Ferrara-Mantova... Davide Bregola su Il Giornale

 
 

In un Paese senza - parola di Arbasino - umorismo; dove per ridere bisogna ripiegare sulla Littizzetto e dove il povero Enzo Jannacci viene ucciso due volte: dalla malattia e dai telegiornali delle otto che scambiano il suo umorismo dadaista e paradossale per ironia (segno che, oltre alla «cosa», in Italia manca anche il concetto) è una boccata d'aria il folle romanzo di Davide Bregola, Tre allegri malfattori (Barbera, pagg. 206, euro 13,90). Con il fox terrier del classico di Jerome, il leggendario Montmorency di Tre uomini in barca, sostituito da un grosso topo bianco - rattus norvegicus - sottratto a un laboratorio di esperimenti, battezzato Domenico (Mimmo per gli amici) e addestrato a porgere la zampa. Se alcuni aspetti del volume di Bregola ricordano un po' La gang del pensiero di Tibor Fischer, lo sviluppo del racconto è schiettamente picaresco. Al vertice della banda dei «malfattori» del titolo, attivi nel Mantovano, c'è il Filosofo, lettore accanito di Nietzsche e in particolare di Umano troppo umano. Il Filosofo, che ha un carattere di taglio calvinista, è molto esigente con i suoi complici: «Se sei un malvivente devi attenerti a una morale precisa. Non si può fare quel che si vuole usando solo l'istinto, perché poi ne va della professionalità. Rigore, severità, spietatezza e buon cuore. Testa, logica, passione. Questo il modello da seguire. Poi arrivano i barbari e tutto s'incasina!».
Il romanzo si dipana in una serie di gag esilaranti. La cifra di Bregola è il rilancio: di capitolo in capitolo si va sempre più veloci verso l'assurdo, l'incredibile, il surreale...C

 
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