2011 da penelope.di.pixel
Al campeggio ci ha pensato Coniglio Viola, ma le azioni di festoso squat in questa Biennale si fanno anche in Realtà Aumentata…
Sono due infatti le iniziative di cui vi parlo oggi, entrambe incentrate su questa pratica che, grazie alla disponibilità di piattaforme e alla sempre maggiore diffusione di smarphone nelle nostre tasche, sta diventando prassi del quotidiano. Ma concentriamoci sui due progetti che debuttano in questi giorni: sono il Padiglione Invisibile, ideato dal duo artistico immaginario “Les Liens Invisibles” e curato da Simona Lodi, e l’intervento dei cyberartist di Manifest.AR che vi ho presentato qualche tempo fa. Entrambe le iniziative si svolgono dentro i Giardini della Biennale. Entrambe utilizzano l’infrastruttura di Layar - applicazione che consente di posizionare geograficamente oggetti bidimensionali, tridimensionali, link e brevi testi, di pubblicarli e successivamente di visualizzarli sul paesaggio inquadrandolo con il proprio smarphone - per creare una vera e propria mostra non ufficiale, non prevista e non invitata dai curatori, che si sovrascrive al mondo fisico e alla sua codifica ufficiale (in sintesi, andando nei Giardini della Biennale, se avete uno smarphone ese avete scricato l’applicazione, inquadrandone determinati punti vedrete comparire degli oggetti e dei contenuti multimediali inseriti dagli artisti invitati, a creare un’allestimento). Queste sono le analogie strutturali. Sfumeture diverse e sottili si ritrovano invece nella comunicazione e nel senso dato all’azione. Gli Invisibili prediliggono il senso di una realtà allucinatoria, di uno stream continuo di segni e simboli sotto lo slgan “The art, my friend, is flowing in the wind”: come sempre, il duo non rinuncia a una pennella di fake, riprendendo i colori e il logo della Biennale. Manifest.AR ammicca invece all’establishment con un comunicato volutamente formale e una riflessione sul contesto curatoriale ufficiale: il loro padiglione non riconosce confini nazionali, fisici nè convenzionali strutture del mondo dell’arte. In questo senso la Augmented Reality Art di Manifest.AR intende mettere in questione gerarchie e convenzioni date in modo trasversale.
Un fatto bello è accaduto: le due “realtà aumentate”, invece di competere, si sono incontrate e convivono. Questa è una chiave di lettura interessante che ci dà da riflettere: se il digitale è il regno della moltiplicazione, la coesistenza di più realtà, interpretazioni, mondi compresenti ne è la conseguenza naturale. Sarebbe bello (necessario per molti versi) incorporare ad un livello profondo delle nostre pratiche e della nostra coscienza questa attitudine.