Alessandro Amaducci a The Scientist V video festival Internazionale- Interview

 

ELECTRIC SELF ANTHOLOGY-LIVE VIDEO, THE SCIENTIST, FERRARA, 15 OTTOBRE 2011

La versione Live Video su tre schermi di Electric Self Anthology

verrà eseguita durante il Festival The Scientist, Ferrara, il 15 ottobre 2011,

Porta degli Angeli, via Belfiore 1, ore 22.00 circa.
Amaducci ES 1.jpg
www.alessandroamaducci.net/electricselfanthology

http://www.thescientistvideo.net/

 

 

ALESSANDRO AMADUCCI INTERVISTA
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D - Amaducci, l'arte digitale, secondo i tuoi neurochips...

R - Cominciando con le cose più semplici: è quell'arte che usa in qualsiasi modo lo strumento digitale (inteso nel senso più ampio, dal video digitale, alla computer grafica, a internet, all'interazione, ai live media, al cosiddetto mapping) ma che ragiona contemporaneamente, dal punto di vista estetico e non solo formale o tecnologico, sul concetto di sintesi, che “una volta” veniva chiamato sinestesia. Il digitale ha due capacità straordinarie: da un lato costruisce (letteralmente: crea oggetti), dall'altro simula, si cela nella mimesi non solo di tecnologie altre, ma di linguaggi veri e propri. Una certa estetica vintage esiste in virtù del fatto che il digitale può simulare con estrema facilità l'analogico. Il digitale impone al fruitore il fare, l'interazione classica del videogioco, ma può tranquillamente ragionare con una logica di non-partecipazione, e imporre allo spettatore di guardare e basta, come il cinema in alta definizione o in 3D, o i video single-channel. Non metterei paletti significatici fra tutte queste esperienze: appartengono tutte al nuovo caos linguistico del mezzo digitale che, costruendo un immaginario del futuro, riscopre e riutilizza estetiche e canoni formali e linguistici del passato. Del resto, il concetto di memoria è insito nella tecnologia stessa del digitale.
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D- La Video Arte in Italia

R- Viva e vegeta, sempre di più. Io personalmente sono più interessato a esperienze che si interrogano sul rapporto fra tecnologie e linguaggio, e ragionano sui contenuti. Non ho mai creduto all'artista come la punta dell'iceberg di un universo effimero che va dalla moda al design. Il modello-Andy Warhol (guardato superficialmente), ovvero l'artista-macchina contaminato con lo show-business, che usa la sua factory (fabbrica) per dare delle feste, ha funzionato in quegli anni e in quel contesto: credo sia giunta l'ora di evolversi, esattamente come si sono evolute le macchine. Credo agli artisti come figure visionarie, creative, poietiche, capaci di sentire i cambiamenti del mondo. Pre-veggenti. La macchina-computer è molto più complessa di una fotocopiatrice.

 

*Info Alessandro Amaducci - www.alessandromaducci.net