno da milanese, quell’essere guardingo del geek timido, che teme le persone dirette. Grillo è il commediante sarcastico e senza paura, che ama le folle plaudenti. Casaleggio è il supporto tech. Per fare un riferimento storico – e tenete sempre presente che io vengo dal Texas – Grillo è come Garibaldi che guida le cariche, Casaleggio è come Mazzini che pubblica le riviste repubblicane clandestine. Se avessero un Cavour in parlamento, probabilmente darebbero vita a una nuova Italia. Ma il Cavour non ce l’hanno. Almeno per il momento. Non sta a me dirlo, ma credo che questa potrebbe rivelarsi una difficoltà per il M5S.
Gli ho chiesto se ci fosse qualcosa che voleva dirmi, qualcosa che non fosse una risposta alle mie domande. Casaleggio mi ha confessato di essere ottimista riguardo al futuro. Pensa che nel giro di dieci anni la gente condurrà una vita migliore. E che gli italiani in particolare staranno molto meglio di quanto non stiano ora. Poi ha parlato del suo concetto di democrazia compiuta: «Un sistema in cui tutti hanno gli stessi diritti civili e in cui ognuno partecipa al bene comune e lo fa perché è giusto. Se fosse così oggi l’Italia sarebbe un paese migliore. Credo questo sia uno dei percorsi necessari per uscire dalla crisi economica. Parliamo di spread e mai di valori. Dobbiamo cercare un altro modo di vivere in cui recuperare il tempo e la relazione con gli altri. Tempo, relazione e sviluppo sono valori, la crescita non lo è. Credo che in futuro questi valori conteranno». Un’affermazione simile è strana e insolita, nell’Europa di oggi. Ma è ancora più strano che pochissime altre figure politiche in Europa possano esprimerla con qualche convinzione. Casaleggio sembra stagliarsi lì, praticamente solo, l’unico a dire le cose belle che la maggior parte degli elettori di norma vorrebbe sentire. Immaginiamo che la situazione migliori davvero. Immaginiamo che le nubi nere della Depressione si sollevino, e tornino i giorni felici. Come ce lo spiegheremmo? Perché questa sarebbe una realtà politica; e dunque dovremmo in qualche modo spiegarla. Di chi era la visione che si è rivelata giusta? Chi sarebbero i vincitori? Chi sarebbero i realisti? Dove dovremmo andare a guardare?" Bruce Sterling per Wired
"L’ho incontrato ne suo ufficio di Milano. Abbiamo parlato di una gran varietà di argomenti. Si è dimostrato lucido e chiaro. Non è affatto oscuro o misterioso. È praticamente trasparente. Con Casaleggio quello che vedi, compri. Ha l’aspetto di uno stratega internet con le abitudini semplici di un militante ecologista. E ha quell’aria lì perché lo è davvero. La cybercultura italiana può essere esotica e bizzarra. Raf “Valvola” Scelsi ed Ermanno “Gomma” Guarneri negli anni ’80 erano due celebri estremisti del network milanese. Valvola e Gomma hanno pubblicato fumetti psichedelici nel corso di occupazioni anarchiche. Li ho conosciuti. Erano tipi pazzeschi. Forse erano le persone più cool della terra.
Casaleggio è pure lui un appartenente alla cybercultura milanese, ma adesso siamo nel 2013. Si presenta come un gentiluomo sobrio e di età matura, con l’aspetto del secchione, un professionista delle relazioni pubbliche in giacca e cravatta. È calmo, ben organizzato, riflessivo e cauto. Lavora in un ufficio piacevole e modesto nel cuore di Milano, in un bel palazzo d’epoca vicino alla casa di Alessandro Manzoni: «Un sacco di gente ci passa davanti tutti i giorni ma non sa che è la casa di Manzoni. Presto, quando tutte le informazioni che riguardano il mondo intorno a noi ci saranno disponibili, magari grazie a un paio di Google Glass, chiunque avrà accesso in tempo reale, passeggiando, a tutto ciò che c’è da sapere su quel palazzo», dirà sorridendo durante la nostra chiacchierata. Casaleggio dispone di impiegati indaffarati, di computer e di poltroncine da ufficio di buon design. La sua attività di consulenza sulle pubbliche relazioni ha un logo gradevole e una veste tipografica appropriata. Casaleggio porta i capelli lunghi, ma è vicino ai sessanta. È fortunato ad avere capelli così folti. Quel taglio gli dona. È diventato il suo marchio caratteristico. Ci siamo accomodati in una sala riunioni stretta ed elegante, alle pareti parecchi ritagli di giornale incorniciati, che illustrano i notevoli successi conseguiti dal Movimento 5 Stelle. Dato che questa intervista mi è stata commissionata da Wired, ho cominciato a chiedere a Casaleggio del suo hardware. Usa l’iPhone, l’iPad, un Kindle per i parecchi libri che legge, e nel suo ufficio ha diversi pc.
E poi Casaleggio ha rivoltato la domanda in una malinconica descrizione della sua vita idilliaca in campagna: ha una casa in collina, e ha paragonato la sua vita familiare nei boschi a quella di Henry David Thoreau, come il filosofo trascendentalista americano la descrisse nel suo classico letterario Walden ovvero Vita nei boschi. Naturalmente nel suo rifugio Walden Casaleggio resta connesso a internet. Ha un wireless a banda larga – probabilmente perché nel programma del M5S è incluso l’accesso alla banda larga wireless per tutti i cittadini italiani. Tuttavia questa annotazione ha dato il tono all’intervista. Casaleggio possiede i suoi computer ma preferirebbe parlare del piacere e della libertà di non possederne. È un uomo dalle abitudini ascetiche, ecologiste. Lo annoiano o addirittura lo disgustano le cose che i consumatori medi apprezzano o ammirano. È vegetariano. Gli pare una stupida perdita di tempo mettersi lì a collezionare orologi d’oro o robe del genere. Come è noto, il M5S è un “movimento”, più che un partito politico. Perché? Perché è meglio non dover sopportare la tediosa e ingombrante gerarchia che nasce quando si diventa partito. Il movimento è privo di leader perché anche i leader intralciano. Al posto dei leader i Cinque Stelle hanno Beppe Grillo, un oratore che non è alla caccia di cariche pubbliche, e Casaleggio, che fino a poco tempo fa ha raramente detto qualcosa a qualcuno.
Gianroberto Casaleggio non sta certo facendo campagna per farsi eleggere. Non desidera alcun ruolo ufficiale nelle istituzioni. Pensa che il governo dovrebbe essere digitalizzato: «C’è la burocrazia utile e quella inutile. L’80% della burocrazia è senza senso. Il 50% della restante burocrazia utile può essere cancellato dall’uso della rete. Il parlamentare è l’esecutore del volere della collettività. Per questo ogni decisione importante va sottoposta a referendum. Un discorso a parte va, invece, fatto per la magistratura: il potere giudiziario deve mantenere la sua indipendenza. Certo, i cambiamenti non possono essere fatti in maniera drastica, ma in modo graduale». Il potere pubblico dunque dovrebbe sempre essere ricondotto alla volontà dei singoli. Un ridimensionamento analogo andrebbe fatto per le grandi opere pubbliche, come i treni ad alta velocità e le centrali nucleari. Sono progetti complessi, ingombranti, eccessivamente costosi e lontani dalla volontà popolare. Sarebbe un bene per tutti se la gente dicesse “No”.
Il denaro suscita in Casaleggio un vivo disprezzo. Le vite delle persone sono dominate da complesse transazioni economiche. Il vero desiderio delle persone non è il guadagnare e spendere denaro. In realtà le persone desiderano avere tempo libero, alcune risorse e la possibilità autentica di interagire e partecipare. Se la gente se ne rendesse conto e cercasse di ottenere queste cose, la vita sarebbe più piacevole e anche migliore dal punto di vista dell’ambiente. Casaleggio considera l’euro un’imposizione artificiosa, opera di burocrati distanti e insensibili, incapaci di comprendere le condizioni storiche e culturali locali.
Come spesso accade, le persone disinteressate al potere e alla ricchezza invece tengono a essere famose. Casaleggio no. È piuttosto evidente che per lui la notorietà è un altro fardello, un’altra perdita di tempo che interferisce con una vita saggia. Detesta così cordialmente l’attenzione dei media che mi veniva voglia di chiedergli scusa per l’intervista. È stato gentile da parte sua tollerare con pazienza la necessaria confusione di bloc-notes, registratori, traduttori, fotografi e così via. E poi c’è il triste flagello della televisione.
Gianroberto Casaleggio ha tutti i motivi, e motivi interessanti, per essere infastidito dalla televisione. Ma nel suo modo frugale e cauto si è accontentato di dire che la televisione italiana è:
a) oberata di debiti;
b) storicamente condannata;
c) basata su un obsoleto modello di media “one to many”;
d) impegnata nel vano inseguimento dell’audience di prima serata, ormai perduta;
e) così passiva che anche suo figlio di 7 anni preferisce di gran lunga un iPad.
«La televisione non mi interessa», sintetizza. «Parlare di televisione è come parlare dei dinosauri. Non ha senso parlare del futuro dei dinosauri, perché si sono estinti».
Dato Che Casaleggio è così serenamente indifferente alle necessità che governano il resto dell’umanità – fama, potere e denaro – viene spontaneo chiedersi che cosa gli piaccia. Gli piacciono i libri, i film e internet. In particolare gli piacciono gli ebook, i film digitali e, soprattutto e sempre, internet: «Come si chiama quella piattaforma? Netflix. Se si potesse usare Netflix in Italia guarderei molti più film», dice con un sorriso. Casaleggio è uno stratega della rete. È questa la sua missione, la sua passione, la sua causa e la sua vocazione. Se ne occupa da tanto tempo, è molto interessato e capace. Sul biglietto da visita si autodefinisce “Net Strategist”. È molto meglio chiamarlo così, questo è certo, che non “esperto di pubbliche relazioni” o “professionista del marketing”, giacché si dimostra ben poco interessato a vendere qualcosa per trarne profitto.
A quanto pare ha letto qualunque libro sia mai stato scritto nella Silicon Valley a proposito della strategia internet, compresi i molti lavori di guru come Howard Rheingold, Lawrence Lessig, Steven Johnson, Malcolm Gladwell, Duncan Watts, Nicholas Negroponte e così via. Casaleggio è brillante tanto quanto lo sono questi americani. Il suo M5S è stato la prima organizzazione basata su internet a entrare massicciamente nel parlamento di un paese del G8, grazie a elezioni libere e corrette. Nessun esperto di rete americano è mai arrivato a tanto. E dunque è certamente giusto presentare Casaleggio come un maestro italico tra i guru mondiali di internet. Un maestro con un’arma in più: la storia. Nessun collega americano conosce neanche lontanamente la storia come la conosce lui. Casaleggio la conosce nello stile di Umberto Eco, con dettagli barocchi, come gli armamenti dell’esercito di Sparta e le persecuzioni e le cacce alle streghe dei Catari nel Piemonte tardo medioevale. Quando siamo finiti, non so come, a discutere dei controversi fatti che portarono Gabriele D’Annunzio alla proclamazione della Reggenza del Carnaro, Casaleggio ha subito tirato fuori una copia della Costituzione anarco-sindacalista dell’utopia pirata immaginata dal poeta che voleva annettere Fiume al Regno d’Italia. Sono quasi certo che sia l’unico guru della rete a possedere e ad aver letto questo libro.
Ho chiesto a Casaleggio se, secondo lui, ci sono stati in passato periodi politici simili a quello odierno. Mi ha subito citato la Grande Depressione degli anni ’30, e in dettaglio. L’avvento di un’internet politica è paragonabile all’uso della radio fatto da Franklin Roosevelt. E come negli anni ’30 ci troviamo di fronte alla possibilità che in questo periodo di crisi economica un estremismo violento e razzista abbia la meglio sulla democrazia. Ha analizzato la prospettiva con calma, ma è stata la cosa più spaventosa detta nel corso della giornata.
Gli ho fatto domande su alcuni avvenimenti di attualità. Che ne pensa di Edward Snowden e dello scandalo Nsa? «Ci saranno tanti altri scandali del genere. È ovvio. Se si possono accumulare quantità così enormi di dati, qualcuno prima o poi li userà». Insomma, l’ingigantirsi dei database fa sì che le persone finiscano per spifferare i segreti. Sembra che il tema dei dati personali gli stia particolarmente a cuore: «Prendiamo una piattaforma che gestisce tanti dati come Facebook... Io sono convinto che i dati debbano appartenere alle persone. Nei social network finiscono i nostri dati, ma non significa che la piattaforma che li ospita li possieda. Dobbiamo garantire alle persone un modo per far sì che quando ci si disconnette da Facebook o da LinkedIn i dati restino con loro e non con la piattaforma», mi dice Casaleggio. In un mondo meglio organizzato ogni singolo individuo custodirebbe i propri dati personali. I dati non si accumulerebbero in queste banche enormi e non a prova di fuoriuscite: «Si dovrebbero creare degli standard», aggiunge. Gli ho chiesto chi dovrebbe incaricarsi di creare e far rispettare questi standard di privacy digitali. Le nazioni? No, le nazioni sarebbero troppo piccole. L’Europa? No, l’Europa non è adatta. «Dovrebbero essere standard globali», ha detto Casaleggio, con un sorriso. Lui lo sa che una cosa del genere non esiste. E se esistesse un governo mondiale organizzato, probabilmente non gli piacerebbe.
Casaleggio sospetta che un giorno o l’altro arriverà un’Internet delle cose. Ma non ha alcuna aspirazione a costruirla o a gestirla. Al contrario è guardingo, cauto e paziente, perfino riguardo alla piattaforma di “parlamento elettronico” che il M5S spera di lanciare tra non molto, «meglio se open source, ma non è detto che lo sia». Il software può crashare, ha detto. Il software è complicato, è gravoso e può perfino essere pericoloso: «Prendiamo Stuxnet. Era solo un virus. Un programma capace di bloccare una centrale nucleare, di controllarla. Magari di farla esplodere, distruggendo una nazione. È un caso chiarificatore di come i software, le reti possano intervenire sul mondo fisico. Nel mondo contemporaneo immaginazione e realtà possono facilmente confondersi», spiega con una certa preoccupazione.
Ma Casaleggio non è un hacker di software e ritiene internet preziosa essenzialmente per i suoi valori etici di trasparenza. Per essere ancora più precisi, ama i blog come medium. Legge blog, gestisce blog, adora i blog come piattaforme fondamentali per l’opinione pubblica. Vede i blog come meccanismi liberatori per l’espressione diretta, non mediata da capi, della pubblica volontà. Nell’universo morale di Gianroberto Casaleggio la gente dovrebbe esprimere sui blog in rete la volontà e il bisogno di cambiamento. E i funzionari eletti dovrebbero considerarsi umili dipendenti di questi costituenti elettronici. «Se guardo al mondo attuale, vedo masse di giovani che non accettano più lo status quo. Manifestano la loro volontà di cambiamenti in strada e sulla rete. È un segno del tempo che non si può non cercare di comprendere. E, invece, il primo ministro turco, nei giorni dell’occupazione di Piazza Taksim, ha insinuato che Twitter sia un covo di terroristi…». I partiti politici convenzionali potrebbero avere difficoltà a capire che rischiano di essere sgretolati da internet: un po’ come Wikipedia ha mandato in rovina il settore delle enciclopedie, o come Google ha rovinato i giornali e Napster l’industria musicale. Ed è ovvio che è questa rottura con il passato ciò che Casaleggio ha in mente con il M5S e la politica italiana.
Io vengo dal Texas e non mi sognerei di offrire agli italiani alcun consiglio politico. Non pretendo di capire la vostra politica e non so davvero molto del vostro sistema di governo. Tuttavia mi è molto chiaro quello che Casaleggio sta facendo in Italia. Vuole liberarsi dell’intermediazione dei partiti e dei media convenzionali, collegarsi direttamente agli elettori, usare il crowdsourcing e spingerli a candidarsi e votarsi da soli, usando le piattaforme di Casaleggio. Nessun altro al mondo è riuscito a fare con tanta efficacia e su scala così vasta quello che lui ha fatto in Italia. Ma non c’è nulla di nascosto, di misterioso o di magico in tutto questo. Il suo attivismo digitale probabilmente è la cosa meno misteriosa della politica italiana.
Capisco che Casaleggio come uomo possa sembrare un po’ difficile da decifrare agli occhi della gente. Le persone molto attive nella vita pubblica di solito sono parecchio interessate al potere, o al denaro o alla fama. Lui non lo è, e uomini del genere sono rari. E tuttavia non sono soprannaturali. Quando gli ho chiesto se nella vita pubblica ci fossero altri come lui, persone che consideri suoi pari, ci ha dovuto pensare su intensamente. Alla fine ha nominato il fondatore di Wikileaks Julian Assange e il teorico e organizzatore dei gruppi di protesta Occupy David Graeber. Per me, tuttavia, Casaleggio assomiglia al teorico del free software Richard Stallman, un altro idealista digitale, un capellone che nutre un analogo disprezzo per i beni materiali. È anche un po’ come Jimmy Wales, perché la gente in qualche modo immagina il fondatore di Wikipedia molto più ricco e molto più potente di quanto in realtà non sia. Casaleggio, è evidente, prova una grande soddisfazione nel fare eleggere gli altri. Non è il tipo che guida in prima persona una nazione. È intelligente, si esprime con proprietà, se ne intende di comunicazione e media, ma c’è qualcosa di distante in lui, quasi di cybervisionario. Gli manca il tocco del politico. Ha una certa riservatezza e senso del contegno da milanese, quell’essere guardingo del geek timido, che teme le persone dirette. Grillo è il commediante sarcastico e senza paura, che ama le folle plaudenti. Casaleggio è il supporto tech. Per fare un riferimento storico – e tenete sempre presente che io vengo dal Texas – Grillo è come Garibaldi che guida le cariche, Casaleggio è come Mazzini che pubblica le riviste repubblicane clandestine. Se avessero un Cavour in parlamento, probabilmente darebbero vita a una nuova Italia. Ma il Cavour non ce l’hanno. Almeno per il momento. Non sta a me dirlo, ma credo che questa potrebbe rivelarsi una difficoltà per il M5S.
Gli ho chiesto se ci fosse qualcosa che voleva dirmi, qualcosa che non fosse una risposta alle mie domande. Casaleggio mi ha confessato di essere ottimista riguardo al futuro. Pensa che nel giro di dieci anni la gente condurrà una vita migliore. E che gli italiani in particolare staranno molto meglio di quanto non stiano ora. Poi ha parlato del suo concetto di democrazia compiuta: «Un sistema in cui tutti hanno gli stessi diritti civili e in cui ognuno partecipa al bene comune e lo fa perché è giusto. Se fosse così oggi l’Italia sarebbe un paese migliore. Credo questo sia uno dei percorsi necessari per uscire dalla crisi economica. Parliamo di spread e mai di valori. Dobbiamo cercare un altro modo di vivere in cui recuperare il tempo e la relazione con gli altri. Tempo, relazione e sviluppo sono valori, la crescita non lo è. Credo che in futuro questi valori conteranno». Un’affermazione simile è strana e insolita, nell’Europa di oggi. Ma è ancora più strano che pochissime altre figure politiche in Europa possano esprimerla con qualche convinzione. Casaleggio sembra stagliarsi lì, praticamente solo, l’unico a dire le cose belle che la maggior parte degli elettori di norma vorrebbe sentire. Immaginiamo che la situazione migliori davvero. Immaginiamo che le nubi nere della Depressione si sollevino, e tornino i giorni felici. Come ce lo spiegheremmo? Perché questa sarebbe una realtà politica; e dunque dovremmo in qualche modo spiegarla. Di chi era la visione che si è rivelata giusta? Chi sarebbero i vincitori? Chi sarebbero i realisti? Dove dovremmo andare a guardare?" Bruce Sterling per Wired
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