Resoconto presentazione libro-manifesto “Nuova Oggettività”, Viterbo 20 aprile 201



Resoconto presentazione libro-manifesto "Nuova Oggettività"


Viterbo 20 aprile 2012 ore 18



 

Con l'ottima organizzazione di Francesco Mancinelli e Luisa Pesante e con la fattiva collaborazione e numerosa presenza di CasaPound di Viterbo, nei suggestivi locali del ristorante della Zaffera, ex monastero del XV secolo, nel quartiere medievale San Pellegrino, abbiamo svolto una ulteriore presentazione del nostro Libro-manifesto.


Mancinelli ha esordito ringraziando CasaPound e compiendo, da esperto dei diversi movimenti giovanili e culturali succedutisi generazionalmente nella città, una veloce ricognizione delle passate esperienze della Scuola di Formazione Tradizionale, del circolo Heldar e di quello Helios e per ultimo della realtà rappresentata appunto da CasaPound. Ha messo in evidenza la necessità di proporre con l'antico slancio ideale nuove idee, contro la deriva dell'astrazione e del narcisismo autoreferenziale che tanti guasti ha prodotto, in modo di riprendere programmaticamente metapolitica, arte, geofilosofia, ambiente, incidendo efficacemente sulla costruzione antagonista all'attuale imperante modello consumista e globalizzatore. Ha poi detto che l'iniziativa del libro-manifesto s'incammina, nuovamente dopo decenni, in consonanza con tutte queste vocazioni ed esperienze. Ha mandato un cordiale saluto a Gabriele Adinolfi, impossibilitato ad intervenire per ulteriori impegni.


 

La Prof.ssa Anna Lo Giudice Clerici, dell'Univ della Tuscia, ha poi portato un saluto augurale del marito Dott. Leonardo Clerici, uno dei primi collaboratori scriventi del libro, leggendo con dolcezza e forza, un denso ed icastico messaggio : "...avevo promesso al caro Giovannini un indice dei topoi maggiori del manifesto nuova oggettività e che vorrei brevemente porre, quasi premonizione, alla vostra attenzione, al fine di meglio cogliere i frutti del nostro fare e continuare la strada atenica e eneica che precede appunto la conoscenza... (...) sempre possibile necessità dopoguerra frugalità tragico Shakespeare italico augere contratto bruto cesare il bosco passaporto rahim achademia ministero osceno pleroma costituire mattei enciclica ... (...) Il senso del manifesto oggettivato dalla lettura è che debba essere anticipato dalla conoscenza, quindi questi topoi vorrebbero assurgere a chiavi del fuoco, ossia ridire in altro modo e meno polemico e frustrante, l'oggetto del progranma, pro gramma, che appunto permette di prendere un certo tempo di meditazione,..... due giorni? al fine di verificare come agire sui nervi del tempo. Il luogo di questa azione è la disintegrazione semantica e la fusione manichea, maani in arabo, accelerazione dei significati fino alla scomparsa della reificazione giornalistica, ideologia comunicazionale. Tale virtù, permetterebbe al manifesto di mettere a fuoco, letteralmente, le mura romane e troiane del fuoco, la verbalità atenico hikmatica: quindi far fluire il poema, il vangelo, l'ode che sempre continua senza tempo, e il tempo implode tramite il pro gramma di una grammatica la cui sintassi è stoica, elementi di una immediata transazione divina... Infine , come già si disse in Italia tra un Vittoriale e una tomba di Adriano, chiamare gli eidola dell'apparire, sculpta nell'ardore italico o tomba di odisseo, far riapparire l'eterno dinamismo simulacro, in una unità demiurgica del mostrare ogni volta, un'opera offerta ai Mani e non al pubblico afasico. "


 

Il Prof. Sessa, Portavoce del movimento, ha ringraziato Clerici per aver segnato con cura alcuni dei passaggi logici più indicativi del manifesto, come ad esempio, a fronte della continua e più che trentennale deriva metapolitica, la riconquista del "sempre possibile", come compito degli intellettuali e degli spiriti vigili, che pur nascendo dalla lucida analisi del presente, si tenderebbe purtroppo a vivere nel segno della mestizia, in questa che si avvia ad essere una "democrazia del pubblico", soprattutto ora che la governance ha mostrato senza più infingimenti il suo volto rapace. E questo mentre la cultura neo-marxista, pur registrando inevitabilmente il dilatarsi del nonsenso nella dimensione del non luogo, con la correlata sparizione delle classi su cui il marxismo è nato, del cosiddetto capitalismo cognitivo dà quasi una lettura metafisica, irredimibile, abbandonando la propria passata contrapposizione rivoluzionaria ad una arresa accettazione della moltitudine, postmodernamente anarcoide ma eterodiretta, nelle sue sconnesse ma drammatizzanti macerie e rovine imperiali. Parallelamente nella cultura cattolica più vigile, come nell'ultimo libro di un Ferruccio Palazzoli, con una evidente onestà intellettuale si registra il possibile sostanziale annuncio di una fine, come avvenne a suo tempo con Plutarco, a fronte della compresenza conflittuale dei mondi della globalizzazione incapsulati a forza felicemente contro se stessi, lungo la deriva ed il clinamen, quasi in sintonia con l'ipotesi spinoziana; dal deus al deum... Il modulo della governance globalizzatrice, a fronte delle crisi congiunte delle culture oppositive o delle culture del senso, ci costringe inevitabilmente, ancora ed ora, al... che fare? S'impone nuovo orientamento e nuova cultura politica. Cosa può unire la dimensione deista e/o classica, la forza evangelica, la dimensione islamica, i futuristi, i nicciani, gli ultraumanisti, i comunque e dovunque non arresi al capitalismo scatenato ammazzapopoli e tutte le nostre infinite declinazioni culturali antagoniste, individuali o di gruppo? La potenzialità di una "identità plurale" che nel libro- manifesto alcuni degli interventi, più riccamente dotati di lucida capacità teorica, hanno saputo esprimere lungo il crinale del sorprendere la modernità, di una tradizione dinamica, di una accettazione stoico-generosa e rapinosa, nonbenpensante e non arresa, di volontà e destino. Ma nella prassi si tratta di scalare un muro di gomma, avendo suggerimenti e pressione corretta ben indirizzata e non stupita invidia o saccente liquidazione o stanca declinazione di stilemi retorici, da chi ancora ha energia e speranza ed è ancora un Tu attivo, non arreso al solo osservare scettico o pseudo-saggio, in attesa di fatali cataclismi e derive finali. Essendo anche necessariamente assieme contro la parola ridotta a mera chiacchiera, come hedeggerianamente anche G. F. Lami, venuto meno all'inizio del nostro percorso ma ancora vitalmente assieme a noi, e come ancora la bella lettura dell'intervista ultima del Prof. Bigalli, disponibile nel sito della Lettera22 di Marco Ferrazzoli, Capo Uff. Stampa del CNR, ci invitano: azione di speranza.


 

Giovannini ha richiamato brevemente titolo e sottotitolo del libro-manifesto, e struttura complessa del medesimo, in modo che fosse ancor più chiaro l'organico potenziale, al di là delle possibili insufficienze o delle inevitabili cadute di livello, dovute alla complessità, alla novità, al lungo silenzio logico, al taglio spesso stupidamente anarcoide e scontatamente modaiolo di molte cosiddette intelligenze, e soprattutto invece alle reali e legittime diversità nobilmente affluenti delle componenti in gioco. Ha centrato il concetto di partecipazione come perno della triade popolo, partecipazione, destino, in qualità di chiave di volta (e punto di svolta) delle due spinte eternamente diversive e contrastanti, partecipazione da ritenersi all'approccio almeno un momento di comunicazione supera e di indicazione destinale e di ammaestramento etico-civile, nel suo crisma inclusivo, quindi di dimensione ontologica, prima che fatto sociale, operativo, tecnico. Ha parlato poi della pesanteur, e della parola che tutti noi dobbiamo recuperare, in specie per e con i giovani, lasciati altrimenti disperatamente al vuoto od ai soli nominalismi ed alle sole parole d'ordine, od ad un'attivismo sempre più scadente di pura taglia vitalistico-generazionale, destinato a spegnersi ai primi forti richiami del mondo corrivo... La forza della comunità di destino se ben si declina e s'incarna, invece, s'oppone efficacemente, nei decenni, alla deriva inevitabile ed ineliminabile della pesanteur...


 

Il dibattito, data anche la estrema compattezza delle comunicazioni, si è aperto con una certa difficoltà, ma poi si è innescato con maggiore lena e sono stati toccati con maggiore facilità tanti temi, l'invito alla resistenza attiva; la differenziazione smarcante e paidetica bello-brutto; la differenza anthropos/aner (e quella implicita demos/laos); la vita che guarda (qualunque sia la propria via) all'alto; il logos della città/cittadinanza; l'orientamento virile (senza narcisismi e senza infingimenti) al vero; il concetto di nous non relegato alla sola dimensione meccanico-raziocinante ma complessiva; la concezione sferico/ciclica del tempo; la tradizione dinamica; il tragico come dimensione non autoflagellante o triste ma come dimensione della decisione e della gioia; persino, come in Emo, la meraviglia del nulla, che ovviamente non è il niente incapacitante; il classico solido (e solidarista) geometricamente e numerologicamente terrestre contro il principio liquido di dissoluzione; la disponibilità (grandeanima) inclusiva e non esclusiva nel confrontarsi persino nella più tesa dialettica. Il sempre possibile.