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1919. IL PROBLEMA TEDESCO

Nel 1919 il problema tedesco non era affatto ignorato. Qualcuno, è vero, ne negava l'esistenza: ed erano coloro che -un'esigua minoranza in ogni paese- che si erano opposti alla guerra perché inutile, coloro che avevano sempre considerato immaginario il pericolo tedesco. Ed anche tra quelli che avevano sostenuto la guerra e l'avevano combattuta con vigore c'era adesso chi era incline a credere che la Germania fosse indebolita per molto tempo. Uno statista inglese era perdonabile se pensava che i suoi guai erano finiti, una volta andata a pico la flotta tedesca. La Germania era minacciata dalla rivoluzione, sconvolta dal malcontento sociale; e in genere, eccettuati i rivoluzionari, tutti credevano che esperienze simili distruggessero la forza di un paese. Inoltre chi era cresciuto nello stabile mondo economico dell'ultimo Ottocento supponeva che un paese non potesse prosperare senza un bilancio in pareggio e senza la parità aurea. Su questo terreno la Germania aveva molto cammino da percorrere; e sembrava, per il bene di tutti, cercare di sollevarla che tenerla giù. Neanche i più allarmisti tra i francesi ritenevano di essere minacciati da una nuova invasione tedesca, prima o poi. Il pericolo stava in un ipotetico futuro, e chi poteva dire che cosa riservasse il futuro?. Ogni grande guerra era stata seguita dalla voce che si trattava solo di una tregua e che la potenza sconfitta sarebbe tornata a colpire; ma di rado poi colpiva davvero e con efficacia. La Francia, ad esempio, aveva atteso oltre quarant'anni prima di agire contro la sistemazione del 1815, e con risultati per nulla temibili. Chi ragionava in questo modo si sbagliava, ma aveva la storia dalla sua parte. La ripresa della Germania, seppur ritardata, non ebbe precedenti per rapidità ed efficacia.
Casalino Pierluigi

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